Dicembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
AVS E M5S: “A RISCHIO IL PLURALISMO” – IL SOTTOSEGRETARIO ALL’EDITORIA ALBERTO BARACHINI CONVOCA I VERTICI DI GEDI E I CDR
“Le informazioni che circolano sulla vendita del gruppo Gedi sono allarmanti. Dopo
anni di scelte finanziarie che hanno progressivamente indebolito l’azienda, si arriva oggi alla cessione a un soggetto straniero che non offre garanzie su occupazione, prospettive future, qualità e pluralismo dell’informazione. Siamo estremamente preoccupati dai rischi di indebolimento o addirittura di smantellamento di un presidio fondamentale della democrazia”. Così la segretaria del Pd Elly Schlein. “Per questo siamo al fianco dei giornalisti e sosterremo ogni iniziativa volta a mantenere alta l’attenzione e ottenere chiarimenti”, aggiunge.
“La vendita de La Repubblica, La Stampa, Huffington, delle radio e dei siti web connessi all’armatore greco Kyriakou è un fatto che desta profonda preoccupazione anche per la qualità della nostra democrazia. L’operazione riguarda una trattativa tra l’erede del gruppo Gedi, John Elkann, e la società ellenica “Antenna Group”, controllata da Theodore Kyriakou, azionista principale e presidente del gruppo. Chi è Theodore Kyriakou?
Laureato negli Stati Uniti, amico del presidente Trump, con una sua foto sulla scrivania. Kyriakou può contare inoltre su un solido partner in affari: il principe saudita Mohammed bin Salman Al Saud, che tre anni fa ha investito 225 milioni di euro per acquistare il 30% di “Antenna Group”.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, all’inizio di quest’anno, ha guidato una visita di Stato in Arabia Saudita, conclusa con una dichiarazione che auspicava una nuova fase di cooperazione e sviluppo dei rapporti tra Italia e il regno del principe ereditario. Perché scrivo questo? Perché se la vendita dovesse avere questo esito, si aprirebbe un problema serio che riguarda i livelli occupazionali e, allo stesso tempo, la qualità della nostra democrazia. La concentrazione dell’informazione radiotelevisiva, della stampa e del web sarebbe infatti praticamente schierata sulle posizioni del governo e della sua presidente. Demolire uno strumento d’informazione che, fin dalla sua nascita, ha rappresentato un punto di riferimento culturale per i cittadini che si riconoscono nei valori progressisti sarebbe un fatto gravissimo, che dovrebbe destare un allarme immediato e che rischia di confermare una normalizzazione a destra degli spazi dell’informazione nel nostro Paese. Penso che chi ha a cuore la qualità della nostra democrazia non possa assistere passivamente a quanto sta accadendo”. Così in una nota Angelo Bonelli, parlamentare AVS e co-portavoce di Europa Verde.
“La preoccupazione principale nella vendita degli asset editoriali del gruppo Gedi riguarda chi ogni giorno lavora nelle redazioni, nelle radio e nei servizi digitali. Sono loro ad aver mantenuto vivi giornali e progetti editoriali, e oggi rischiano di subire le conseguenze di operazioni finanziarie decise dall’alto.
Servono garanzie concrete e immediate e il governo non può chiamarsi fuori, anche alla luce dei retroscena che chiamano in causa Giorgia Meloni e i suoi “abboccamenti” con l’editore Kyriakou. La nostra vicinanza va a tutti coloro che, con ruoli diversi, permettono ogni giorno la produzione di notizie e contenuti culturali. Al Paese serve un sistema editoriale solido, autonomo e capace di guardare al futuro, non un terreno di scambio tra investitori e gruppi economici”. Così gli esponenti M5S in commissione cultura.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
LA CITTA’ HA LA PIU’ ALTA CRESCITA DEI CANONI MEDI DI AFFITTO

Per ripararsi dal freddo delle notti modenesi hanno trovato riparo nei loculi vuoti del cimitero di San Cataldo. La storia la racconta e la documenta la Gazzetta di Modena. Nella zona monumentale
del cimitero, infatti, ci sono alcuni loculi vuoti a livello terra. E qui alcune persone che non hanno una casa hanno allestito dei giacigli di fortuna con coperte, cuscini e addirittura materassi.
