Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
MACCHINE FOTOGRAFICHE, ARREDI, CANCELLERIA, FERRAMENTA, ELETTRODOMESTICI, LIBRI
Macchine fotografiche, apparecchi audio-video per conferenze stampa e riunioni, libri e
brochure, articoli di cancelleria ma anche ferramenta, elettrodomestici e arredi per gli uffici. Se non è un’adesione al black friday (il giorno dei saldi), poco ci manca. A un mese dal Natale, Palazzo Chigi ha deciso di abbonarsi ad Amazon Business, il servizio che l’azienda di Jeff Bezos fornisce a imprese su milioni di prodotti, sconti su misura, spedizioni gratuite e il monitoraggio delle statistiche di acquisti. Obiettivo: comprare – nel modo più efficiente e “scontato” possibile – tutto ciò che serve ai dipartimenti della Presidenza del Consiglio. Per abbonarsi al servizio, Palazzo Chigi ha deciso di spendere 135 mila euro di cui 90 mila subito per due anni e altri 35 in caso di rinnovo per i dodici mesi successivi.
Lo prevede una delibera che risale all’8 ottobre scorso firmata dal Dipartimento dei Servizi Strumentali di Palazzo Chigi, l’area che si occupa degli acquisti della presidenza del Consiglio. La delibera di quattro pagine specifica quali saranno i settori su cui si potranno attuare i servizi di Amazon: fotografia e ottica, audio e video, libri e pubblicazioni, ferramenta, consumabili da copia/stampa, carta, piccoli e grandi elettrodomestici, prodotti informatici, periferiche e accessori. Ma anche mappe, dizionari e vocabolari sugli appalti. Tra i settori interessati ci sono anche gli arredi per ufficio (per la sala conferenza, biblioteca, interni per edifici e tende) per abbellire le stanza di Palazzo Chigi.
I settori su cui verranno fatte le maggiori spese sono quelli legati
all’arredo e alle apparecchiature informatiche, di telecomunicazione e radio televisione, si legge nella delibera. Per la voce relativa al funzionamento degli uffici saranno spesi 54.900 mila euro, per quelli di arredo e rappresentanza 27.450, stessa cifra anche per le apparecchiature informatiche. 109 mila euro per l’abbonamento da qui al 2027 a cui si aggiungeranno altri 35 mila in caso di rinnovo per il terzo anno. Fondi che saranno trovati dal bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
L’INCHIESTA DEL CORRIERE DELLA SERA
Le banche, come è noto, si fanno pagare per ogni servizio che offrono. Non regalano nulla. E allora, cosa ci fanno con la nostra profilazione «sofisticata»? Andiamo con ordine. Per aprire un conto corrente, stipulare un mutuo e, in generale, diventare cliente di una banca, bisogna firmare l’informativa sulla privacy. Fino a dieci anni fa – prima che entrasse in vigore il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (qui il Gdpr) – erano un paio di paginette (qui un’informativa utilizzata fino al 2016) nelle quali veniva sintetizzato in che modo la banca avrebbe utilizzato i nostri dati. Nel 2025, in nome della trasparenza le informative, per esempio, di Bnp Paribas sono diventate di 8 pagine (qui), quelle di Intesa raggiungono le 17 pagine (qui). Alzi la mano chi le legge per esteso. Anche perché il linguaggio
è tecnico e servirebbe un traduttore. Eppure, con l’impiego dell’intelligenza artificiale, oggi i nostri dati vengono spolpati e trasformati in nuove informazioni dal valore commerciale enorme, che finisce interamente nelle tasche delle banche. Insieme al concetto di «privacy». Vediamo come.
