IN ITALIA IL 75% DELLE PERSONE AFFETTE DA ALZHEIMER E DEMENZA NON È ASSISTITO: NEL NOSTRO PAESE, I MALATI SONO UN MILIONE E 200MILA DI CUI SI OCCUPANO TRE MILIONI DI FAMILIARI E CAREGIVER IMPEGNATI OGNI GIORNO NELL’ASSISTENZA
L’IMPATTO ECONOMICO DELLE PATOLOGIE È DI 23 MILIARDI, DI CUI IL 63% A CARICO DELLE FAMIGLIE: IL FONDO NAZIONALE FINANZIATO È DI APPENA 34,9 MILIONI PER IL TRIENNIO 2024-2026
Questa è la storia di una rimozione collettiva. Di un gigantesco vuoto di memoria
nella coscienza comune, certificato dai numeri. È la storia di 1 milione e 200 mila persone colpite da Alzheimer (600 mila) e demenze, e di oltre tre milioni di
familiari e caregiver impegnati ogni giorno nell’assistenza, spesso soli, spesso privi di sostegno economico, con un servizio pubblico che stenta a mettersi in moto mentre le stime annunciano un raddoppio del numero dei pazienti entro il 2050.
Impatto stimato delle patologie: 23 miliardi, di cui il 63% a carico delle famiglie; fondo nazionale finanziato per 34,9 milioni per il triennio 2024-2026.
La differenza tra l’enormità dei bisogni e l’esiguità delle risorse è il carico che grava su figli, coniugi, assistenti, con un peso troppo grande che fa esplodere tensioni e a volte devasta il cuore.
È sabato 29 novembre, un giorno ordinario della vita di Paolo Marin, geriatra. Il telefono squilla e dall’altra parte c’è un uomo in preda all’esasperazione che implora: «Non ce la faccio più, venga la prego o ammazzo mia madre». Marin, presidente dell’associazione Alzheimer Uniti di Roma, si precipita agli alloggi popolari del quartiere Garbatella. Nella casa da cui è partita la chiamata trova un’anziana che urla, e lo fa da 48 ore, ininterrottamente. «La signora ha una demenza lieve – racconta il medico – ma, rientrata dopo un ricovero, ha iniziato a gridare senza che ci fosse modo di farla smettere, e il figlio è andato fuori di testa. Per fortuna con il farmaco giusto si è calmata e ora sta bene».
Marin racconta con l’amarezza di chi, da decenni, cura le ferite che le malattie incidono nei corpi e nelle anime di una società che fatica a rivolgere lo sguardo a chi è fragile. «[…] Credevo di
potere ripetere con le demenze l’esperienza straordinaria fatta con la Uildm. E invece: donatori zero, tv non disponibili, mondo no profit monopolizzato da grandi raccoglitori. Il risultato è che, davanti a un problema di dimensioni enormi, associazioni come la nostra non hanno le risorse per affiancare le attività pubbliche».
La carenza di fondi che colpisce il volontariato è un altro aspetto della pericolosa amnesia che condanna a una sostanziale invisibilità milioni di persone. I dati dell’Osservatorio demenze dell’Istituto superiore di Sanità sono impietosi: il 75% delle persone con demenza non è inserito in alcun percorso terapeutico assistenziale, mancano i moduli Alzheimer nelle Rsa, scarseggiano i centri diurni, fortissimo lo squilibrio tra Nord e Sud che rischia di accentuarsi con l’arrivo dei nuovi farmaci monoclonali, che pure accendono nuove speranze di cura: «Solo il 10% dei pazienti potrà potenzialmente accedere al trattamento. Il restante 90% rischia di rimanere indietro» ha avvertito nei giorni scorsi Nicola Vanacore, responsabile dell’Osservatorio.
La navigazione quindi è a vista. «C’è così tanta disperazione che appena apre una struttura, case di riposo che non potrebbero ospitare persone con demenza, si riempie subito. I parenti ci chiedono soprattutto due cose: di indicargli una buona Rsa e di indicargli il nome di una badante formata – spiega Marin -. Ma il bisogno è così grande che non si fa in tempo a formarle».
La priorità, spiega, resta la creazione di una assistenza domiciliare di qualità, oggi quasi inesistente, con i Comuni che forniscono, se lo fanno, una manciata di ore a settimana, e le Asl con pochi specialisti e liste d’attesa interminabili. Un servizio necessario per alleviare la sofferenza silenziosa dei malati e dei caregiver.
(da La Stampa)
Leave a Reply