Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
SE IL SISTEMA ELETTORALE NON VERRÀ MODIFICATO, IL RISULTATO SARÀ DETERMINATO, QUESTA VOLTA QUASI COMPLETAMENTE, DAL NUMERO DI SEGGI OTTENUTI NEI COLLEGI UNINOMINALI. DEL RESTO, ALLE ELEZIONI POLITICHE NAZIONALI DEL 2022, I PARTITI DEL CENTROSINISTRA HANNO OTTENUTO UNA PERCENTUALE DI VOTI LEGGERMENTE SUPERIORE A QUELLA DEI PARTITI DEL CENTRODESTRA
Sulla base della stabilità degli elettorati che avevamo già osservato nelle elezioni regionali precedenti, il risultato di quelle in programma in Veneto, Campania e Puglia appariva scontato. Ed in effetti è andato tutto più o meno come previsto.
Questa ultima tornata ha confermato un sostanziale equilibrio, sul piano elettorale complessivo, tra Centrodestra e Centrosinistra largo, cioè allargato al M5S (che d’ora in poi, per semplicità, chiamiamo CS+). Più o meno, lo stesso equilibrio registrato alle europee del 2024.
Le regionali, soprattutto in Campania e Puglia, costituivano tuttavia un test importante per il CS+. Per questo, la nostra analisi, oltre a considerare i risultati per l’elezione dei presidenti
di regione, include l’elaborazione di una stima di ciò che potrebbe accadere in elezioni politiche nazionali se il sistema elettorale rimanesse invariato e la performance di CD e CS+ fosse simile a quella registrata nel ciclo delle elezioni regionali svolte dal 2022 ad oggi.
Tenendo conto della stabilità degli elettorati che avevamo già osservato nelle elezioni regionali precedenti, il risultato di quelle in programma in Veneto, Campania e Puglia appariva scontato. Ed in effetti è andato tutto più o meno come previsto.
Questa ultima tornata ha confermato un sostanziale equilibrio, sul piano elettorale complessivo, tra Centrodestra e Centrosinistra largo, cioè allargato al M5S (che d’ora in poi, per semplicità, chiamiamo CS+). Più o meno, lo stesso equilibrio registrato alle europee del 2024.
Le regionali, soprattutto in Campania e in Puglia, costituivano tuttavia un test importante della competitività del CS+ nelle prossime elezioni politiche.
Per questo, la nostra analisi, oltre a considerare i risultati per l’elezione dei presidenti di regione, include l’elaborazione di una stima di ciò che potrebbe accadere alle elezioni politiche nazionali se il sistema elettorale rimanesse invariato e le
performance del CD e del CS+ fossero simili a quelle registrate nel ciclo delle elezioni regionali svolte dal 2022 ad oggi.
Sul risultato nelle tre regioni al voto il 23-24 novembre, c’è in effetti poco da dire. Come si può vedere dalle tabelle 1-3, è stato abbastanza in linea con i risultati delle politiche 2022 e delle europee 2024. È stato perfettamente in linea con quei risultati in Campania; ha registrato un miglioramento di circa 6 punti percentuali per il CD in Veneto e di circa 7 punti percentuali per il CS in Puglia. Con una lieve differenza segnalata dalla stima dei flussi (tabelle 4-6).
Abbiamo condotto analisi dei flussi su molte città ma abbiamo riportato qui solo quelle riferite alle tre città maggiori di ciascuna regione. In generale, risulta attenuata la tendenza dell’elettorato Cinque Stelle ad astenersi più degli altri elettorati in elezioni regionali. La si ritrova solo in Puglia.
È confermata la tendenza degli elettori dell’area lib-dem (Azione, Iv, +Europa) a dividersi tra CD, CS e astensione. Per il resto, è confermata la sostanziale impermeabilità delle due aree: i passaggi da un polo all’altro sono limitatissimi, con una parziale eccezione in Puglia
Si può dire che circa la metà del vantaggio guadagnato dal CS in
quella regione (quindi, intorno a 3 punti percentuali) derivi dalla capacità di De Caro di attrarre elettori che alle europee avevano votato per partiti di CD, i quali si aggiungono a quelli che aveva già spostato a vantaggio del PD grazie alla sua candidatura al parlamento europeo.
È forse di maggiore interesse un’analisi complessiva che provi a ricapitolare l’esito di tutte le elezioni regionali che si sono svolte dal 2022 ad oggi. Per comprendere le ragioni della stima da noi condotta a questo riguardo (tab. 7 e mappe sottostanti), conviene richiamare alcuni dati di base. Nelle elezioni politiche del 2022, i partiti del CS+ hanno ottenuto, nel complesso, una percentuale di voti leggermente superiore a quella dei partiti del CD.
Di conseguenza, hanno ottenuto un numero di seggi leggermente superiore rispetto al CD tra quelli ripartiti con metodo proporzionale. Alla Camera, nella quota proporzionale, il CD ha ottenuto 114 seggi; il CS+ (CS + M5S + Azione-Iv) ne ha ottenuti 130. Ma poiché ciascuna delle tre componenti del cosiddetto Campo Largo ha presentato candidati propri (in competizione gli uni con gli altri) nei collegi uninominali, il CD ha vinto quasi dappertutto: in 121 dei 147 collegi; CS+M5S solo in 23.