Cosa sanno le banche
Qualunque operazione tu faccia, la banca memorizza ogni dettaglio: indirizzo email, il telefono tuo e di tua moglie, per chi lavori, quanto guadagni, che auto guidi, che telefono usi, se sei divorziato, che lavoro fanno i tuoi figli, la tua geolocalizzazione (dove vai e a che ora) . E visto che raccoglie nomi, indirizzi e contatti dei beneficiari di ogni bonifico, pagamento elettronico, e acquisti online, la banca può sapere perfettamente come spendi i tuoi soldi, le tue abitudini, i tuoi vizi: se giochi ai cavalli o guardi Onlyfans, achi fai beneficenza, se paghi la tessera di un partito o le cure in una clinica, e quindi informazioni sul tuo stato di salute e quello della tua famiglia. Si tratta, in alcuni casi, di dati particolarmente sensibili che il regolamento europeo (qui, art 9) impone di maneggiare con cura e solo con il tuo consenso. A queste informazioni la banca ci aggiunge quelle che raccoglie dalle banche-dati pubbliche e private (camera di commercio,
registro delle imprese…), quelle che compra dai data-broker (qui l’inchiesta di Dataroom) e quelle che rastrella da siti web e pagine social.
Uso dei dati e consenso
Ci si aspetterebbe che questi dati vengano usati solo per darti i servizi che chiedi; per controllare il tuo merito creditizio, cioè verificare se sei un bravo pagatore in caso volessi stipulare un mutuo; per gli obblighi di legge su entrate e uscite che possano far sospettare riciclaggio di denaro, corruzione o finanziamento di organizzazioni terroristiche. In realtà le informative si chiudono (qui un esempio) chiedendoti il consenso per tre finalità: 1) profilazione, 2) venderti prodotti della banca, 3) cedere i tuoi dati ad altre società che a loro volta cercheranno di venderti qualcosa.
1) La profilazione. Modelli algoritmici, di intelligenza artificiale, e programmi predittivi, pescano a strascico tutte le informazioni e le rielaborano, per incasellarti in gruppi di clienti sempre più ristretti e dettagliati, in base a come spendi i tuoi soldi e a chi li riceve: hobby, interessi, viaggi, stili di vita, se ti sposti in treno, cosa compri online, se hai appena cambiato casa o sei diventato genitore, qual è la tua compagnia telefonica o il tuo fornitore di
energia. Alcuni istituti di credito, come Bnl (qui) analizzano le parole che ritrovano in email e chat che il cliente scambia con la banca, e registrano le telefonate in modo da studiare tono della voce e frequenza audio per associarti delle emozioni e capire la tua reazione ai prodotti e servizi che ti vengono proposti. La chiamano «sentiment analysis». L’utilizzo viene riassunto nella definizione vaga di «studi statistici e indagini di mercato». Ma profilarti serve soprattutto a capire di cosa hai bisogno adesso, e prevedere ciò che farai in futuro.
2) Il marketing. Visto che ti ha appena profilato, conosce i tuoi bisogni e debolezze: se sei a corto di liquidi, ti proporrà un prestito; se ti è nato un figlio l’assicurazione. E con i modelli predittivi sa se stai per cambiare banca o se da un momento all’altro potresti disinvestire i tuoi risparmi, e allora andrà alla carica per tenerti stretto o venderti nuovi prodotti. Tutto questo si traduce in lettere, email e soprattutto telefonate da call center.
3) Cessione a terzi. Quasi tutte le banche condividono i dati con aziende diverse, e possono essere centinaia: assicurazioni interessate a sapere se stai per comprare casa, società di fornitura di energia e gas, compagnie telefoniche. Negli elenchi delle «terze parti» (qui un esempio) abbiamo trovato di tutto:
autonoleggi, investigatori privati, siti web, perfino aziende agricole e società di catering.
Se alla fine dell’informativa barri su «acconsento», la banca cede i tuoi contatti, i prodotti bancari che usi, e la tua profilazione ad aziende con le quali ha stretto accordi commerciali, che sono autorizzate a usarli per mandarti sms, lettere, e bombardarti di telefonate per venderti qualcosa, o chiederti di cambiare operatore e diventare loro cliente. E se il cliente è anziano è più facile convincerlo a sottoscrivere un contratto.
