Destra di Popolo.net

MUSIC FOR PEACE SUGLI AIUTI A GAZA: “OLTRE A ZUCCHERO E MARMELLATA, ORA ISRAELE VIETA ANCHE LE FELPE PER BAMBINI”

Novembre 15th, 2025 Riccardo Fucile

OLTRE 200 TONNELLATE DI AIUTI ITALIANI PER GAZA RESTANO BLOCCATE TRA GIORDANIA E VALICHI, NONOSTANTE LA DOCUMENTAZIONE SIA IN REGOLA… E IL GOVERNO ITALIANO RACCONTA BALLE SUI “CORRIDOI UMANITARI” CHE NON ESISOTONO IN REALTA’

A Genova si è tenuta una nuova conferenza stampa di Music for Peace, e il dato più inquietante è emerso già nelle prime battute: tra le linee guida imposte dalle autorità israeliane per far passare gli aiuti a Gaza non ci sarebbero infatti “solo” i già noti divieti a marmellata, miele e biscotti – giudicati troppo “energetici” per donne e bambini – ma compare ora anche una nuova indicazione assurda e crudele: niente felpe per bambini nei pacchi di aiuti umanitari.
Un dettaglio che racconta meglio di qualunque analisi la distorsione del meccanismo di controllo sugli aiuti diretti a Gaza e l’arbitrarietà delle limitazioni applicate: si vieta il cibo ad alto contenuto calorico a chi è in piena emergenza alimentare e si vietano perfino i vestiti caldi espressamente ai più piccoli.
Il contrasto con la narrazione istituzionale appare netto. Alla Camera, solo poche settimane fa, il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva presentato il Piano di pace per Gaza raccontando un’Italia “concreta e generosa”: bambini palestinesi curati negli ospedali italiani, studenti accolti nelle università, un piano da sessanta milioni di euro e i corridoi umanitari del progetto “Food for Gaza”.
Ma la realtà raccontata da Music for Peace è un’altra. Oltre 200 tonnellate di aiuti raccolte da cittadini e cittadine di tutta Italia, dalla Sicilia alla Valle D’Aosta, sono ancora ferme: prima bloccate a Genova, ora intrappolate in un labirinto burocratico tra Giordania, documenti cambiati all’ultimo, pre-clearance concesse e poi ritirate, richieste di rimuovere alimenti, chiusure improvvise dei valichi. “Quello che doveva richiedere tre ore sta richiedendo mesi”, ha spiegato in collegamento dalla Giordania
il presidente di Music for Peace, Stefano Rebora. “E ogni volta si ricomincia da capo”.
Rebora ha poi commentato le dichiarazioni del ministro Tajani: “Dice che il programma Food for Gaza funziona, che i camion entrano nella Striscia. Ma da dove? E perché non vengono messi a disposizione gli stessi mezzi per far passare le nostre 240 tonnellate?”.
Il confine tra Giordania e Cisgiordania non permette infatti il transito dei materiali, mentre i tre valichi verso Gaza aprono a singhiozzo; a fronte di 600 camion che dovrebbero entrare ogni giorno, ne passa poi appena il 10%. Nel frattempo, i magazzini giordani restano colmi di aiuti impossibili da consegnare.
La mozione in Regione e la risposta della maggioranza
In conferenza si è parlato anche della mozione presentata due giorni fa in Consiglio regionale della Liguria dalle opposizioni. Una richiesta minimale e cioè che la Regione si impegnasse a fare pressione sul Governo affinché sbloccasse le tonnellate di aiuti di Music for Peace. Una mozione già emendata, “ridotta all’osso proprio per renderla votabile anche dalla maggioranza”, raccontano, che però è stata bocciata. E la motivazione è arrivata dall’assessore alla Sanità Nicolò, che ha sintetizzato il suo intervento così: “Il tema è superato”.
Gaza sarebbe insomma un tema superato, mentre la crisi umanitaria prosegue, mentre gli aiuti restano bloccati, gli ingressi verso la Striscia sono al minimo storico (perché i passaggi di frontiera aprono a singhiozzo), mentre le ONG registrate non riescono a consegnare cibo e medicinali a causa
dei veti israeliani.
“Vergogna, pagina nera del Consiglio regionale, ci si sporca le mani di sangue”
Il consigliere Stefano Giordano (M5S) ha definito la risposta “una vergogna che calpesta i diritti internazionali”, “dovevamo portare un po’ di luce ai bambini di Gaza, alle vittime più innocenti di tutte. Ci è stato risposto con superficialità e ironia. È inaccettabile”. Il consigliere Gianni Pastorino ha parlato di “violenza psicologica istituzionale”: “Hanno trattato la questione come una postilla burocratica. Come se le immagini e le testimonianze che arrivano da Gaza fossero finte”. Armando Sanna (PD) ha denunciato l’assenza del presidente che si è allontanato prima di rispondere: “Non ha avuto il coraggio di dire qual è la linea politica della Regione. Ha lasciato tutto sulle spalle di un assessore. È stata una delle pagine più brutte che abbiamo vissuto in Consiglio”. La consigliera Selena Candia (AVS) ha dichiarato poi che “gli aiuti sono ancora fermi e i bambini continuano a morire. Basta raccontare che va tutto bene. La pace non c’è: c’è un accordo Netanyahu-Trump che ha a che fare con sfruttamento e conquista, non con la fine della guerra”.
Valentina Ghio: “La Farnesina non risponde. Nei magazzini ci sono montagne di aiuti fermi”
Tra i politici presenti, anche la parlamentare Pd Valentina Ghio, che ha ricordato che da mesi viene chiesto alla Farnesina un intervento concreto ma che la risposta è sempre la stessa, rimanda al programma “Food for Gaza”, di cui però non vengono forniti dati, risultati né trasparenza. Nel frattempo, ha
detto, nei magazzini giordani ed egiziani, come lei stessa ha potuto docuemtnare in una delle missioni parlamentari in loco, ci sono ancora montagne di aiuti bloccati: alimenti, farmaci chemioterapici, anestetici, farina. Tutto fermo.
E dopo il cessate il fuoco – ricordano in conferenza – 282 palestinesi sono stati uccisi dal fuoco israeliano. Oltre la metà, bambini.
Nel frattempo, mentre si parla di corridoi umanitari, i divieti reali restano questi: niente marmellata, niente miele, niente biscotti e adesso niente felpe da bambino. In una Gaza in cui mancano cibo, medicine, abiti e ripari, e dove – come ricordano i delegati – perfino gli aiuti stoccati nei magazzini internazionali non riescono a superare i valichi.

