LE RAGIONI SCADUTE DELLA NOSTRA SICUREZZA
USA SOLITI TRADITORI. RUSSIA ORMAI SUBORDINATA ALLA CINA, UCRAINA ABBANDONATA DA UN OCCIDENTE VILE. ITALIA SERVITOR DI DUE PADRONI
Il cosiddetto piano di pace americano per l’Ucraina ne sanziona la fine quale Stato
indipendente, offre alla Russia l’opportunità di spacciare per vittoria la forzosa subordinazione strategica alla Cina e agli Stati Uniti di mascherare con il tradimento del loro ex protetto un fallimento annunciato. Questa svolta coglie l’Italia altrove. Fra referendum sulle carriere dei magistrati che la politica dipinge da ordalia e sapide polemiche sulle chiacchiere a un tavolo di romanisti intorno ai notoriamente dissonanti rapporti fra Quirinale e Palazzo Chigi, sembra che la guerra alle nostre porte passi in cavalleria.
Si conferma un tratto della nostra psiche collettiva: le questioni esistenziali — sì, in guerra si muore — scadono a esotiche, le meno decisive si strillano vitali. Non sappiamo quale effetto avrà l’ultimatum di Trump a Zelensky. Difficilmente più di una fragile tregua negoziale. O forse l’occasione per il presidente americano di rovesciare il tavolo e lasciare che sia il campo di battaglia a decidere. Ovvero a sancire il non troppo graduale crollo del fronte ucraino. E il conseguente rovesciamento del regime, minato dalla corruzione endemica che gli amici americani d’improvviso riscoprono come arma di pressione contro Zelensky.
Se la guerra continua nessuno può illudersi di governarla. E tutti devono temere che possa coinvolgerli sempre meno indirettamente. Noi italiani compresi. Rischiamo di finire in un meccanismo del quale non avremo alcun controllo perché deciso altrove da chi si gioca tutto e non ha quindi alcun interesse a tener conto di noi. Siamo o almeno possiamo sembrare un’isola felice, ma non disponiamo affatto di una polizza vitalizia contro la guerra. Da popolo di pensionati contiamo su immaginarie rendite illimitate che di norma servono più gli assicuratori che gli assicurati. Nella fattispecie, poi, il garante americano ha smesso di garantire chiunque dovendo anzitutto garantire sé stesso. (Tra parentesi: era così anche prima, ma per tacito accordo che conveniva a tutti, nemici compresi, si faceva finta di nulla.) Un computo puramente ragionieristico ci conferma scadute le ragioni della nostra sicurezza.
Scaduta l’Alleanza Atlantica, forma strategica dell’impero europeo dell’America, sotto il cui ombrello abbiamo goduto dei migliori ottant’anni della nostra vita unitaria, che scontiamo irripetibili. Scaduta l’architettura europea, Sagrada Familia inscritta nell’Occidente strategico a guida americana, che funziona semmai al contrario: serve a palesare quindi inasprire le differenze fra i soci. Con i “volenterosi” apparentemente disposti a battersi fino all’ultimo ucraino e convinti che Putin voglia e possa battere il record di penetrazione russa in Europa detenuto da Alessandro I (Parigi, 31 marzo 1814), contro i “filo-russi” (o meglio anti-ucraini, tra cui anche i polacchi già anti-russi e anti tedeschi) e alcuni “volenterosi” in maschera che non vedono l’ora di riaprire i rubinetti del gas moscovita. Scaduta la certezza di vivere nell’intorno relativamente tranquillo ereditato dalla guerra fredda, che abbiamo contribuito a destabilizzare con perizia degna di miglior causa, dai Balcani adriatici fino alle Libie, cedute in comodato d’uso a turchi e russi.
Con l’aggiunta questa sì esistenziale delle guerre di Israele contro sé stesso, che minacciano di culminare in scontro con la Turchia — altro che Iran. Risultato: il Mar Rosso, che per noi significa accesso via Oceano Indiano all’Asia che conta, e per tale fu identificato ad Italia appena unita dal ministro degli Esteri Pasquale Stanislao Mancini (1881-85), è semichiuso a tempo indeterminato causa sfida huti.
L’ultima cosa di cui un paese in tali condizioni ha bisogno è l’allarmismo. Ma la penultima, che poi sarebbe la prima, è la coscienza della rivoluzione geopolitica in cui siamo immersi come oggetto non identificato. Per scelta propria. Quasi potessimo passare inosservati. L’Italia ha un valore non indifferente al mercato delle potenze. Potrebbe servirsene per partecipare agli scambi irregolari in corso. Oppure rassegnarsi al destino di merce al mercato altrui. Dove il prezzo non lo fissiamo noi. Se ne può parlare?
(da Repubblica)
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