GIORGIA MELONI CERCHERÀ DI OSTACOLARE LA LISTA ZAIA IN OGNI MODO. LA DUCETTA NON MOLLA L’OSSO DELLA CONQUISTA DEL VENETO E SALVINI, DAVANTI A QUESTA TIGNOSITA’, SI RIAVVICINA AL “DOGE”: “SE IL CENTODESTRA SI DIVIDE FA UN ERRORE CLAMOROSO”
SE LA PREMIER IMPORRÀ IL SUO CANDIDATO (IL FRATELLONE D’ITALIA LUCA DE CARLO O RAFFAELE SPERANZON), SI RITROVERÀ UN LISTONE ZAIA CHE DRENERÀ I VOTI DI FDI E LEGA, ELEGGERA’ MOLTI CONSIGLIERI IN REGIONE, COMMISSARIANDO DI FATTO IL FUTURO GOVERNATORE MELONIANO
Tutto fermo. Nessun vertice tra alleati è alle viste per provare a uscire dalla palude veneta in cui il centrodestra è sprofondato e annaspa, ormai da settimane.
Giorgia Meloni è in vacanza in Grecia, comunque con la testa al vertice in Alaska fra Trump e Putin, mentre Luca Zaia ha già detto come la pensa e ieri lo ha ribadito: serve una sua lista civica per «portare voti» e confermare alla coalizione la regione da lui guidata per quindici anni.
Specie nel caso in cui FdI avesse insistito nel rivendicarla per sé. Esattamente la condizione posta un mese fa, nel faccia a faccia con la presidente del Consiglio. Che tuttavia ha sempre respinto la richiesta al mittente.
Per una ragione, essenzialmente: anche se alla fine sarà lei a vincere la sfida con Matteo Salvini — ovvero a imporre la candidatura di uno fra Luca De Carlo e Raffaele Speranzon — chiunque diventerà presidente in Veneto si troverà di fatto commissariato dall’esercito del governatore uscente. La cui messe di consensi rischia non solo di svuotare FdI, oltre alla Lega, ma pure di condizionare con la forza dei numeri la maggioranza a Palazzo Balbi.
Il problema è che ora, ad avere il manico del coltello in mano, è proprio il Doge. Il quale, dopo molte titubanze, è riuscito a portare dalla sua parte il segretario federale: […] Salvini si è infatti convinto che il marchio Zaia può essere «un valore aggiunto». Come ha ribadito ieri, ospite alla Versiliana. [«Squadra che vince non si cambia», la premessa, dettata dallo schema seguito negli altri territori: «Come non si cambia nelle Marche e in Calabria, con Acquaroli e Occhiuto, così si fa in Veneto dove la Lega non è che ha cinque sindaci, ne ha 161 e 1.200 amministratori locali, penso che potremo prendere per
mano questa straordinaria regione».
Per poi benedire il simbolo intestato a Zaia: «Più i cittadini hanno libertà di scelta e meglio è, più liste ci sono e meglio è, ma siamo una coalizione», si affretta a precisare, non posso decidere io chi si candida in Puglia, in Toscana o in Veneto».
Ci vuole un accordo, è il sottinteso: «Il valore aggiunto del centrodestra è la compattezza», scandisce Salvini, «dividersi sarebbe un errore clamoroso: se stiamo uniti i compagni non governano per i prossimi 30 anni». Un messaggio ai naviganti che, sebbene mitigato, sembra una minaccia.
Accolta dal gelo degli alleati. «Sarà il futuro candidato presidente a decidere quali sono le liste che lo sosterranno», chiude il meloniano Speranzon, in corsa per il post-Zaia. In sintonia con l’altro nome in pole, il collega senatore De Carlo, che è anche coordinatore regionale: «L’assetto che la Lega vuol darsi per affrontare le prossime regionali non riguarda Fratelli d’Italia: potremmo eventualmente occuparci della lista del presidente solo nel caso in cui il presidente fosse espressione nostra».
Se non è una porta sbarrata, le somiglia molto. Dopodiché «se la Lega vuole dividere i voti con una lista Zaia, no problem», avverte ancora De Carlo: «È però un’anomalia trovare una lista guidata da una persona che non è candidato presidente», svela l’ordine di scuderia diramato dalla premier. «Se in FdI avessimo un fuoriclasse come Zaia, lo candideremmo nella nostra lista».
(da Repubblica)
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