Se invece barri «non acconsento», i tuoi dati sono al riparo. Ma solo in teoria. L’Ue (qui) dice infatti che la banca può comunque usare i tuoi dati senza chiederti il permesso, se ravvisa un suo «legittimo interesse».
Il legittimo interesse
E così, per il legittimo interesse può fare quello che tu preferiresti non faccia: mandarti email (soft spam) per proporti investimenti e altri servizi purché non siano troppo diversi da quelli che hai stipulato in passato; telefonarti e inviarti messaggi in app per valutare la tua soddisfazione. Sempre per legittimo interesse, la banca può usare i tuoi dati per addestrare i suoi modelli algoritmici di intelligenza artificiale a scovare nuovi
modi per profilare te e gli altri clienti, e a capire quali prodotti è più probabile che acquisterete.
Nonostante l’articolo 12 del regolamento sulla privacy dica che le informative devono essere «semplici e chiare», spesso il legittimo interesse è incomprensibile. BPer, ad esempio, scrive che userà i tuoi dati anche «ai fini di valutazione dei rischi ESG; analisi per definire strategie e politiche ESG, nonché ai fini del Report TCFD e Report PRB». Tradotto: li userà per misurare quanto è rispettosa dell’ambiente, inclusiva, trasparente. Ma chi lo capisce?
Possiamo opporci?
In qualunque momento si può negare il consenso alla profilazione sofisticata e alla cessione dei tuoi dati. Al legittimo interesse, invece, ti puoi opporre scrivendo alla banca, che dovrà interrompere il soft spam, ma per gli altri utilizzi possono dirti di no, se ritengono che il loro interesse prevalga sul tuo. Per non ricevere chiamate puoi iscriverti al registro delle opposizioni, che però è una inutile perdita di tempo perché sappiamo che non funziona. Senza contare che puoi trovare il funzionario che ti dica «devi acconsentire alla profilazione altrimenti l’ufficio mutui non riesce a lavorare la pratica». È successo a noi quando
abbiamo provato a chiedere un mutuo in una filiale padovana. Ma può anche capitare che ti venga consegnata l’informativa con le caselle già tutte barrati su «acconsento». Sono comportamenti illegali, da denunciare al garante della privacy (sic!).
Il futuro dei nostri dati
L’Europa tutela i dati personali molto più di quanto accade in altre parti del mondo. Ma nell’era dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi che si addestrano dando loro in pasto milioni di informazioni, le nostre big tech stanno rimanendo indietro rispetto ai concorrenti americani e cinesi. Il risultato si riflette sul Digital Omnibus, il pacchetto di riforme presentato dalla Commissione europea che punta proprio ad allargare le maglie del Gdpr e a estendere l’uso dei dati per l’addestramento dell’Ai. Resta il tema di fondo: mentre Google, Meta, Amazon e qualunque App ci offrono servizi gratis e in cambio ci profilano per vendere i nostri dati, la banca non ci regala niente: paghiamo la gestione del conto corrente, le commissioni sui bonifici, sugli investimenti, sulle carte di credito, gli interessi sul mutuo, ecc. Allora, visto che usa i nostri dati più personali (e parliamo, dati Fabi, di 48.110.106 conti correnti) per sviluppare i suoi programmi di intelligenza artificiale finalizzati a risparmiare i
costi sul personale e a venderci più prodotti, sarebbe opportuno restituirci qualcosa. Spetta alla massima autorità di vigilanza, cioè Banca d’Italia, misurare il fenomeno, valutarne i benefici economici, e poi magari disporre l’obbligo di abbassarci per esempio la commissione sulla gestione del conto corrente.