Se si considerano le intenzioni di voto attualmente stimate dai sondaggi, è assai plausibile che, in una competizione nazionale in cui il CS+ si presenti unito, CS+ e CD otterrebbero percentuali di voti e un numero di seggi di entità quasi equivalente nella quota proporzionale.
Dunque, se il sistema elettorale non verrà modificato, il risultato sarà determinato, questa volta quasi completamente, dal numero di seggi ottenuti nei collegi uninominali. Nel Nord e nel Centro, con l’eccezione dei grandi centri urbani, il vantaggio del CD rimane solido, anche di fronte a un CS+ unito.
Nell’ex Zona Rossa e al sud il CS+ ha invece un notevole margine di recupero. Naturalmente, non si possono sommare i risultati delle tre componenti del CS+ del 2022, perché non possiamo dire in che misura i tre elettorati siano rimasti stabili e disposti a confluire su candidati comuni.
Per questo, le elezioni regionali, soprattutto dove il CS+ ha presentato candidati comuni alla presidenza, forniscono una misura più affidabile. Per stimare quanto sia ampio il margine di recupero del CS+ e quanto le prossime elezioni politiche possa risultare contendibili, abbiamo considerato come indicatori dell’attuale equilibrio i voti ricevuti dai candidati a presidente d regione nelle tornate elettorali che si sono svolte dal 2023 ad oggi, quando cioè era già iniziata la ricomposizione del CS+, dopo lo choc (atteso) delle politiche 2022.
La stima è stata condotta solo sui seggi della Camera perché, a differenza di quanto talvolta sostenuto da commentatori e politici, i sistemi elettorali di Camera e Senato hanno effetti identici, nell’aggregato, in percentuale, anche se il numero dei collegi senatoriali è inferiore. In pratica, abbiamo calcolato la somma dei voti ottenuti dai candidati a presidente di regione in ciascuno dei collegi uninominali della Camera, ipotizzando che i futuri candidati comuni al Parlamento delle principali coalizioni possano contare sulla stessa base di consensi.
Non abbiamo apportato aggiustamenti discrezionali nei casi in cui il M5S o altre componenti del CS+ abbiano presentato candidati propri. La stima, quindi, non può tenere conto di eventuali spostamenti di quegli elettori che, ad esempio, in Toscana hanno votato per Antonella Moro Bundu (Sinistra Rossa, 72.322 voti) o in Sardegna per l’ex presidente regionale di CS, Renato Soru (63.000 voti) o in Sicilia per il 5S Nunzio Di Paola (335.000 voti).
Non tiene conto della tendenza, da noi stessi rilevata in una
precedente analisi, per la quale, in Calabria, il CD ha ottenuto ripetutamente (come avvenuto anche nel 2025) risultati significativamente migliori alle regionali rispetto alle politiche. Non può infine tenere conto di ciò che sarebbe accaduto in Sicilia se, alle elezioni regionali del 2022, fosse già stato realizzato un accordo tra CS e M5S.
D’altro canto, questa stima non è stata elaborata con la pretesa di “prevedere” cosa accadrà alle prossime elezioni politiche, bensì di identificare e misurare la tendenza delineata dal ciclo delle elezioni regionali. La tendenza è abbastanza chiara. La dimostrata possibilità di far confluire i voti dei partiti del CS+ su candidati comuni (cosa non scontata), soprattutto nel Sud, riapre la competizione anche a livello nazionale.
D’altro canto, alle regionali, il governo Meloni “non è stato battuto” e il CD continua ad avere buone probabilità di rivincere le elezioni politiche. Ma, mentre alle elezioni del 2022 il CD ottenne 98 seggi in più delle varie componenti del CS, in base ai risultati delle regionali, questo vantaggio si ridurrebbe a circa 34, con la eventualità che si riduca ulteriormente o venga di poco ribaltato se, ad esempio, alcuni dei fattori citati in precedenza (soprattutto in Sardegna, Sicilia e Calabria) dovessero torcersi a
suo danno.
In Sardegna, ad esempio, la candidata alla presidenza del CS+ ha prevalso nettamente nel (territorio del) collegio uninominale di Cagliari, ma è stata superata, di poco, dal candidato del CD negli altri collegi. Ci potrebbe trovare con una Italia di nuovo divisa in due, o meglio in 5: con il Nord e il Centro al CD; la Zona rossa e le grandi regioni del Sud al CS; con Sicilia, Calabria e Sardegna come “campo di battaglia”.
Con tutta evidenza, sta qui l’interrogativo che sottende ad una possibile ulteriore riforma del sistema elettorale. Se sia preferibile un esito potenzialmente indeterminato, con la formazione di governi sostenuti da una esile maggioranza, o addirittura la formazione di un governo sostenuto da partiti appartenenti ad entrambe le coalizioni, oppure un sistema elettorale simile a quello che ha consentito ad entrambe le coalizioni di celebrare vittorie e sconfitte nette nel ciclo delle elezioni regionali che si è appena concluso.
