“GIORGIA MELONI? EVOCA SEMPRE IL NEMICO PER GALVANIZZARE LA CURVA, IL ‘NOI’ PURI E IL ‘LORO’ CHE NON CI FERMERANNO, SOLO CHE IL PARCO NEMICI SI È RISTRETTO ”
DE ANGELIS: “C’ERANO UNA VOLTA LE BANCHE. MA COL GOVERNO IMPEGNATO A CONDIZIONARE LA SCALATA A GENERALI, NON SE NE PARLA PIÙ. C’ERANO UNA VOLTA I POTERI FORTI, MA SONO SCOMPARSI PERCHÉ BACIANO LA PANTOFOLA DEL NUOVO POTERE. C’ERA UNA VOLTA L’EUROPA MATRIGNA E, ANCHE IN QUESTO CASO, LA CRITICA È SOFT. È UN COMPLICATO GIOCO DI EQUILIBRISMO: DI TRUMP MEGLIO NON PARLARE DA QUANDO FLIRTA CON PUTIN. E DUNQUE, COME SI FA A SCALDARE I CUORI, CON L’ECONOMIA FERMA? PRENDENDOSELA CON NEMICI PRONTI ALL’USO
Alla fine non sarebbe stato stonato se le casse avessero sparato un bel “menomale che Giorgia c’è” al posto di Rino Gaetano (“può nascere un fiore nel nostro giardino”). […] «Giorgia, un selfie», dice Mateusz Morawiecki, presidente dell’Ecr, alla fine del suo intervento, ed è il primo. «Vorrei ricordare le parole di Giorgia sulla politica come amore», e questo è Antonio De Poli, leader dell’Udc (la sigla esiste ancora), ed è il secondo. Dato che c’è, cita pure Arianna.
Ecco Maurizio Lupi, «Giorgia ci dice sempre…», e poi «l’Italia a testa alta», gli «opinionisti distratti», «la colpa non è di Trump»… E si becca, di luce riflessa, una standing ovation che nemmeno al suo congresso.
Poi Antonio Tajani, «cara Giorgia», e comunque è il più sobrio perché ha il problema della Real Casa, anche se, nell’euforia, si dimentica la “rivoluzione liberale” cara al Cavaliere e indugia molto su crocifisso e identità nazionale. E Matteo Salvini, quello che minaccia sfracelli sull’Ucraina? È tutto un «con Giorgia siamo diventati amici in questi anni».
Ci tiene anche a far sapere che, per essere qui, ha rinunciato al tredicesimo compleanno della figlia. Altre volte si era collegato
Avete capito chi e quanto comanda? Breve annotazione: arriveranno al 2027, nessuna baruffa quotidiana è sostanziale ed è già iniziata la lunga maratona comiziante per le politiche, mettetevi comodi.
Bene, finito il racconto del culto del capo, passiamo al capo, che per inciso è anche premier da più di tre anni. Al cronista tocca ricordarlo perché, se uno atterrasse da Marte su Atreju, penserebbe che Giorgia Meloni sta all’opposizione.
C’è sempre il nemico per galvanizzare la curva, il racconto pugnace, il “noi” puri e non omologati al mitico sistema e il “loro” che non ci fermeranno. Però qui c’è un’annotazione da fare E cioè che il parco nemici si è molto ristretto. C’erano una volta le banche. Col governo impegnato a condizionare la scalata a Generali, magnifica preda della finanza italiana, non se ne parla più.
C’erano una volta i poteri forti, ma sono scomparsi come bersaglio perché baciano la pantofola del nuovo potere. C’era una volta l’Europa matrigna e, anche in questo caso, la critica è soft. Mica è Orban, tra patto di Stabilità rispettato e armi inviate assieme ai Volenterosi, pur senza foto assieme. È un complicato gioco di equilibrismo: all’Europa obietta che si è accorta tardi che la sicurezza gratis è finita, ma guai a dire che serve più integrazione. E di Trump meglio non parlare da quando flirta sfacciatamente con Putin. Una lode sul Medioriente e via.
E dunque, come si fa a scaldare i cuori audaci con le mani legate su queste cose e con l’economia ferma? Semplice, da un lato con la retorica della grandeur di «un’Italia tornata grande», dall’altro prendendosela circa una trentina di volte con sinistra e d’intorni.
Al posto della rivoluzione su banche, assicurazioni, lobby ed Europa e del rendiconto di ciò che si è fatto, ecco l’elenco dei nemici pronti per l’uso, sapientemente sopravvalutati rispetto al peso reale: Elly Schlein, la Cgil coi suoi scioperi del venerdì, i giudici che tolgono i bambini dalla casa nel bosco, ma senza esagerare per non impelagarsi nel referendum, Ilaria Salis («comunista!» ) e Greta Thunberg, il Sessantotto, Francesca Albanese e i pro-Pal, i «rosiconi» e quelli che preferiscono il kebabbaro alla cucina italiana patrimonio dell’umanità. Insomma, un bel Cinepanettone, anche di luoghi comuni, per fare il pieno al suo botteghino.
Fidatevi, nessuna di queste sinistre reali o caricaturali (alcune lo sono davvero) turba i sonni della premier, anzi. Diciamocelo: Giorgia Meloni pare il gatto col topo, tra una battuta e l’altra («Il campo largo si è riunito ad Atreju e quella che dovrebbe guidarlo scappa»). In fondo, diverte il suo pubblico e si diverte con un comiziaccio.
Alessandro De Angelis
per “la Stampa”
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