Milena Gabanelli e Andrea Priante
(da corriere.it)
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Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
GLI STIPENDI PIU’ BASSI DELLA MEDIA EUROPEA E I PREZZI ALTI SONO FRENI ALLO SVILUPPO – E POI LA CONCORRENZA “CHE NON È UNA PRIORITÀ DI QUESTI ULTIMI ANNI”, LA “SCARSA FORMAZIONE” DEI LAVORATORI, LE IMPRESE “TROPPO PICCOLE” E GLI INVESTIMENTI INSUFFICIENTI. ESAURITI ANCHE GLI EFFETTI DEL PNRR
L’Italia continua ad essere, insieme alla Germania, uno degli ultimi Paesi dell’Ue per
quanto riguarda la crescita dell’economia. Questi gli ultimi dati della Commissione europea sulla crescita del Pil nel terzo trimestre di quest’anno (prima cifra) e la stima per la crescita in tutto il 2025 (seconda cifra): Spagna +0.6, 2.9; Francia +0.5, 0.7; Paesi Bassi +0.4, 1.7; Italia +0.0, 0.4; Germania + 0.0, 0.2.
Tenere i conti in ordine mantenendo sotto controllo il deficit è una strada che certamente avvantaggia il Paese. Lo si vede nella riduzione dello spread che significa minor costo del debito per lo Stato e anche per le imprese.
Ma dobbiamo chiederci se questo non stia avvenendo al prezzo di rallentare la crescita. E ora che verranno meno le risorse del Pnrr (negli ultimi due anni un contributo di circa 30 miliardi di euro l’anno, quasi un punto e mezzo di Pil, che sono stati il motivo principale per cui la crescita è rimasta positiva) dovremo farci un’altra domanda: se non sia giunto il momento di destinare più risorse agli investimenti.
Perché la nostra economia non cresce? Stipendi troppo bassi e prezzi di beni e servizi troppo alti. I salari italiani sono bassi sia per il modo in cui sono determinati, sia perché sono troppo tassati.
La retribuzione media annuale netta per ciascun membro di una coppia senza figli in cui entrambi lavorano è 24,8 mila euro in Italia, 24,6 in Spagna, 32,5 in Francia, 39,6 in Germania, 43,9 in Danimarca, 47,9 nei Paesi Bassi, 85,6 in Svizzera (fonte Eurostat ). Sul lato dell’offerta i prezzi di alcuni servizi, l’elettricità in primis, sono alti perché chi li produce gode di una rendita che trasferisce su famiglie e imprese. Il governo potrebbe intervenire su entrambi i fattori, prezzi e salari, e così aiutare la crescita, ma non lo fa.
Una delle ragioni per salari molto più bassi della media europea (lo spiega quasi ogni settimana il prof. Marco Leonardi sul Foglio ) è il modo in cui avviene la contrattazione fra sindacati e imprese.
Nel mercato elettrico le rendite derivano dal modo in cui si forma il prezzo. Le fonti di energia (dall’idroelettrico al gas) hanno costi molto diversi: quasi zero l’idroelettrico se — come per lo più accade, le dighe sono vecchie e ormai ammortizzate — molto più alto il gas che dipende dal mercato spot
Amsterdam. Ma il prezzo dell’elettricità è unico e non tiene conto delle diverse fonti dell’energia. Riformare il mercato elettrico è difficile ovunque, non solo in Italia, anche perché grandi rendite creano potenti lobby.
Ma consentire che queste rendite si scarichino su consumatori e imprese, taglieggiando il potere d’acquisto dei salari e frenando la crescita non è accettabile. Anche di questo il governo pare non volersi occupare. Pensate al costo delle comunicazioni. Oggi, grazie a WhatsApp , Signal e simili app, telefoniamo praticamente gratis: è cambiato il mondo rispetto ai tempi in cui il telefono era gestito da Telecom Italia, un monopolista che incassava ricche rendite trasferendole sulle nostre bollette telefoniche.