Salvatore Vassallo
(da cattaneo.org)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
LA STAMPA: “LEI NON SPEZZA IL MECCANISMO DEL CLAN, PER CUI PREVALE SEMPRE IL VINCOLO DI FEDELTÀ E MILITANZA. IL PRIMO PARTITO DEL PAESE NON GUIDA NEMMENO UNA SOLA GRANDE REGIONE DEL SUD O DEL NORD. NON GOVERNA NESSUNA GRANDE CITTÀ. E GIÀ SI INTRAVEDONO I PROBLEMI SU ROMA (NON È UN MISTERO LA CHIACCHIERA SULLA CANDIDATURA DI ARIANNA) E MILANO. È VIVAMENTE SCONSIGLIATO IL PARAGONE CON SILVIO BERLUSCONI
Prima foto, la Campania. Dice tutto il dieci per cento di FdI su Napoli. Lì il coordinatore
cittadino è Marco Nonno, “camerata di sicura fede”, si sarebbe detto una volta: saluti romani, torta di compleanno con la Buonanima, due anni di condanna per resistenza a pubblico ufficiale per i disordini di Pianura. Neanche viene eletto.
A proposito: una parola su Edmondo Cirielli. Si è imposto a gomitate, perché si considera il padre padrone del partito laggiù. Insomma, «non gli si poteva dire di no» per vincolo di
appartenenza.
E patatrac ovunque
Seconda foto, la Puglia.
Terra che, storicamente, è sempre stata a cuore alla destra, fino a Giorgia Meloni che l’ha scelta come meta preferita delle vacanze. Anche qui, dice tutto il dieci per cento su Bari. Come predicava il vecchio Pinuccio Tatarella, se non vinci a Bari, ciao Puglia. Da quelle parti è stato eletto un solo consigliere uscente, Tommaso Scatigna, peraltro di Locorotondo. Mica male, perché di Bari è il plenipotenziario di FdI Marcello Gemmato, farmacista, padre almirantiano, uno che scommette su Giorgia dai tempi di Colle Oppio, un altro a cui «non si può dire di no».
Senza il Salento sarebbe stato ancora peggio. Lì FdI ha superato il Pd col 26. Ma grazie a Raffaele Fitto, che ha sempre un suo peso nonostante ormai si occupi di Europa e sia stato estromesso dalla gestione del partito. La faida interna, su queste premesse, è annunciata.
Terza foto, il Veneto. Caso di scuola, che riassume il tutto. Lo scorso anno, con Giorgia Meloni capolista, il partito prese il 38. Ora contro Zaia, si riscende dalle stelle: metà dei voti della Lega, come numero di consiglieri uno in meno del Pd, che è il primo
partito su Venezia città dove si vota la prossima primavera. I dioscuri sono Luca De Carlo, segretario regionale (filiera Lollobrigida) e Raffaele Speranzon, vicepresidente del gruppo al Senato.
Vedrete ora come si ballerà sulla giunta: forti del risultato delle Europee, i Fratelli avevano ceduto la presidenza in cambio di sei assessori su nove. Con questi numeri, diventa complicato.
Beh, la storia vale un trattato di politologia. Giorgia Meloni è l’ultima figlia del partito novecentesco, sezioni e militanza, dalle giovanili all’assalto al cielo. Ops, ora proprio sul terreno del partito scivola a terra.
Com’è possibile che, dopo tre anni di governo, peraltro tutto sommato senza intoppi, la premier non trovi figure che diano il senso di una novità e di una classe dirigente competitiva?
Il primo partito del Paese non guida nemmeno una sola grande regione del Sud o del Nord (solo Marche e Abruzzo, con tutto il rispetto).
Non governa nessuna grande città. E già si intravedono i problemi su Roma – non è un mistero la chiacchiera sulla candidatura di Arianna e non è un mistero che stavolta Fabio Rampelli si impunterà – e Milano, dove «non si può dire di no»
La Russa. Ecco, solo se Giorgia Meloni riesce a imprimere al voto una torsione politica nazionale il quadro regge, sennò, sui territori, è un disastro.
La risposta è semplice: perché le figure nuove non le cerca, anche se, fuori da Colle Oppio ci sono mondi tutt’altro che ostili. Così come il Pd non spezza il meccanismo delle correnti (croce e delizia) lei non spezza quello del clan, per cui al dunque prevale sempre il vincolo di fedeltà e militanza. Si dice: lei funziona, il limite è la classe dirigente.
In verità il limite a monte è la mentalità da cui non riesce a liberarsi. Quel «non si può dire di no», fa presa sulla sua cultura politica: la contaminazione come minaccia e tradimento, la politica come rivincita minoritaria di un mondo e non come costruzione maggioritaria. Un’ultima considerazione.