(da Fanpage)

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INTERVISTA A ROBERTO FICO: “LA MIA REGIONE CAMPANIA ASCOLTERA’ DI PIU’. E LA SANITA’ SARA’ LA PRIORITA’”

Novembre 15th, 2025 Riccardo Fucile

“FARO’ UNA GIUNTA CON TUTTE LE FORZE POLITICHE, MA CHIEDERO’ I MIGLIORI”

Roberto Fico è il candidato del campo largo del centrosinistra per la presidenza della Regione Campania, sostenuto da una coalizione molto larga, che va da Avs fino alla lista civica di Vincenzo De Luca, passando chiaramente per Movimento 5 Stelle e Partito Democratico. Nettamente avanti negli ultimi sondaggi elettorali, rispetto allo sfidante Edmondo Cirielli, Fico è stato presidente della Camera dei Deputati fino al 2022 ed è tra i fondatori del Movimento 5 Stelle, ha ricevuto nella sua carriera anche per due volte il mandato da parte del Capo dello Stato per formare un governo.
Dalle assemblee dei meetup di Beppe Grillo fino alla presidenza della Camera, Fico è un profilo che unisce presenza sul territorio ad esperienza istituzionale. La sua coalizione vive anche del dualismo con l’amministrazione uscente, quella di De Luca, che ha posto più di una resistenza alla sua candidatura. Con Fanpage, Fico ha affrontato i principali temi della campagna elettorale spiegando anche come si immaginerà il governo della Regione Campania.
È sostenuto da una coalizione larghissima che va dall’amministrazione uscente, passando per gli ex Forza Italia, fino chiaramente a Movimento 5 Stelle, Pd ed Avs, se la immaginava proprio così?
Io ho limitato il numero delle liste rispetto alle ultime elezioni regionali, dove c’erano ben 15 liste, ora ce ne sono solo 8. È una compagine che proprio in questa fase sta trovando una grande identità politica sui temi, ed anche una grande solidità. Io penso che stia sorgendo un campo importante che parla di programmi che sono soprattutto fondamentali e strategici per la nostra
regione.
La sua candidatura è percepita come una novità, un vento di cambiamento, nella tua idea di amministrazione ci sarà una discontinuità rispetto al passato?
Io ho un’idea di amministrazione dove il centro sia l’ascolto, dialogare con le categorie, dialogare con la società, dialogare con le tante persone che vogliono partecipare alla vita pubblica e migliorarla. Io tutte queste persone le ascolterò e spero che la Regione possa diventare un ente in cui le persone si sentano accolte e dove si possa partecipare.
È proprio l’ascolto e la partecipazione la discontinuità con il passato? Perché prima non è ce n’era tantissima…
È il mio modello politico, quello da cui provengo. Io vengo dal territorio, ho lavorato tantissimo negli ultimi 15 anni ed anche di più nelle assemblee di base, nell’ascolto, in parlamento ho fatto delle esperienze importantissime, come diventare la terza carica dello Stato alla Camera dei Deputati, e oggi tutta questa esperienza del territorio ed istituzionale la vorrei portare in Regione Campania.
La sanità resta il tema più sentito dai cittadini campani, il dramma più grande, quali sono le vostre proposte e dove bisogna intervenire con urgenza?
Manca un tassello fondamentale che è quella che chiamiamo la medicina di prossimità, manca la medicina del territorio. Oggi una famiglia vede come primo presidio sanitario l’ospedale o il pronto soccorso. Il primo metodo di lavoro è far funzionare meglio ed a pieno regime l’esistente, per abbattere le liste d’attesa
e nel frattempo investire in medicina territoriale che significa prendere in carico le persone, e così abbattere le liste d’attesa, decongestionare gli ospedali e i pronto soccorso. Poi tre focus importanti su cui lavorare con priorità, la salute mentale, l’autismo e la disabilità.
Il Movimento 5 Stelle ha riscosso grande successo in Campania soprattutto per il reddito di cittadinanza, state immaginando una misura simile in Regione?
L’aiuto ai più deboli, alle persone in difficoltà rimane una questione centrale, anche per far si che le persone si sentano parte di una comunità e nessuno ai margini. C’è una platea certificata dall’Inps che non accede a nessun tipo di sostegno al reddito o di bonus, dobbiamo lavorare anche con sistemi e meccanismi importanti per questa platea di famiglie.
Giorgia Meloni oggi è a Napoli, non abbiamo visto fino ad ora grandi dichiarazioni a sostegno di Edmondo Cirielli, ma prima che arrivasse a Napoli, Fratelli d’Italia ha fatto un post sulla questione del gozzo, cosa ha da dire su questa vicenda?
Ho da dire che una campagna elettorale incentrata su una barca comprata tra l’altro regolarmente, mi sembra proprio che siano privi di argomenti. Sono in difficoltà, direi che da questo punto di vista sono alla frutta, perché noi dobbiamo mettere al centro gli argomenti. Io ho risposto anche molto poco, perché ho un’idea importante di rispetto degli elettori. Credo che molta gente non va a votare perché poi finisce tutto in rissa, come stanno facendo loro, invece noi dobbiamo lavorare sugli argomenti e convincere le persone ad andare a votare su un
programma.
La sua storia racconta anche di lotta alle mafie e per la legalità, in Campania c’è un problema, basta vedere i dati dei Comuni sciolti per infiltrazione mafiosa, come si argina questo fenomeno? È una priorità?
È una priorità, noi dobbiamo sempre mettere al centro la legalità, la lotta alla camorra, quindi alle mafie in generale, dobbiamo colpire i centri grigi che possono collegare la criminalità alla pubblica amministrazione e quindi con processi chiari, trasparenti, aiutati anche dall’autorità anticorruzione. I protocolli in parte sono già stati fatti con le forze dell’ordine, noi faremo un lavoro straordinario al cui centro ci sarà l’interesse pubblico e quindi la legalità.
Abbiamo già detto di una coalizione larghissima, se si vincerà bisognerà poi pensare alla giunta, ha già stabilito dei criteri di selezione? Ci sarà rappresentatività di tutte le forze politiche? Ha già mente qualche nome?
Di nomi non ne ho in mente e comunque non li farò. Io credo che è importante che tutte le forze politiche abbiano un protagonismo politico, anche per avere delle responsabilità chiare. Ma io chiederò anche dei nomi importanti, dove ci sia l’etica, ci sia la competenza, perché a noi quello che ci interessa non è l’appartenenza politica, ma fare bene quello che andiamo a fare quindi amministrare nell’interesse di tutti i cittadini e le cittadine campane.
Possiamo quindi immaginare una giunta dove sia rappresentata tutta la coalizione? Una giunta di tutti, con il presidente?
Io credo di sì, che sia una giunta di tutti con le persone migliori.
Questa è una partita che non si gioca solo a Napoli ed in Campania, quanto è importante per tutto il centro sinistra a livello nazionale la partita che si giocherà in 23 e 24 novembre in Campania?
Noi oggi abbiamo lavorato su una coalizione che è solida e che amministrerà la Regione Campania, lo facciamo nel modo migliore per costruire l’alternativa nel 2027 ad una destra che non ci rappresenta nei valori e nei principi. E cercheremo di cambiare la maggioranza finalmente per far si che l’Italia torni ad avere al centro temi molto più importanti di quelli che portano avanti Fratelli d’Italia, a cominciare dalla chiusura definitiva dell’autonomia differenziata.
(da Fanpage)