Un’inchiesta del Sunia e della Cgil ha rilevato come Modena sia la città con la più alta crescita dei canoni medi delle stanze in affitto in un anno.
Sono passati in media da 385 a 506 euro, con un incremento del 31%. Sono stimabili in 4-5 mila le stanze in affitto, Il 67% dei canoni riferiti a stanze sono oltre i 400 euro. Tra questi il 40% oltre ai 500 euro, con punte di 900 euro per camere con bagno privato.
(da Open)
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Dicembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
I PIANI E GLI INCONTRI… CHI E’ E COSA VUOL FARE L’EDITORE
Vuole acquistare La Repubblica, è gradito a Giorgia Meloni, conosce Donald Trump e
Tony Blair. L’editore greco Theo Kyriakou, pronto a rilevare il gruppo Gedi, è apprezzato, lodato, dalla presidente del Consiglio. L’operazione non è ostile al governo. Meloni e Kyriakou hanno avuto modo di parlarsi, piacersi. Non significa nulla, può significare tutto. Il 26 settembre, l’editore greco, a capo del gruppo Antenna Group, ha annunciato ad Atene un partenariato con l’Atlantic Council. All’evento hanno partecipato il primo ministro greco Mitsotakis, il vice primo ministro del Regno Unito, Lammy oltre al ministro di stato del Qatar. Durante la conferenza Meloni si è videocollegata e ha “lodato la leadership di Kryiakou”. Lo stima. Tra i presenti c’era anche il nuovo ambasciatore americano ad Atene, Kimberly Guilfoyle. Lo riporta il quotidiano greco Tovima.com. Il gruppo Gedi sta trattando in esclusiva con Kyriakou e ha già rifiutato l’offerta di Leonardo Maria Del Vecchio.
Il cdr di Repubblica è stato informato da Gedi della trattativa che prosegue. Il comitato di redazione, ieri, si è riunito e ha proposto, tra le forme di protesta, un appello a Sergio Mattarella o una controfesta in occasione dei cinquant’anni del giornale. L’intenzione, dichiarata, del gruppo Gedi, dell’azionista di Exor, è chiara. Si predilige la via “greca”. Repubblikas.
Kyriakou viene ritenuto da Gedi un editore affidabile, le sue ambizioni concrete e reali perché rispetta le richieste di indipendenza e pluralità. L’operazione per alcuni viene data per chiusa, per altri è alle battute finali, per tutti, l’annuncio della possibile cessione non arriverà prima della festa dei cinquant’anni, il 14 gennaio 2026. Al momento di ufficiale c’è una trattativa, in esclusiva, con Kyriakou, scaduta il 30 novembre e riprorogata. Quello che non è mai stato scritto è che Kyriakou si è mosso da editore puro. Ha informato il governo. Ha cercato un’interlocuzione con Palazzo Chigi, e l’avrebbe avuta, per spiegare il suo piano, gli investimenti. Chi è Kyriakou? Viene da una famiglia di editori, è il figlio che si occupa solo di media. E’ un editore che non ama gli spifferi, neppure la formula “fonti”. Intende investire sul gruppo Gedi, in particolare sulle radio, perché è convinto che sia un business redditizio. E’ dell’opinione che sia necessario possedere più piattaforme: radio, quotidiani. Nel suo progetto italiano manca solo una rete televisiva e non si esclude possa essere uno dei prossimi obiettivi. In Italia ha come riferimento, come esempio da seguire, Urbano Cairo. Quando la trattativa per l’acquisto di Gedi è stata resa nota e si è iniziato a parlare di veti e golden power, Kyriakou ha scelto di muoversi istituzionalmente. Non si può usare la formula “fonti”, che all’editore greco non piace, e non si può usare neppure “chi è vicino al dossier”. Si usa dunque la formula, all’italiana: si parla. Si parla (e con verifiche) di contatti fra l’editore ed esponenti di primo piano del governo, sottosegretari. Sarebbero state conversazioni franche. L’investimento ha spiegato Kyriakou è interamente del gruppo, non ci sono fondi stranieri. Il governo non si è dichiarato ostile.
