PER IL POLITOLOGO YVES MÉNY, “L’EUROPA DEVE DIVENTARE GRANDE, SENZA L’AIUTO DEGLI USA”
“LE DEMOCRAZIE DEL VECCHIO CONTINENTE SOTTOPOSTE A UN STRESS TREMENDO”
Parlando della situazione in Ucraina, e più in generale del contesto internazionale, Yves Mény cita il generale Charles de Gaulle. «Diceva che gli Stati non hanno amici, ma solo interessi», ricorda il politologo francese, spiegando che si tratta di «realpolitik, all’interno della quale i valori diventano secondari se paragonati agli interessi egoistici dei Paesi». Una visione che ricorda quella mostrata da Donald Trump negli ultimi giorni sulla risoluzione del conflitto.
Professore, è rimasto stupito dalle critiche all’Europa espresse nella Strategia di sicurezza nazionale di Washington?
«I suoi contenuti si inseriscono nella continuità del pensiero trumpiano, che però non era mai stato formulato in modo così netto. Nel documento viene messo nero su bianco quello che fino ad oggi si poteva solo immaginare, come la sfiducia del
presidente americano nei confronti dell’Ue o il suo disprezzo per i capi di governo europei. Concetti che prima erano difficili da definire, a causa delle dichiarazioni spesso contraddittorie dello stesso presidente Usa».
Si prospetta uno scenario nero?
«Sì, ma c’è un elemento positivo: Trump mette gli europei dinanzi alle loro contraddizioni, alle loro esitazioni e ai loro timori. Come ha detto l’economista greco Loukas Tsoulakis, l’Europa deve diventare grande, senza l’aiuto degli Usa».
Si può parlare di un asse russo-americano formatosi contro l’Europa?
«Si tratta di un’alleanza oggettiva e critica contro l’Ue. Abbiamo due capi di Stato, Trump e Putin, interessati soprattutto a fare soldi, per i loro Paesi ma anche per i rispettivi entourage. La Russia dispone di materie prime strategiche, come gas e petrolio, mentre gli Stati Uniti hanno una tecnologia molto avanzata. In mezzo c’è l’Europa, con governi caratterizzati da quei sistemi di check and balance che non esistono nella visione trumpiana».
L’Europa però è l’unico sostegno rimasto a Volodymyr Zelensky. «Un avvicinamento tra Russia e Stati Uniti fondato su alcuni interessi ben precisi presuppone la scomparsa del problema ucraino. Per questo il primo piano di pace di Trump sembrava essere stato scritto a Mosca. La proposta sull’utilizzo degli asset russi ha dimostrato l’appetito del presidente americano nei confronti del denaro, facendo emergere un aspetto mercantilistico».
Ci saranno pericoli per i sistemi democratici occidentali?
«Saranno sempre più sotto stress. Le nostre democrazie sono diventate lente e complesse. Questo porterà al rischio di veder crescere nella popolazione l’interessamento a regimi più snelli o alla tendenza nel rafforzare le leadership di chi governa».
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