È vivamente sconsigliato il paragone con Silvio Berlusconi, sia come capacità di costruire squadre che come quid. Una volta, riuscì a vincere nel Lazio anche senza la lista del Pdl, che non fu ammessa a causa di un pasticcio. Valeva oltre il 30 per cento…
Alessandro De Angelis
per la Stampa
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
COLPA ANCHE DELLE ABBREVIAZIONI DA TELEFONINO, DEI CHATBOT DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE E DEL CALO DELLA SCRITTURA A MANO… GLI STRAFALCIONI PIÙ DIFFUSI? L’APOSTROFO, L’USO DEL CONGIUNTIVO E DEI PRONOMI. E POI “PULTROPPO”, “PROPIO”, “AVVOLTE”, “SALCICCIA”, “CORTELLO”
“Qual’è”, “pultroppo”, “propio”, “avvolte”, “al linguine”, “salciccia”, “cortello” senza dimenticare gli imperdibili “c’è ne” e “c’è né” oppure le abbreviazioni da telefonino, da “tt questo” a
“ke fai?”: eccoli alcuni tra gli errori di grammatica più comuni tra gli italiani.
Secondo un’indagine condotta da Libreriamo, media digitale dedicato ai consumatori di cultura, realizzata su circa 1600 italiani di età compresa tra i 18 e i 65 anni, attraverso un monitoraggio online sui blog, forum e i principali social network e coinvolgendo un panel di 20 esperti (tra sociologi e letterati), sette italiani su dieci litigano con la grammatica, e commettono errori inquietanti nello scritto, ma anche nel parlato.
Secondo gli esperti, è importante leggere con regolarità (66%), scrivere a mano (43%), evitare di usare frequentemente chatbot di intelligenza artificiale (55%), diminuire l’abuso di neologismi e parole straniere (51%), ma anche allenare la mente giocando con le regole della lingua italiana (47%).
Vediamo allora quali sono gli inciampi più comuni.
L’apostrofo (62%) . Quando si mette? Semplice, con tutte le parole femminili, quindi: un’amica sì, un amico no. E quindi apostrofo? Si tratta di elisione: non si può dire lo apostrofo, diventa quindi l’apostrofo. Infine c’è anche il troncamento: un po’ vuole l’apostrofo, perché si tratta del troncamento della parola ‘poco’
L’uso del congiuntivo (56%) – Il congiuntivo rappresenta il vero tallone d’Achille di moltissimi italiani. Quanti strafalcioni sentiamo ogni giorno anche, e soprattutto, in televisione?
I pronomi (52%) – L’uso corretto dei pronomi è un altro grande errore commesso dagli italiani. “Gli ho detto che era molto bella”. In questo caso, in riferimento ad una persona di sesso femminile, bisogna usare il pronome “le”
La corretta declinazione dei verbi (50%) – Un errore molto diffuso, sia nel parlato che nello scritto, riguarda la declinazione dei verbi, specialmente per quanto concerne l’uso dei tempi verbali e la scelta dell’ausiliare. Confondere l’uso dell’ausiliare essere con avere (ad esempio, dicendo “ho andato” invece di “sono andato”) è un errore comune.
L’uso della C o della Q (48%) – Classico errore che i più distratti si portano dietro dalle elementari. Se nella lingua parlata l’errore non si nota, è nello scritto che s’incappa nell’errore.
Ne o né? (44%) – Un altro di quegli errori “da penna rossa”. L’accento su “né” si utilizza quando questo vuole essere utilizzato come negazione. Nel caso in cui non sia presente la negazione, ne deve essere utilizzato senza accento.
La punteggiatura (39%) – Non si può negare. Qui tutti sono
caduti almeno una volta. Virgole, punti e virgola, due punti, non vanno mai usati a casaccio. Ogni segno di punteggiatura ha la propria regola.
Un po, un po’ o un pò? (37%) – Pur scorretta, la grafia “pò” con l’accento risulta sempre più diffusa. La grafia corretta è “un po’ ” con l’apostrofo, perché la forma è il risultato di un troncamento.
E o ed? A o ad? (35%) – Sicuramente, almeno una volta nella vita, chiunque ha avuto il dubbio su quale congiunzione usare nel vostro messaggio. È semplice: l’aggiunta della ‘d’ eufonica deve essere fatta solo nel caso in cui la parola che segue cominci con la stessa vocale con cui termina la parola precedente. Quindi: vado ad Amburgo; Era felice ed entusiasta.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
ARRESTATI E PORTATI IN CARCERE ANCHE GLI EX MINISTRI COINVOLTI
È definitiva la sentenza che condanna l’ex presidente del Brasile Jair Bolsonaro a 27
anni e 3 mesi di carcere per aver guidato la cospirazione per impedire al suo successore di sinistra, Luiz Inácio Lula da Silva, di tornare al potere. Lo ha proclamato oggi la Corte Suprema del Brasile: a seguito dell’esaurimento dei tempi per presentare ricorsi, la sentenza di condanna è da considerarsi passata in giudicato. Bolsonaro, dunque, deve andare in carcere ed iniziare a scontare la pena inflittagli. Il leader di estrema destra si trova peraltro già in custodia cautelare della polizia di Brasilia da sabato, dopo essere stato scoperto a tentare di manomettere il braccialetto elettronico. Per provare a
fuggire negli Usa, sospettano gli inquirenti. Per «curiosità», ha spiegato lui. La sentenza della Corte Suprema contro di lui e i suoi complici era stata pronunciata lo scorso settembre.