Si virgolettano parole di chi lavora e conosce la trattativa: “Kyriakou investe solo se gradito al paese dove investe altrimenti si sarebbe già dileguato”. Nelle interlocuzioni fra l’editore e i rappresentanti istituzionali sarebbero state formulate domande sulla linea editoriale. Kyriakou avrebbe risposto che non si snatura un giornale ma che servono quotidiani ordinati. I suoi modelli di sarebbero Le Monde e El Paìs. Vuole un giornale internazionale che si trasformi nel portale italiano nel mondo, con la versione in lingua inglese. La sua comunicazione, parca, è stata affidata all’agenzia Comin & Partners. Kyriakou ha già rilevato altri media risanandoli (Bulgaria, Inghilterra). In Italia punterebbe solo su un quotidiano, Repubblica. Gedi possiede anche La Stampa. I giornalisti di Repubblica, in assemblea, hanno sollevato dubbi. Parte della redazione preferirebbe la
proposta di Del Vecchio, rigettata da Gedi, perché sarebbe rispettata “l’italianità”. Oltre al gradimento del governo, Kyriakou ha il gradimento di Exor. Si vuole cedere un asset ma con “responsabilità”, come già fatto con Iveco rilevata da Tata. Kyriakou per Exor rispetta il parametro della responsabilità. Del Vecchio si sarebbe mosso tardi. Nel mondo sconquassato di Trump cambiano frontiere e mutano i media. Paramount è contesa da Warner e Netflix e Trump sogna, attraverso Paramount, di stravolgere la Cnn. In Italia un editore che rispetta i patti di non divulgazione sta provando ad acquistare un giornale che la sinistra non ha saputo difendere, maltrattato da chi lo ha ereditato, impoverito da chi voleva farne il Corriere e non è riuscito a farne neppure la mezza Repubblica di Ezio Mauro. Le firme sono state nascoste, l’allegria è nelle pagine del meteo, la polemica si fa nelle rubriche, le feritoie del pensiero laterale. L’unica che aveva capito come sarebbe andata a finire una Repubblica è stata Meloni. Kalispera, Repubblikas.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
DOMANI UN INCONTRO TRA I COMITATI DI REDAZIONE CON I VERTICI DI GEDI
La trattativa tra Gedi e il gruppo greco AntennaUno, guidato dall’armatore Theodore Kyriakou, scatena l’agitazione dei giornalisti. La Stampa oggi non è andata in edicola e il sito non è stato aggiornato fino alle 7 di questa mattina, giovedì 11 dicembre, a causa di un’assemblea permanente organizzata dai giornalisti. L’editore Exor, proprietario di Gedi dal 2019, ha annunciato l’intenzione di cedere tutte le attività del gruppo, comprendenti tra l’altro La Repubblica, La Stampa, il si
HuffPost e le radio Deejay e Capital. Le trattative sono in corso con il gruppo AntennaUno di Theodore Kyriakou, già noto nel settore dei media nei Paesi balcanici e con alcuni legami con l’Arabia Saudita. AntennaUno, a quanto trapela, è molto interessata alle radio del gruppo Gedi e al quotidiano La Repubblica, ma non sarebbe interessanta a La Stampa. Il quotidiano torinese dovrebbe quindi finire nelle mani di un altro compratore, che John Elkann starebbe cercando per chiudere l’operazione nel modo più rapido possibile
I collegamenti con bin Salman
Theodore Kyriakou può fare affidamento su un partner d’affari consolidato, il principe saudita Mohammed bin Salman, che tre anni fa ha investito 225 milioni di euro per acquistare il 30% di Antenna Group. Mohammed bin Salman è lo stesso principe ritenuto dalla Cia il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, ucciso nel 2018 all’interno del consolato dell’Arabia Saudita di Istanbul. Anche per questi precedenti, le voci su un accordo tra John Elkann e il gruppo editoriale in questione, fa discutere.