Le ragioni per cui la nostra economia non cresce sono anche strutturali. Innanzitutto la concorrenza non è una priorità di questi ultimi anni. E poi scarsa formazione dei lavoratori, imprese troppo piccole etc. Anche queste ragioni devono essere affrontate e più tardi si comincia, più tardi i prezzi scenderanno, i salari aumenteranno e quindi la crescita riprenderà. A fronte di questi dati il governo, dalla presidente del Consiglio ai suoi ministri, dovrebbe spiegare perché ripete, ogni giorno, che la
nostra economia conosce un momento di grande vitalità.
Francesco Giavazzi
per il Corriere della Sera
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Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
“PERCHÉ HO DECISO DI FARE IL CUOCO? PERCHÉ MIO PADRE NON MI HA LASCIATO FARE IL PITTORE” … “QUANDO ARRIVAI A ROMA NEGLI ANNI ’90 MI FACEVO CAPIRE A GESTI. PER STUDIARE I PIATTI DELLA CUCINA ITALIANA ANDAVO A MANGIARE NELLE TRATTORIE A CONDUZIONE FAMILIARE”
Seduto nel salotto de «La Pergola», il ristorante che guida dal 1994 al nono piano dell’hotel Cavalieri Waldorf Astoria di Roma, Heinz Beck sta assaggiando tutte le preparazioni che la sera usciranno dal pass. Arrivato da Monaco 31 anni fa senza parlare una parola di italiano né conoscere un singolo piatto della cucina tricolore, Beck, classe 1963, è il primo e unico chef tedesco ad aver preso nel nostro Paese le tre stelle Michelin.
Ha appena ricevuto dalla Michelin il premio di chef Mentor. Che effetto le fa?
«Sono felicissimo: è un traguardo che ti dà lo stimolo per andare avanti, perché investire nei giovani non è tempo perso. I giovani
sono fondamentali, senza di loro non andiamo da nessuna parte. Dobbiamo farli crescere, sognare, volare».
C’è ancora voglia di fare questo lavoro?
«Magari un po’ meno, ma chi ne ha, ne ha davvero».
A fine novembre festeggia vent’anni da tristellato.
«Abbiamo preso le tre stelle in diretta tv: l’inviato di Porta a Porta era con noi in cucina, mentre in studio da Vespa c’era un portavoce della Michelin. Diede l’anticipazione mentre stavamo lavorando. Ci fu un momento di silenzio, tanto che staccarono il collegamento. Un attimo dopo, il boato: festeggiammo tutta la notte con i clienti»
Vespa l’ha più visto?
«Spesso, una volta mi ha anche invitato a cucinare nella sua tenuta in Puglia. È gentilissimo e non se ne approfitta mai: paga sempre il conto».
Dei 15 tristellati italiani siete il quarto più longevo dopo «Dal Pescatore» (1996), «Alajmo» (2003) ed «Enoteca Pinchiorri» (2004). Come si mantiene questo risultato?
«Ci prendiamo dei rischi, cambiamo spesso: facciamo anche 60 piatti nuovi all’anno. Da quando abbiamo aperto, l’1 agosto 1994, si sono susseguiti cinque diversi concept di cucina con
dietro tanta ricerca. Quello di adesso lo definirei leggero, salubre, dai profumi mediterranei».
Funziona?
«Abbiamo tre-quattro mesi di lista d’attesa. Anche se arriva il cliente vip si rispetta l’ordine di prenotazione, non facciamo favoritismi».
Lei è proprio tedesco…
«In realtà mi sento più italiano che tedesco: non si può scegliere dove nascere, ma si può scegliere dove vivere. Dovevo fermarmi a Roma due anni, ne sono passati 31».
Di cucina italiana non sapeva nulla.
«E nemmeno di italiano: mi facevo capire un po’ in inglese, un po’ a gesti. Per studiare i piatti andavo a mangiare nelle trattorie a conduzione familiare. Mi inventai subito un tortino di fave e pecorino, una coda alla vaccinara con il cacao, un semifreddo al Parmigiano. Andò bene: la prima stella arrivò nel 1996, la seconda nel 2001».