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L’AFFARE EPSTEIN È IL PIEDE DI PORCO CHE PUÒ SCARDINARE TRUMP DALLA POLTRONA : LA BASE “MAGA” È IN TILT PER LE NUOVE RIVELAZIONI SUI RAPPORTI TRA IL FINANZIERE PEDOFILO E IL PRESIDENTE

Novembre 15th, 2025 Riccardo Fucile

DOPO AVER CHIESTO PER ANNI LA PUBBLICAZIONE DI TUTTI GLI “EPSTEIN FILES”, PENSANDO DI INCASTRARE I DEMOCRATICI, ORA I SOSTENITORI DEL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO SONO IN GRANDE IMBARAZZO DI FRONTE AL TENTATIVO DELLA CASA BIANCA DI INSABBIARE TUTTO … SEMPRE PIÙ PARLAMENTARI REPUBBLICANI SOSTENGONO LA PUBBLICAZIONE DEI DOCUMENTI: LA PROSSIMA SETTIMANA CI SARÀ IL VOTO CHE POTREBBE COSTRINGERE LA CAMERA A DIFFONDERE IL DOSSIER… E INTANTO IL CONSENSO PER TRUMP TRACOLLA: SOLO 3 ADULTI SU 10 APPROVANO LA SUA GESTIONE