Giornalisti in agitazione
Il Comitato di redazione (l’organo che difende i diritti dei giornalisti) de La Stampa è in agitazione e ha motivato l’astensione dal lavoro denunciando l’assenza di garanzie: «Non è stata data alcuna garanzia sul futuro della testata, sui livelli occupazionali, sulla solidità del potenziale compratore e sulle attività comuni del gruppo», si legge nel comunicato. «”A tutti coloro che conoscono e apprezzano il modo in cui La Stampa fa giornalismo, e anche a tutti coloro che hanno provato a colpire questo giornale, si può rispondere con chiarezza: La Stampa
continuerà a informare i suoi lettori come ha sempre fatto con rigore, serietà e indipendenza”, diceva John Elkann meno di due settimane fa. Al contrario dell’editore, noi crediamo ancora in queste parole», chiosa il Cdr del quotidiano torinese. Domani è previsto un incontro tra i Comitati di Redazione de La Stampa, di Repubblica e della Sentinella con i vertici di Gedi.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
LA DELUSIONE DEGLI UOMINI IN DIVISA: ANDRANNO IN PENSIONE PIU’ TARDI, SEI MESI IN PIU’ DAL 2028… MALUMORI ANCHE SU STIPENDI E ORGANICI
Non è solo la Cgil a dire che l’incontro di ieri tra il governo e i sindacati del comparto
sicurezza è stato «un’occasione persa, solo promesse». Tutte le sigle – ben 46 in rappresentanza di forze armate, polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza, polizia penitenziaria e vigili del fuoco, per un confronto durato quasi quattro ore a Palazzo Chigi – concordano su un punto: no ai sei mesi in più per andare in pensione dal 2028.
E chiedono al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, presente al tavolo insieme ai ministri Piantedosi e Zangrillo, di cancellare la norma in manovra. La risposta su questa e altre richieste è stata negativa.
In pensione più tardi dal 2028: sei mesi in più
Il rifiuto sull’articolo 42, che porta l’età pensionabile in alto anche per chi lavora in strada, ha unito sigle tradizionalmente distanti tra loro. «Non è tollerabile che a chi ha servito lo Stato per trent’anni venga riservata una pensione da indigente», attacca il Coisp, sindacato vicino all’area Fratelli d’Italia. «L’aumento è in spregio alla specificità della divisa prevista dalla legge 183 del 2010», incalza il Sap, collocato in area Lega. Il Siulp, di area centrodestra, si unisce criticando l’assenza di impegni concreti. Mentre Silp Cgil, contrario alla manovra in più punti, definisce l’incontro «un nulla di fatto» e annuncia che i poliziotti, liberi dal servizio, aderiranno allo sciopero generale di venerdì 12.
Oltre alla pensione, il fronte delle critiche si allarga su straordinari non pagati, indennità ferme a 8 euro al giorno per l’ordine pubblico e organici carenti. «È urgente sbloccare i pagamenti del lavoro straordinario del 2024 e 2025», dice ancora il Coisp. Il Sap chiede «il ripianamento degli organici carenti di circa 10mila unità» e contesta «spese di missione tassate nonostante siano anticipate di tasca propria dagli operatori».
Per i vigili del fuoco, la Cisl Fns rivendica l’aumento delle risorse e la tutela della salute dopo l’allarme sulla presenza di sostanze cancerogene Pfas nei dispositivi di protezione. Altra richiesta emersa, quella di separare tavoli e regole negoziali tra sicurezza e difesa, sia per funzioni differenti sia per evitare che le logiche militari prevalgano sulle carriere e sulle previdenze delle forze civili. «Non si può trattare con lo stesso approccio comparti con missioni e ordinamenti profondamente diversi», avvertono i sindacati di polizia, vigili del fuoco e penitenziaria
Le non risposte del governo
Sul fronte delle risorse, il governo rivendica i fondi aggiuntivi già stanziati dalle manovre precedenti. E che «nuovi spazi potranno aprirsi solo dopo la chiusura della procedura europea per deficit eccessivo». Cita il decreto Anticipi, che copre straordinari e un semestre di arretrato contrattuale. Ricorda le 2mila assunzioni nella polizia penitenziaria e il piano da 11mila posti nelle carceri entro il 2027. Ma sulla previdenza dedicata e sull’aumento dell’età pensionabile, chiusura netta. Il governo non modifica la linea della manovra. E quindi mezzo anno in più dal 2028.