Ricordi da giovane chef?
«Si lavorava tantissimo, però si imparava altrettanto. Oggi, giustamente, quegli orari non si chiedono più ai ragazzi, ma l’altra faccia della medaglia è che mi arrivano cuochi di 22 anni
incapaci di fare un arrosto. Non riescono a cuocere un cosciotto di agnello senza sonda. Allora mi prendo del tempo e lo insegno a tutti. Uno chef deve avere questo bagaglio: può capitare di preparare qualcosa che non sia il piattino decorato».
Perché è diventato cuoco?
«Perché mio padre non mi ha lasciato fare il pittore».
Sua moglie, Teresa Maltese, è anche sua socia.
«L’ho conosciuta qui in hotel. Si occupava di Guests relations dopo aver studiato ospitalità in Svizzera. Sarebbe dovuta andare a Parigi, ma non c’era posto, perciò si è ritrovata a Roma. L’ho corteggiata fin da subito e in meno di un anno, il 5 gennaio 2001, ci siamo sposati nella chiesa di San Cataldo, a Palermo. Nel 2005 abbiamo aperto una società, la Beck & Maltese consulting, che gestisce i nostri progetti».
Clienti vip che ricorda?
«Da noi sono venuti tutti: Ratzinger, da cardinale, ha festeggiato qui i 70 anni. Lo conoscevo perché era arcivescovo quando lavoravo a Monaco. Oprah Winfrey ha seguito il programma Weight Management a Palazzo Fiuggi, dove curo il menu della Spa. Una volta pranzò da noi Rita Levi Montalcini: mangiò poco, ma amò i fiori di zucca con il caviale. J.K. Rowlin ordinava sempre i fagottelli alla carbonara. L’attore Mark Wahlberg è un amico, a Los Angeles vado a casa sua. Angela Merkel l’ho conosciuta a Bruxelles con Michelle Obama. Cucinavo per la Commissione europea: mi chiese se volevo una foto con lei. Poi disse: “Però si tolga il pass”».
Di recente ha cucinato per Giorgia Meloni.
«Un menu romano per la candidatura della cucina italiana all’Unesco: cacio e pepe con spuma di erbe, agnello, maritozzi. Era contenta».
Ha un sogno?
«Non mi manca niente, ma con Teresa stiamo valutando una struttura tutta nostra, magari a Palermo. Vediamo».
Heinz, non stacca mai?
«Poco: lavoro sedici ore al giorno da sempre, ma non mi lamento. Ognuno nel team ha il suo carico: io sono il capo. Certo, potrei ritagliarmi più tempo, un equilibrio non l’ho ancora trovato. Also : potrebbe essere il prossimo obiettivo».
(da agenzie)
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Novembre 26th, 2025 Riccardo Fucile
L’AGO DELLA BILANCIA SAREBBE LA CNN SU CUI IL MAGNATE DELLA TECNOLOGIA LARRY ELLISON E SUO FIGLIO DAVID, PROPRIETARI DI PARAMOUNT SKYDANCE, VOGLIONO METTERE LE MANI: UN “FAVORE” A TRUMP CHE DA ANNI VUOLE “ADDOMESTICARE” I GIORNALISTI DELLA RETE TELEVISIVA. È GIÀ SUCCESSO CON LA CBS
Secondo dirigenti dei media ben piazzati, Paramount Skydance ha la strada spianata per
acquisire Warner Bros. Discovery , e tutto ruota attorno a una rete via cavo che ha un rapporto problematico con Donald Trump .
Come riportato per primo dal Post, la battaglia per il controllo di WBD è ufficialmente iniziata giovedì a mezzogiorno, quando Paramount Skydance, Comcast e Netflix hanno presentato offerte per WBD, che possiede lo studio numero 1 di Hollywood e il terzo servizio di streaming, oltre a HBO e CNN.