Tempo scaduto per i complici di Bolsonaro
Passano in giudicato le pene inflitte pure ai sei complici di Bolsonaro nel tentato colpo di Stato culminato nell’assalto al Congresso dell’8 gennaio 2023. La polizia federale e l’esercito brasiliano non hanno perso tempo e subito dopo la pronuncia della Corte suprema hanno arrestato gli ex ministri e sodali di Bolsonaro Augusto Heleno e Paulo Sérgio Nogueira, condannati rispettivamente a 21 e 19 anni di carcere per il tentato golpe. I due – entrambi ex generali dell’esercito – sono stati fermati a Brasília e trasferiti al Comando Militare del Planalto, struttura utilizzata per la detenzione di ufficiali di alto rango. La chiusura del procedimento riguarda anche altri due imputati di primo piano: l’ex ministro della Giustizia Anderson Torres, condannato a 24 anni, e il deputato Alexandre Ramagem, ex direttore dell’Agenzia brasiliana di intelligence (Abin), condannato a 16 anni. Torres – ex commissario della polizia federale – sconterà la condanna nella padiglione destinata ai poliziotti del penitenziari Papuda, a Brasilia. Ramagem si trova da circa tre mesi negli
Stati Uniti, circostanza che potrebbe complicare l’esecuzione della sua pena.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
UN 20% IN CAMPANIA, UN 30% IN PUGLIA…E OGGI I COLLEGI UNINOMINALI SONO A RISCHIO, PER QUESTO IL GOVERNO VUOLE CAMBIARE LA LEGGE ELETTORALE
«Il governo Meloni non è stato battuto» alle elezioni regionali. Anzi, «il centrodestra continua ad avere buone possibilità di rivincere alle elezioni politiche». Ma adesso la partita è aperta. L’analisi dell’Istituto Cattaneo sui flussi elettorali in Campania, Veneto e Puglia spiega che i candidati comuni al Sud riaprono la competizione a livello nazionale.
Con il rischio pareggio, o maggioranza risicata, dietro l’angolo. Secondo l’analisi centrodestra e centrosinistra con M5s
sarebbero testa a testa nel proporzionale. E quindi il risultato finale sarebbe determinato dai seggi ottenuti nei collegi uninominali. Sempre se si votasse con il Rosatellum.
Centrodestra e centrosinistra
Nel 2022 il centrodestra ha stravinto nei collegi contro i tre che si presentavano: M5s e Terzo Polo più centrosinistra. 98 seggi in più. Adesso ne vincerebbe appena 34. Con possibilità di cali in Sicilia, Sardegna e Calabria. O addirittura di risultati ribaltati. L’interrogativo, spiega Salvatore Vassallo, è «se sia preferibile un esito potenzialmente indeterminato, con la formazione di governi sostenuti da un’esile maggioranza o addirittura da intese tra partiti di entrambe le coalizioni». Oppure un sistema come quello delle Regionali, che ha consentito vittorie nette anche nell’equilibrio tra le coalizioni.
L’Italia divisa alle elezioni regionali
La mappa del voto restituisce un’Italia divisa: «Con il Nord e il Centro al centrodestra; la zona rossa (Toscana ed Emilia-Romagna) e le grandi regioni del Sud al centrosinistra; con Sicilia, Calabria e Sardegna come “campo di battaglia”».
E ancora: secondo il Consorzio Opinio Italia, circa il 30% degli elettori che alle Europee votarono per il centrodestra in Puglia ha
ora scelto Antonio Decaro. In Campania, la percentuale si ferma appena sotto il 20%. Nelle due regioni il Pd è primo partito.
In Veneto Luca Zaia è mister 200 mila preferenze. Scalzando Alfredo Vito che con la Dc ne prese 121 mila in Campania 40 anni fa. Nella regione il M5s ottiene il 9,9%, miglior risultato. Il peggiore è in Veneto: 2,2%.
Da destra a sinistra
Il travaso dei voti è decisivo nella decisione sul vincitore. Un caso interessante è la Campania. Dopo Vincenzo De Luca è arrivato Fico, mentre Edmondo Cirielli è stato votato, oltre che dal bacino di centrodestra, anche dal 7% di chi alle europee preferì il Pd e dal 3% di chi nella stessa occasione scelse il Movimento. Ma circa il 20% di coloro che nel 2020 votarono un partito tra Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega ora ha optato per Fico.
Quindi, spiega al Corriere Antonio Noto, «in Campania si è registrato un significativo travaso di voti da una parte e dall’altra. Il presidente uscente di centrosinistra non ha mantenuto i propri voti e li ha ceduti al centrodestra, ma nello stesso tempo il centrodestra ha perso moltissimi elettori».