(da repubblica.it)
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Dicembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
TRA MASCHI TRIBALI IN TUNICA CON LO SPACCO E I TACCHI E OMOSESSUALITA’ LEGIONARIA, POCHI AUTORI DI RILIEVO
Come tanti altri lettori, non avevo mai sentito parlare di Passaggio al Bosco, così ho deciso di dare un’occhiata al sito di questa casa editrice che tanto ha fatto discutere e tanti litigi ha causato in queta edizione di Più Libri Più Liberi. Non è stato facile: il sito è tornato più o meno praticabile oggi. Fino a ieri, evidentemente, il server che lo ospita non era in grado di gestire questo flusso anomalo di visite, e per prima cosa mi appare un’avvertenza che recita: “Info dal magazzino. A causa delle centinaia di ordini pervenuti, l’evasione degli stessi richiederà 48/72 ore più del solito”: complimentoni al boicottaggio!
In home page, i primi quattro titoli che compaiono sotto la dicitura Bestsellers (nota: le parole straniere in italiano si scrivono sempre al singolare, quindi dovrebbe andare via quella
“s”, e non si capisce perché non usare la dicitura “i più venduti”: state tanto a parlare di identità nazionale e poi “bestsellers”, col sibilo finale). Il più venduto in assoluto, tanto da essere “esaurito”, è “L’ultima raffica” di Antonio Guerin (che a me sembrava uno pseudonimo, dato “Il Guerrin Meschino”, titolo di un’opera cavalleresca del 1410 di Andrea da Barberino, da cui prese il nome anche “Il Guerin Sportivo”, per sottolineare l’indole battagliera del giornale) ed è “il racconto, tormentato e commovente, di una pagina di storia della guerra civile. È la cronaca romanzata dell’eroica resistenza degli ultimi fascisti: un pugno di giovani volontari delle Brigate Nere, tra i quattordici e i diciannove anni, chiamati a presidiare un casolare tra le montagne del Nord Italia. Una storia di coraggio e di abnegazione che lascia ammutoliti, dove la vita e la morte si mescolano al senso dell’onore e al rispetto della parola data, all’amor di Patria e alla spartana volontà di donare se stessi”. Immagino che tutti conosciate i libri di Sven Hassel, una saga di romanzi di guerra i cui protagonisti sono nazisti, che cominciò con il bestseller “Maledetti da Dio” e che sono pubblicati da Rizzoli. Magari, chi cerca romanzi d’armi e di battaglie narrate da un punto di vista tedesco, potrebbe preferire “Nelle tempeste d’acciaio” di Ernst Jünger: «Un insopportabile lezzo di cadaveri si levava da quei ruderi, perché i primi bombardamenti avevano sorpreso gli abitanti nelle loro case, seppellendone un gran numero sotto le macerie prima ancora che avessero avuto il tempo di allontanarsi e di mettersi in salvo. Una bambina giaceva davanti a una porta in un lago di sangue».
Altro titolo che campeggia tra i bestseller(s) è “Psicologia Oscura – Sesso e Seduzione”. L’autore si fa chiamare “Diventa
Semidio” (Diventa, nome; Semidio, cognome) e dalla descrizione sembra, questo sì, “Cinquanta sfumature di grigio” venuto maluccio.
Abbiamo ancora: “La Via degli Uomini”, di Jack Donovan, che (fonte Wikipedia, ma probabilmente Wikipedia fa parte del complottone per annientare l’uomo vero che non deve chiedere mai – magari un consensino ci vorrebbe, che dite – e che si spruzza il Denim) è stato in vari momenti suprematista bianco, per la privazione dei diritti delle donne (hai capito), è stato affiliato ai Lupi di Vinland, associazione neopagana norrena. Ovviamente gli piace fare ficchi ficchi con altri uomini, ma ha voluto ribaltare il concetto di gay, nel libro “Androphilia: A Manifesto: Rejecting the Gay Identity, Reclaiming Masculinity”; insomma, lui non è gay ma è amico dei maschi. Ha lavorato nei gay club come ballerino, ha scritto di argomenti legati al satanismo (immagino come traslitterazione moderna della vikinghitudine), si è definito “tribalista maschile” (molto ficchi ficchi) e ha promosso una versione della supremazia maschile che si concentra sul suo odio per l’“effeminatezza”, il femminismo e la debolezza, insomma tutta quella estetica un po’ legionaria, un po’ Foro Italico (più nel senso di foro che nel senso di italico) che ben conosciamo, ma che infine, voglio dire, sono gli operai sudati muscolosi, e i poliziottoni e gli indiani… insomma è un Village People. La prefazione è di Francesco Borgonovo. Olè.