A Washington c’è un detto: non è tanto il crimine, sono i tentativi di coprirlo. La regola che è valsa per il Watergate e per lo scandalo Clinton potrebbe valere anche per Donald Trump e la questione Jeffrey Epstein.
E per una ragione: nonostante abbia minimizzato, nonostante abbia definito tutto una «bufala», l’unica cosa che il mondo Maga sembra non perdonare a Trump è proprio la sua poca trasparenza sul caso del finanziere pedofilo.
«È la questione più persistente ad aver creato una profonda frattura nella base del presidente», ha scritto il Washington Post sottolineando come alla base della sensazione di tradimento di cui hanno esperienza molti sostenitori, c’è la sensazione che Trump, più di se stesso, stia cercando di proteggere personaggi ricchi e famosi, quando «casta contro popolo» è proprio il tema alla base della fede Maga.
Mercoledì, dopo la serie di email pubblicate da democratici e repubblicani che mettono ancora più in evidenza la sua passata associazione con il finanziere morto suicida nel 2019, Trump ha incaricato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt di andare davanti alla stampa e dire solo che «queste email non dimostrano assolutamente nulla, se non il fatto che il presidente non ha fatto nulla di sbagliato».
Nello stesso momento Trump stesso sui social media diceva che la notizia era una sciocchezza e che solo «un repubblicano molto cattivo, o stupido, cadrebbe nella trappola», aggiungendo anche un ordine per i suoi deputati: «Nessuno deve sgarrare su Epstein o su qualsiasi altra cosa».
Non esattamente la risposta che la base si aspetta da lui. E infatti le reazioni ci sono. Mentre FoxNews e il New York Post non deviano dalla linea difensiva e dall’appoggio a Trump, in rete, tra la sua base, il malcontento è evidente, così come la rottura da parte di alcune voci di destra come l’attivista Laura Loomer, secondo la quale la gestione dell’indagine su Epstein da parte dell’amministrazione rischia di «consumare la sua presidenza».
A luglio – quando erano stati resi pubblici altri documenti
persino il giornalista e conduttore Tucker Carlson era stato molto critico di come era stata gestita la faccenda.
Intanto, sempre più parlamentari repubblicani stanno abbandonando il partito per sostenere la pubblicazione dei documenti su Epstein. I deputati Warren Davidson dell’Ohio, Eli Crane dell’Arizona, Don Bacon del Nebraska, Tim Burchett del Tennessee e Rob Bresnahan della Pennsylvania hanno tutti manifestato l’intenzione di votare a favore di una misura volta a pubblicarli, secondo Cnn e Politico.
Il voto arriverà già la prossima settimana, secondo lo speaker della Camera Mike Johnson, dopo che 218 parlamentari hanno firmato una petizione che costringe la Camera alla loro pubblicazione.
Tra la questione Epstein e il suo commento sui lavoratori americani non abbastanza capaci per certi tipi di lavori, Trump sta affrontando la settimana peggiore del secondo mandato. Un sondaggio Ap-Norc pubblicato il 12 novembre rileva che solo 3 adulti su 10 «approvano la sua gestione dell’economia, dell’assistenza sanitaria o del governo federale».
Nel complesso, il 62% disapprova il modo in cui sta gestendo il suo incarico di presidente. Solo il 33% approva, in calo rispetto al 43% di un sondaggio Ap-Norc di marzo. Una caduta generale che è dovuta in gran parte al calo di consenso tra repubblicani e indipendenti.
Secondo il sondaggio, solo due terzi dei repubblicani – il 68% – approva Trump, in calo rispetto all’81% di marzo. Il consenso degli indipendenti è sceso dal 38% al 25%.