La Campania
Sempre in Campania il 19% degli elettori di FdI ora ha votato il campo largo alle regionali. E anche il 22% di chi votò Forza Italia alle europee ha scelto il candidato del centrosinistra. I voti sono arrivati anche dalla Lega: 16%. «Fico era definito estremista e invece ha sottratto voti al centrodestra. E quello che è vero per la Campania è ancora più vero per la Puglia», conclude Noto.
In Puglia il 31% di chi scelse Fratelli d’Italia alle europee ora ha votato Decaro alle elezioni regionali, così anche il 30% di chi optò per Forza Italia e il 28% di chi votò Lega.
«E questo spiega il motivo per cui Decaro ha ottenuto un ottimo risultato nell’urna. Decaro ha avuto molto più della somma dell’ex governatore Michele Emiliano e di Antonella Laricchia che era la candidata M5S, quindi è chiaro che ha preso voti anche dall’elettore di centrodestra. L’astensione ha colpito entrambi gli schieramenti allo stesso modo», conclude il sondaggista.
Le simulazioni di Youtrend
E che un campo largo compatto possa mettere in difficoltà il centrodestra lo fanno notare anche le simulazioni di Youtrend, di
cui parla oggi Repubblica. Secondo l’istituto di ricerca guidato da Lorenzo Pregliasco, tra i 20 collegi uninominali non vinti dal campo largo nel 2022 ce ne sono sei in cui Pd, M5S, Avs e Iv uniti sono favoriti, di cui quattro in Campania e Puglia.
A questi se ne aggiungono dodici contendibili, di cui quattro sempre in Campania e Puglia. Alla luce dei 120 senatori eletti dal centrodestra su 200, più i senatori a vita, questi diciotto collegi «potrebbero determinare la differenza tra un’altra vittoria netta nel 2027 della coalizione guidata da Giorgia Meloni e una situazione in cui nessuna coalizione otterrebbe la maggioranza a palazzo Madama, con conseguente rischio di ingovernabilità».
La legge elettorale
Proprio per questo il centrodestra vuole modificare la legge elettorale con un premio di maggioranza per la coalizione che vince e arriva al 40%. E l’abolizione dei collegi. Il nodo rimane il nome del candidato premier da indicare o meno sulla scheda. Forza Italia, ribadisce il portavoce azzurro Raffaele Nevi, «è affezionata al metodo attuale e cioè chi prende più voti va a fare il presidente del Consiglio». Il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia, spiega che si vuole cambiare la legge elettorale «per mantenere il potere». Perché, non ha dubbi il
leader di Iv Matteo Renzi, «con quella attuale perde».
(da Open)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
LA RETORICA DELLA FAMIGLIA PER GIUSTIFICARE GLI SQUINTERNATI
I magistrati incontrano il favore popolare finché perseguono chi sta in alto: i potenti, i
mafiosi, i politici (dello schieramento opposto al nostro), ma appena scendono a valle e si infilano nel bosco, finiscono per perdersi. Cecilia Angrisano, la magistrata dell’Aquila insultata sul web perché ha disposto l’allontanamento di tre bambini dal casolare in cui vivevano con i genitori, ha sfidato due miti seducenti e inscalfibili. Il primo è il
richiamo della foresta, la suggestione di uno stile di vita più semplice. Chi non ha mai pensato: «Basta, mollo baracca e burattini, e mi rifugio nella natura»? Tutti, forse persino la dottoressa Angrisano. Poi non lo si fa per tante ragioni, ma si resta affascinati dagli estremamente coerenti, o dai coerentemente estremisti, che realizzano quello che noi lasciamo galleggiare nella vasca dei buoni propositi.
Il secondo mito è ancora più duro a morire. L’articolo zero della Costituzione, mai scritto ma assai praticato, recita: «L’Italia è una repubblica di individualisti fondata sulla famiglia». Che viene prima di tutto. Soprattutto, viene prima dello Stato, cioè della comunità allargata e delle leggi, che spesso la famiglia considera intrusive, limitanti e meno importanti della libertà personale. Così i miti «famiglia» e «natura» finiscono per saldarsi contro i miti più recenti, «cittadini» e «civiltà».
Un consiglio non richiesto ai magistrati: se vogliono vincere il referendum che li riguarda, si tengano lontani dai boschi.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
NELLE ULTIME ORE LA FAMIGLIA DI SQUINTERNATI HA RIFIUTATO SIA UNA CASA GRATIS A POCHI CHILOMETRI DI DISTANZA SIA LA RISTRUTTURAZIONE GRATIS DI QUELLA IN CUI VIVONO
L’avvocato della famiglia del bosco, Giovanni Angelucci, ha deciso di rimettere il suo mandato per «troppe pressanti ingerenze esterne». «Purtroppo – scrive in una nota -, ieri sera dopo attenta riflessione ho deciso, non senza difficoltà, di rinunciare al mandato difensivo a suo tempo conferitomi dai coniugi Nathan Trevallion e Catherine Birmingham. Mi sono visto costretto ad una simile scelta estrema, che è l’ultima che un
professionista serio vorrebbe adottare, dal momento che negli ultimi giorni i miei assistiti hanno ricevuto troppe pressanti ingerenze esterne che hanno incrinato la fiducia posta alla base del rapporto professionale che lega avvocato e cliente».