Si finisce la rassegna dei bestsellers con “L’inganno antirazzista”, solito libro contro il multiculturalismo che ucciderebbe l’identità dei popoli (cose che, essendo siciliano, mi interessano poco: qui siamo tutti un po’ imbastarditi)
Vabbè, questo, accompagnato da una grafica sempre molto Foro Italico–legionaria, dovrebbe essere un po’ il “mainstream” della casa editrice: nostalgici guerriglieri che ricordano al bar quando erano in guerra e come erano battaglieri e feroci; culturisti che con la scusa della “tribù” e dell’antifemminismo giocano alla cavallina tra loro (anche se loro sostengono – legittimamente – che giocare alla cavallina tra maschi è una maniera per tornare alle vere radici dell’identità maschia e guerriera – suppongo); un po’ di Mister Gray che sottomette Anastasia; un po’ identità italica pura DOC, DOCG e pure DOP.
Niente che potesse interessarmi davvero.
Così ho fatto un giro nelle numerose collane, dove si fa dall’arte battagliera a quella guerrigliera urbana: sport, molto sport, così ti viene il corpo sano intorno alla mente sana; vari riti del solstizio, inni al sole, tuniche, tunichette, falò, spiriti vari della terra, tradizioni e certo molte radici, ritorni e controritorni, il tutto sotto l’egida di questo nome “Passaggio al Bosco”, che altro non è che il titolo di un libro di Ernst Jünger, pubblicato da Adelphi con il titolo “Trattato del Ribelle”.
Ecco, saliamo un po’ di livello. Diciamo che non ho trovato nulla che potesse completare la lista degli autori che conosco bene, e che ho trovato tranquillamente in case editrici molto meno right oriented. Carl Schmitt l’ho letto in Adelphi e in edizioni Il Mulino. Martin Heidegger viene pubblicato ovunque. Ernst Jünger anche. Gottfried Benn molto in Adelphi, Mircea Eliade molto in Bollati Boringhieri, e anche Jaca Book, e qualche Edizioni Mediterranee. Ezra Pound – andiamo veloce – Louis-Ferdinand Céline, Julius Evola, René Guénon, Emil Cioran, Georges Bataille, persino Knut Hamsun si trovano editati e pubblicati in case editrici non schierate, o addirittura schierate a sinistra. Ecco, dopo quest’oretta trascorsa a passeggiare nel boschetto villoso di “Passaggio al Bosco”, sono rimasto con due impressioni.
La prima – certo, posso sbagliarmi – è che Zerocalcare legge solo fumetti. La seconda è che “Passaggio al Bosco” sia un po’ una Adelphi che non ce l’ha fatta.
Ottavio Cappellani
(da mowmag.c)
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Dicembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
“SE SO’ MAGNATI PURE QUELLI?” LE DUE FIGURE SIMBOLO DELLA NATIVITA’ MANCANO ALL’APPELLO NEL PRESEPE ALLESTITO A MONTECITORIO MENTRE I RE MAGI SONO ARRIVATI IN ANTICIPO
Il presepe allestito all’ingresso della Camera dei deputati per le festività natalizie ha
qualcosa di strano. Il bue e l’asinello, due figure simbolo della Natività secondo la tradizione, non ci sono. E questo vuoto non è certo passato inosservato agli occhi dei parlamentari. L’assenza dei due animali ha aperto un vero e proprio dibattito tra chi difende la tradizione e chi interpreta il presepe come un’opera d’arte suscettibile di libera interpretazione, riferisce Adnkronos. «Il bue e l’asinello sono il presepe, anche se i Vangeli non ne parlano», commentano i deputati più ortodossi, mentre i colleghi laici replicano: «Sì, è vero, ma siamo davanti a un’opera d’arte, e il Natale può essere liberamente interpretato».
