VOLANO STRACCI BAGNATI DURANTE IL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN CUI È STATA APPROVATA LA “MANOVRINA”, IN TANTI SONO SCONTENTI PER I TAGLI DEL MINISTRO GIORGETTI
VALDITARA È INCAZZATO PERCHÉ PER LA SCUOLA, GIÀ IN SOFFERENZA, SONO STATI DESTINATI MENO SOLDI DI QUELLI CHE AVEVA RICHIESTO… L’IRRITAZIONE DI GIULI PER LA “TAGLIOLA” DEL MEF IN MERITO AI FONDI NON UTILIZZATI DA PARTE DEI MINISTERI … LA BATTUTACCIA DELLA MELONI, CHE CAZZIA I COLLEGHI: “DOVEVATE FARE I COMPITI”
Prima dei sorrisi in conferenza stampa a favore di flash, nel chiuso del consiglio dei ministri volano frecciate e accuse. Non tanto per la tassa sulle banche, che ha agitato il vertice pre-Cdm di giovedì notte e su cui i leader di maggioranza hanno siglato una faticosa tregua.
A irritare un pezzo di governo sono i tagli firmati dal ministero dell’Economia per far quadrare i conti. La famigerata spending review. Nel corso della riunione, mentre Giorgia Meloni prova a chiamare Sigfrido Ranucci (senza esito, perché il giornalista è impegnato a riferire a chi indaga i dettagli dell’attentato) e gli manda un sms di solidarietà promettendogli la doverosa protezione dello Stato, tra gli scranni dell’esecutivo gli animi si surriscaldano.
Il primo a esporsi è il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, nominato in quota Lega, così come il destinatario della sua insofferenza, Giancarlo Giorgetti. Al responsabile dell’Economia, Valditara imputa una disparità di trattamento tra i dipendenti della pubblica amministrazione in generale e quelli del comparto scuola.
Secondo il titolare di viale Trastevere, la detassazione dei premi accessori prevista in manovra produce maggiori benefici per gli impiegati della Pa rispetto agli insegnanti. Perché questi ultimi hanno premi ridotti rispetto agli altri statali (ma con uno stipendio base, il cosiddetto tabellare, più alto). Il mondo della scuola è in sofferenza da mesi, reclama il nuovo contratto del settore e Valditara ha il cruccio di ritrovarsi con meno risorse di quelle sperate.
Anche perché nel frattempo il collega della Pa, il forzista Paolo Zangrillo, gongola: aveva chiesto 150 milioni per chiudere il nuovo contratto dei dipendenti pubblici e ne porta a casa quasi 550, con una novità particolarmente attesa dagli statali vicini al pensionamento: l’incasso del Tfs non arriverà più dopo anni, i primi 50mila euro saranno liquidati tre mesi dopo il ritiro dal lavoro.
Valditara non è l’unico scontento. Diversi ministri lamentano la sforbiciata sulle spese dei dicasteri — 8 miliardi in tre anni, di cui 2,3 subito — per com’è stata formulata dal capo della ragioneria, Daria Perrotta. L’anno scorso era previsto un taglio lineare del 5%, che però i ministeri potevano spostare da una spesa all’altra, all’interno del proprio budget. Stavolta no: saltano tutti i fondi residui, cioè quelli sin qui non spesi. Finiscono tutti nella “rete” del Mef.
Protesta contro «il metodo» Francesco Lollobrigida, capo-delegazione di FdI. Si inalbera il ministro meloniano della Cultura, Alessandro Giuli. Giorgetti spiega che la tagliola ha riguardato poste non utilizzate.
Come dire: colpa vostra. Replica il successore di Sangiuliano: i ministeri senza portafoglio (come il suo, ndr) non spendono anche perché per farlo serve un’autorizzazione del Tesoro che spesso verrebbe firmata tardi. Meloni interviene con una battuta (ma significativa): «Dovevate fare i compiti».
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