Oggi il deposito del ricorso contro la sospensione genitoriale
Oggi era previsto la presentazione del ricorso contro la decisione del tribunale dei minori di sospendere la potestà genitoriale a lui e a Catherine Birmingham per i bambini nel bosco, ovvero i figli Rose Utopia, Galorian e Bluebell, che hanno tra i sei e gli otto anni. Non è chiaro se, davanti alla fine del mandato questa mossa verrà comunque attuata. Quello che stava già emergendo oggi nei quotidiani è che tramite la perizia tecnica per la casa e le dichiarazioni sulla situazione economica si stava provando a far riunire la famiglia entro Natale. Tra i punti dichiarati dalla coppia anche l’agibilità del casolare acquistato dalla «ragazza dei cani husky» e la realizzazione di un Wc in miniatura davanti allo stabile. Ed è proprio sulla casa che il rapporto tra famiglia e legale si è incrinato.
«Hanno rifiutato casa e progetto»
In pratica i coniugi avrebbero rifiutato le proposte suggerite dal legale. «Ieri avrei dovuto incontrarlo nuovamente nel
pomeriggio per eseguire insieme il sopralluogo di un’abitazione distante pochi chilometri dalla loro, messa a disposizione a titolo gratuito da un imprenditore nel campo della ristorazione di Ortona originario di Palmoli. Tale soluzione si aggiungeva a quella proposta dal sindaco Masciulli. Tuttavia – scrive l’avvocato -, nessuna delle due ipotesi pare andasse bene ai coniugi Trevallion-Birmingham, tanto che nessun incontro vi è stato nella giornata di ieri». «A ciò si aggiunga – sottolinea l’avvocato – che sempre nella giornata di ieri avrei dovuto raccogliere anche un’altra firma da Nathan per procedere con il deposito presso il genio civile del progetto di ristrutturazione straordinaria dell’immobile, ma per quanto riferitomi dagli interessati simili lavori sarebbero stati per loro troppo invasivi ed impattanti, sicché hanno ritenuto di non firmare né acconsentire al deposito del progetto già predisposto dal tecnico di fiducia. Peraltro, sempre nella mattinata di ieri un geometra del posto che si era messo in contatto con il sottoscritto avvocato, si è recato presso la ‘casa del bosco’ insieme ad un rappresentante della ditta Ssap San Salvo Appalti Spa disposta ad eseguire i lavori di ristrutturazione a sue cure e spese: tuttavia pare che pure questa offerta sia stata respinta dal signor Trevallion».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
MAGGIORANZA A RISCHIO IN SENATO: “BASTA COLLEGI UNINOMINALI”
Un campo largo compatto potrebbe mettere in difficoltà il centrodestra in diversi collegi
uninominali, in particolare al Sud. Lo dicono le simulazioni svolte da Youtrend in questi mesi e quelle delle ultime ore, dopo i risultati delle elezioni regionali in Puglia e in Campania, che hanno visto la vittoria del centrosinistra di Antonio Decaro e Roberto Fico con un ampio divario rispetto agli avversari.
Dunque, con il centrosinistra unito la maggioranza in Senato sarebbe a rischio: nel Mezzogiorno Pd e M5S potrebbero strappare al centrodestra fino a diciotto collegi. Nel dettaglio, secondo l’istituto di ricerca guidato da Lorenzo Pregliasco, tra i 20 collegi uninominali non vinti dal campo largo nel 2022 ce ne sono sei in cui Pd, M5S, Avs e Iv uniti sono favoriti, di cui quattro in Campania e Puglia. A questi se ne aggiungono dodici contendibili, di cui quattro sempre in Campania e Puglia. Alla luce dei 120 senatori eletti dal centrodestra su 200, più i senatori a vita, questi diciotto collegi «potrebbero determinare la differenza tra un’altra vittoria netta nel 2027 della coalizione guidata da Giorgia Meloni e una situazione in cui nessuna coalizione otterrebbe la maggioranza a palazzo Madama, con conseguente rischio di ingovernabilità», come sottolinea il dossier di Youtrend.
Ed è sulla base di questo rischio «instabilità» che il centrodestra vorrebbe modificare l’attuale legge elettorale con un proporzionale con premio di maggioranza per la coalizione che vince e arriva al 40% e l’abolizione, appunto, dei collegi.