«Sono spariti bue e asinello? Si sono magnati pure quelli…»
Tra i tradizionalisti, però, l’assenza degli animali ha provocato ulteriori osservazioni: «Va bene tutto, ma come la mettiamo con la presenza anticipata dei Re Magi?».
La voce dell’assenza del bue e l’asinello si è diffusa molto a Montecitorio e dibattito tra sacro e profano ha trovato anche un momento di ironia: «Sono spariti bue e asinello? Si sono magnati pure quelli…», ha scherzato un cronista parlamentare.
Anche il Pd contro l’assenza dell’asinello e il bue
Federico Fornaro, presidente della Giunta delle elezioni della Camera ed esponente Pd, ha espresso stupore per la scelta. Prima
con un sorriso: «Non è possibile, capisco i problemi energetici ma un po’ di caldo dobbiamo garantirlo al nascituro…», poi in tono più serio: «Il presepe è il presepe, quello della tradizione prevede il bue e l’asinello, due statuine che non possono assolutamente mancare».
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
UN NUMERO CHE FA A CAZZOTTI CON L’EMERGENZA ABITATIVA E LE TROPPE PERSONE CHE NON HANNO UN TETTO SULLA TESTA
Sono 8 milioni e mezzo le case inutilizzate in Italia, il 25,7% del totale delle abitazioni intestate a persone fisiche. Per l’82,9% degli italiani è la paura di non rientrare in possesso della propria abitazione in caso di morosità dell’inquilino a trattenere i proprietari dal dare in affitto gli immobili. Oltre 691.000 sono le strutture ricettive per affitti brevi: il 71% sono alloggi privati gestiti in forma non imprenditoriale.
È quanto emerge dal quarto Rapporto Federproprietà-Censis ‘Case dormienti, una ricchezza sommersa. Proposte per risvegliare il mercato degli affitti non turistici in Italia», realizzato in collaborazione con Fimaa Italia, Immobiliare.it e
Locare srl, con il contributo scientifico dell’Enea-Dipartimento Unità Efficienza Energetica (Duee)
In dettaglio a Roma per 1.000 abitanti nell’area del Centro Storico gli annunci per affitti brevi sono 105, la media cittadina è 12; a Milano per 1.000 residenti nel Centro Storico ci sono 35 annunci, con una media cittadina pari a 13; a Firenze per 1.000 abitanti gli annunci per affitti brevi nel Centro storico sono 139, mentre sono 33 a livello comunale; a Venezia per 1.000 abitanti gli annunci di affitti brevi nell’area Venezia-Burano-Murano (Venezia insulare) sono 105, la media del comune è 32. Inoltre per il 76,9% degli italiani le bollette dell’energia pesano troppo sul budget familiare.
Per il 94,1% degli italiani senza supporto familiare è molto difficile per tanti giovani acquistare casa. Lo pensa il 91,5% dei giovani, il 94,9% degli adulti e il 94,8% degli anziani. Per il 92% degli italiani occorrono misure per agevolare l’accesso alla proprietà della prima casa, perché rassicura le persone e genera stabilità nella società.
Sono meno però le persone che vivono in case inadeguate o fatiscenti: erano il 9,5% nel 2014 e sono scese al 5,6% nel 2024. Nel Nord si è passati dal 7,7% al 4,9%, al Centro dal 9,7% al 6,4% e nel Sud e Isole dall’11,8% al 6,1%. Inoltre, tra 2014 e 2024 le quote di famiglie con abitazioni con strutture danneggiate sono diminuite dal 13,2% al 9,8%, quelle con problemi di umidità dal 19,9% al 12,9% e quelle con scarsa luminosità dal 7,5% al 7,3%.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
GIORGIA MELONI VUOLE CAMBIARE LE REGOLE DEL VOTO PERCHÉ HA CAPITO CHE CON IL ROSATELLUM IL CENTROSINISTRA UNITO POTREBBE VINCERE NEI COLLEGI UNINOMINALI. MA IL SIMIL-TATARELLUM CON NOME DEL CANDIDATO PREMIER È A RISCHIO INCOSTITUZIONALITÀ
Il centrodestra si è incartato. Sulla legge elettorale la maggioranza si è ficcata in un cul
de sac, da cui ha difficoltà a uscire, ma esorcizza questa situazione facendo trapelare ipotesi, nessuna delle quali le consente di risolvere l’impasse.