Sui media americani vanno in onda due narrazioni diverse e parallele: la Cnn e la maggior parte dei media tradizionali prestano grande attenzione alle email di Epstein rese pubbliche mercoledì, mentre Fox ha dato la notizia per poi passare ad altro e i siti in streaming della destra «Maga» ( Make America Great Again ) hanno ignorato o sminuito le nuove email, definendole in molti casi un imbroglio dei democratici, proprio come ha fatto il presidente Trump.
L’influencer di destra Jack Posobiec afferma che le mail mostrano principalmente che Epstein e i suoi amici (un riferimento al giornalista Michael Wolff) «cercavano di prendere in trappola Trump». Megyn Kelly, l’ex conduttrice di Fox diventata podcaster, dice che le email «non offrono una bella immagine» ma alla fine non c’è «grande sostanza». Jesse Watters di Fox News sostiene che la pubblicazione si è ritorta negativamente sui democratici.
Tutto ciò nonostante fino ad alcuni mesi fa proprio gli influencer «Maga» fossero in ansiosa attesa di nuove rivelazioni su Epstein e si fossero infuriati con la ministra della Giustizia Pam Bondi per aver fatto promesse di trasparenza senza mantenerle. Erano i progressisti allora a professarsi annoiati, sostenendo che fossero tutte teorie del complotto.
Lo scorso luglio Steve Bannon, l’ex stratega di Trump che conosceva Epstein e ha registrato con lui delle interviste, ha detto al Corriere che l’anno prossimo pubblicherà un documentario in dieci puntate sul finanziere. Bannon ha inoltre difeso Trump, affermando che il presidente ha ordinato a Bondi
di richiedere ai tribunali la pubblicazione dei documenti e transcript dei processi e delle incriminazioni di Maxwell e Epstein.
Ma quando uscì l’articolo del Wall Street Journal sul presunto biglietto di auguri di Trump a Epstein, Bannon ci disse che «era un attacco politico chiaro a Trump, specialmente alla vigilia della pubblicazione da parte di Tulsi Gabbard, direttrice dell’intelligence nazionale, di documenti declassificati che hanno unito la base Maga».
Quando i democratici si sono appassionati al caso e hanno iniziato a dire che il caso stava spaccando la base «Maga», Trump ha detto chiaramente ai suoi sostenitori che era ora di smetterla di aiutare i rivali.
Non ci sono implicazioni legali contro Trump nelle nuove email, ma suggeriscono che sapesse più di quanto non ammetta degli abusi di Epstein, e che la trasparenza del suo governo non sia stata totale. Il presidente non può sbarazzarsi di questa storia, almeno per il momento: la prossima settimana la Camera voterà per costringere il governo alla pubblicazione di tutti i file di Epstein.
Questo è stato possibile grazie al passaggio di una petizione con 218 firme di deputati, quasi tutti democratici ma ai quali si sono aggiunti quattro repubblicani. E martedì Ro Khanna, democratico della California, e Thomas Massie, repubblicano del Kentucky, che hanno cosponsorizzato la petizione, terranno una conferenza stampa con le sopravvissute agli abusi.
Massie, un conservatore libertario fieramente indipendente che ha spesso sfidato Trump, è uno dei quattro «ribelli» repubblicani: le altre sono Nancy Mace della South Carolina (da giovane è stata vittima di violenze sessuali e ha mostrato grande empatia con le sopravvissute a Epstein), Lauren Boebert del Colorado e Marjorie Taylor Greene della Georgia (vicine al movimento Maga).
Boebert è stata convocata mercoledì nella Situation Room della Casa Bianca e Trump ha telefonato a Mace, ma non è servito a dissuaderle.
L’aspettativa è che molti più repubblicani alla Camera spingeranno per rendere pubblici i file quando a votare sarà l’Aula intera: vogliono mostrare «trasparenza» ai loro elettori. Tanti credono che la prossimità al potere (con entrambi i partiti) aiutò Epstein ad agire con impunità.
Ma il passaggio al Senato della legge è tutt’altro che certo.
(da La Stampa)