Lo ha annunciato Giovanni Donzelli, il responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, quando lo spoglio delle
regionali era ancora in corso e la vittoria del centrosinistra schiacciante, e lo ribadisce chi nel centrodestra sta seguendo il dossier, come Stefano Benigni di Forza Italia: «Nelle elezioni del 2022 il centrosinistra era diviso. Se nel 2027 non si dovesse presentare quella fotografia, sarebbe difficile garantire la formazione del nuovo governo». Parole che fanno il paio con quelle del braccio destro di Giorgia Meloni e che non nascondono una possibile debolezza per il centrodestra nelle urne.
Al netto del fatto che tra i partiti di maggioranza ci sono stati per adesso incontri bilaterali, simili ad abboccamenti, adesso sarebbe arrivato il momento di accelerare. C’è anche chi vorrebbe presentare un testo già a inizio anno, una volta chiusa la legge di Bilancio e prima del referendum sulla separazione delle carriere. Per poi chiudere una volta incassato il sì alla riforma della giustizia. Oppure prendere più tempo e cercare consensi anche tra le file delle opposizioni, soprattutto in quelle del Movimento 5 Stelle, che vede di buon occhio un sistema proporzionale secondo i piani del governo. Il nodo rimane il nome del candidato premier da indicare o meno sulla scheda. Forza Italia, ribadisce il portavoce azzurro Raffaele Nevi, «è affezionata al
metodo attuale e cioè chi prende più voti va a fare il presidente del Consiglio».
Insomma, per il segretario di +Europa Riccardo Magi «la destra vuole fare il “meloncellum”» e il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia, spiega che si vuole cambiare la legge elettorale «per mantenere il potere». Perché, non ha dubbi il leader di Iv Matteo Renzi, «con quella attuale perde».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
IL NERVOSISMO DEI GERARCHI E’ ORMAI EVIDENTE
Se avessi un dollaro per ogni volta che ho sentito la frase “il vento sta cambiando” sarei milionario, quindi lascerei da parte gli entusiasmi troppo facili e mi concentrerei sui dati reali: chi governava le regioni prima delle elezioni le governerà anche dopo, un buon pareggio è meglio di una sconfitta. Eppure dire che niente è cambiato è sbagliato tanto quanto, perché risulta innegabile che la situazione è in movimento, e il dato che colpisce più di tutti è questo: l’invincibile armata di Giorgia Meloni non è invincibile per niente, anzi risulta piuttosto fragile. Considerava contendibile la Campania, dove ha perso per decine di punti, e vagheggiava di un sorpasso veneto sulla Lega, dove è stata più che doppiata grazie al candidato leghista meno salviniano che c’è, Luca Zaia.
Il nervosismo dei gerarchi è palpabile, a cominciare dall’ineffabile Donzelli che a urne appena chiuse già prospetta di cambiare la legge elettorale che, sia detto en passant, è una cosa che porta un po’ sfiga, perché tradizione vuole che chi ha cambiato la legge elettorale per vincere le elezioni, quasi sempre poi le ha perse.
Siccome l’analisi del voto è una faccenda complicata che richiederà tempo, calcoli e analisi raffinate, fermiamoci un passo prima, alla distanza tra il mondo come viene descritto dalla propaganda governativa e il mondo com’è, distanza piuttosto siderale. Uno dei refrain più gettonati dell’ultimo anno, per esempio, era la formuletta magica che “con un’opposizione così, Meloni governerà per altri x anni” (inserire cifra a piacere che va dai decenni ai secoli), ed ecco che all’improvviso la formuletta non funziona più. Questo dipende forse dal fatto che il Paese reale è un po’ diverso da quello che ogni sera ci viene raccontato a reti quasi unificate. Un paese garrulo e felice, dove tutto va a gonfie vele, l’economia tira, l’occupazione cresce, civiltà e progresso procedono a braccetto a passo di carica, le agenzie di rating ci promuovono e il/la premier viene osannato/a ogni volta che compare sulla scena: mi scuso per aver descritto così in fretta il Tg1. Ma insomma, certe cronache e certe analisi ricordano da vicino, in caricatura e in sedicesimo, alcuni regimi tragicomici dove si sbandierano successi (per pochi) per coprire il disastro (per tutti gli altri).
Nella narrazione corrente aveva dunque preso piede una specie di monito: “Uscite con le mani alzate”, che prevedeva un totale fallimento della linea Schlein nel Pd e un mesto tramonto di Giuseppe Conte su cui da anni si esercitano sarcasmi e ironie.
Insomma, a perdere malamente le Regionali – pur pareggiando – non è solo Meloni e la sua truppa di squinternati, ma anche i teorici del “troppa sinistra”, i centristi che vagheggiavano l’assalto alla segreteria.
La buona notizia, dunque, non è tanto il risultato, l’onorevole pareggio, ma la sensazione che la propaganda non risolva proprio tutti i problemi e che far sfilare in cerchio le truppe possa sì farle sembrare molto numerose, ma soltanto ai fessi che ci cascano. Gli altri, i pochi che vanno a votare, vedono un altro Paese, quello reale, dove Giorgia Meloni è battibile nonostante la capillare occupazione di ogni spazio di potere disponibile.
(da ilfattoquotidiano.it)
argomento: Politica | Commenta »