Dopo le Regionali del 23 e 24 novembre in Veneto, Puglia e Campania, finalmente il plenipotenziario di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, ha ufficializzato l’intenzione di modificare l’attuale sistema elettorale.
La motivazione ufficiale è che con il Rosatellum nessuno sarebbe in grado di vincere le elezioni politiche, alla luce del fatto che ora tutto il centrosinistra è unito e quindi sarebbe concorrenziale con il centrodestra.
Il voto in Puglia e Campania confermava quello che l’Ufficio studi dei gruppi di Fd’I aveva già scritto a febbraio sulla base dei risultati delle europee del 2024: il centrosinistra unito vincerebbe tutti i collegi uninominali dalla Linea Gotica in giù, oltre a quelli delle grandi città del Nord ed avrebbe la maggioranza parlamentare.
Di qui, come ha scritto il nostro giornale, l’idea di eliminare i collegi uninominali e puntare a un sistema in cui gli elettori siano in prima battuta chiamati non a eleggere senatori e deputati, bensì a scegliere il presidente del Consiglio, anzi il capo del governo.
Giorgia Meloni è convinta della propria popolarità ed è sicura su
questo piano di battere qualsiasi altro o altra concorrente del centrosinistra, si chiamino Elly Schlein, Giuseppe Conte o altri aspiranti. Di qui il modello fatto trapelare a febbraio e confermato da Donzelli che imita quello delle regionali, il Tatarellum: proporzionale con premio alla coalizione vincente che supera una soglia (40, o 42%); e di qui l’idea del nome del candidato premier sulla scheda.
Incostituzionale, hanno rilevato diversi costituzionalisti. Il che implicherebbe presentare al presidente Mattarella un testo per lui impossibile da promulgare. Una guerra col Quirinale con conseguente crisi istituzionale? I recenti attacchi del capogruppo di Fd’I, Galeazzo Bignami, a un collaboratore del presidente, spiato nelle sue conversazioni private al ristorante, è interpretabile come un campanello d’allarme.
Ma ecco il piano B suggerito dal presidente del Senato Ignazio La Russa: nome del capo della coalizione allegato alle liste al momento del loro deposito, come il Porcellum. Il nome di Meloni sulla scheda, ha detto La Russa, potrebbe indurre alcuni elettori a non barrare il simbolo di Fd’I, facendo perdere voti di lista ed eletti.
Una guerra con il Quirinale ci sarebbe tuttavia anche se la nuova formula non prevedesse il nome del candidato premier sulla scheda, ma avesse un altro elemento palesemente incostituzionale, su cui ha ragionato finora il centrodestra prima dell’attuale impasse: l’attribuzione del premio di maggioranza nazionale anche per il Senato.
Mattarella non darebbe l’assenso laddove Ciampi lo negò nel 2005 con il Porcellum, che prevedeva infatti premi su base
regionale. Ma questa soluzione, non garantendo a nessuno la vittoria, smonterebbe la scusa enunciata da Donzelli (la certezza di un vincitore) per modificare il Rosatellum.
E altrettanto contrario alla Carta sarebbe un altro punto: attribuire il premio attingendo non dai […] listoni nazionali, come faceva il Tatarellum nelle Regioni. La sentenza 1 del 2014 della Consulta, che bocciò il Porcellum, dichiarò illegittime proprio i listoni, che non consentono al cittadino di scegliere il parlamentare e perfino di conoscere esattamente i candidati reali.
Tanto è vero che la maggior parte delle Regioni ha abrogato dal proprio sistema elettorale questo meccanismo
Kaspar Hauser
per “il manifesto”
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