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PIÙ CHE UN RAPPER, ALISHER MORGENSHTERN È UN “TROMBETTIERE” DI PUTIN: IL CANTANTE, CON DOPPIA CITTADINANZA RUSSA E ISRAELIANA, È STATO BANDITO DALLA LITUANIA PERCHÉ RITENUTO “UNA MINACCIA PER LA SICUREZZA NAZIONALE”

Novembre 15th, 2025 Riccardo Fucile

L’ULTIMO CONCERTO IN LITUANIA RISALE AL 2023, QUANDO ALCUNI PARTECIPANTI INDOSSARONO LE MAGLIETTE CON LA “Z”, SIMBOLO DELL’ESERCITO RUSSO IN UCRAINA

Il rapper russo Alisher Morgenshtern, che è anche cittadino israeliano, è stato bandito con effetto immediato dalla Lituania per 10 anni dopo che il governo lo ha ritenuto una potenziale “minaccia alla sicurezza nazionale”. Lo riferisce il Dipartimento per l’Immigrazione, come riporta l’agenzia stampa lituana Elta.
“La decisione è stata presa dopo aver ricevuto una proposta scritta dal ministero degli Affari Esteri e aver raccolto ulteriori informazioni che portano alla conclusione che questo cittadino straniero possa rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale”, si legge in una dichiarazione dell’autorità riportata da Elta.
Morgenshtern avrebbe dovuto esibirsi a Vilnius, la capitale del Paese, alla fine di questo mese. Alla fine di ottobre, il sindaco di Vilnius Valdas Benkunskas aveva chiesto al ministero degli Affari Esteri di valutare l’aggiunta del rapper russo Morgenshtern alla lista degli artisti indesiderati in vista del suo concerto visto che Vilnius non poteva impedirne autonomamente l’ingresso.
Benkunskas aveva chiesto al ministero di valutare anche se la società lettone che organizza l’evento, Ready events sia, rappresentasse una minaccia per la sicurezza. Morgenshtern si è esibito l’ultima volta a Vilnius nel marzo 2023. Dopo quel concerto, sui social media sono apparse immagini di partecipanti che facevano gesti osceni e indossavano abiti con la lettera ‘Z’, un simbolo legato all’invasione russa dell’Ucraina. La polizia non aveva trovato prove.
(da agenzie)

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