In un colpo di scena per certi versi sorprendente, mi è stato detto che è la CNN ad essere considerata la chiave per dare alla
Paramount Skydance un vantaggio sugli altri offerenti.
Questo perché i proprietari di PSKY, il magnate della tecnologia Larry Ellison e suo figlio, il magnate di Hollywood David Ellison , sembrano essere gli unici offerenti finora interessati ad acquistare la sussidiaria di notizie via cavo WBD come parte dell’accordo. Considerano la CNN, con tutti i suoi pregi, un’attività molto redditizia che vale la pena salvare.
Nel frattempo, Trump vuole disperatamente che la CNN, i cui corrispondenti si scontrano regolarmente con lui alla Casa Bianca e sull’Air Force One, venga “neutralizzata” dalla sua copertura anti-MAGA, ha dichiarato di recente un alto dirigente dell’emittente.
E secondo lui, Larry Ellison, il miliardario finanziatore di Trump e co-fondatore del colosso del software Oracle , è il veicolo perfetto per mettere in riga la CNN.
Nello specifico, Trump vuole che gli Ellison facciano alla CNN quello che stanno facendo alla loro sussidiaria CBS dopo aver assunto Bari Weiss , la giornalista di centro-destra che ha ricevuto l’ordine di eliminare ogni pregiudizio di sinistra dalla sua programmazione giornalistica
Secondo alcune fonti, se Paramount Skydance vincesse la gara d’appalto, si prevede che il portfolio di Weiss si espanderebbe fino a includere anche la supervisione della redazione della CNN.
Da quando il Post ha diffuso per la prima volta la notizia di un’imminente asta WBD a settembre, il suo CEO, David Zaslav , un astuto mediatore, ha dichiarato di volere un accordo che “inizi con un 3”, ovvero un accordo valutato 30 dollari ad azione, ovvero 70 miliardi di dollari
Ciò può accadere solo con una vera e propria guerra di offerte, e gli addetti ai lavori dei media sono sempre più scettici. Innanzitutto, né Comcast né Netflix sborseranno probabilmente una cifra così elevata, perché stanno facendo offerte solo per alcune parti di WBD e non per l’intera azienda.
Vendendo parti della società, la WBD potrebbe essere colpita da una tassa nota come perdita fiscale, comune in tali transazioni di M&A, che ne abbasserebbe il valore
Poi c’è la montagna normativa che sia Comcast che Netflix devono scalare, e che Paramount non deve scalare. Brian Roberts è pronto a scorporare il suo canale via cavo anti-Trump, MSNBC, vanificando così alcuni dei problemi antitrust legati al consolidamento dei media.
Ma Trump non ha intenzione di perdonargli gli anni di abusi subiti da Rachel Maddow & Co.§
Di conseguenza, il pensiero degli avvocati che lavorano su tali accordi è che se Comcast vincesse la guerra delle offerte, il suo capo antitrust Gail Slater intenterebbe causa per bloccare l’accordo, concentrando una lunga indagine sul fatto che Comcast fonderebbe i suoi Universal Studios con Warner Bros.
Roberts può rivolgersi al tribunale per difendere la sua causa, e vale la pena notare che il governo ha una pessima reputazione in questo tipo di cause legali.
Tuttavia, stiamo parlando di quasi due anni di battaglie legali che il consiglio di amministrazione del WBD potrebbe ritenere non valgano la pena.§
Netflix si trova ad affrontare ostacoli simili perché vorrebbe unire il suo servizio di streaming numero 1 con quello numero 3 di WBD
E non dimentichiamo il suo bagaglio politico.
Mentre Roberts detiene l’albatro della MSNBC, Netflix è gestita da Reed Hastings e Ted Sarandos , che hanno dedicato anni a sostenere cause progressiste della Left Coast
Ecco perché gli Ellison credono di poterla fare franca pagando non più di 27 dollari ad azione per WBD, ben al di sotto della soglia dei 30 dollari ad azione di Zas.
(da agenzie)
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