DECRETO ARMI PER KIEV, CROSETTO STOPPA LA LEGA: “SERVONO PER SALVARLI”
IL TESTO ALL’ESAME DEL CDM DEL 29 DICEMBRE
Niente armi «offensive» all’Ucraina. E via libera solo a forniture «difensive». A
proporre nelle ultime ore un vincolo tanto stringente è la Lega, per bocca del plenipotenziario salviniano al Copasir, Claudio Borghi. È lui a teorizzare la tagliola. Uno sgarbo a Kiev, che è poi anche segnale distensivo verso Vladimir Putin. Il pretesto è il prossimo decreto che garantisce per il 2026 copertura all’invio di materiale bellico all’Ucraina.
Il testo è ostaggio delle pretese leghiste. In queste stesse ore, tocca a Guido Crosetto provare a difendere la filosofia del provvedimento. Il titolare della Difesa fatica a comprendere il senso della pretesa. E vuole evitare che il Carroccio sterilizzi gli aiuti, costringendo l’Italia a mandare segnali quasi ammiccanti verso Mosca. Per lui, ad esempio, non ha molto senso distinguere tra armi offensive e difensive, perché quando si è sotto attacco nessuna arma può considerarsi offensiva: serve appunto a difendersi. A chi gli domanda del pressing della Lega, risponde così: «Non capisco cosa significa che l’Ucraina non può vincere la guerra. Io, come sa benissimo Borghi che mi ascolta da tre anni al Copasir, ho sempre detto che per la Russia vincere significa occupare pezzi di un’altra nazione, per l’Ucraina vincere significa sopravvivere ed impedire a Putin di schiacciarla completamente».
Il sostegno anche militare a Kiev è quindi doveroso, per il responsabile della Difesa. E deve significare anche soccorso militare, per far sì che la legge del più forte non schiacci una nazione sovrana. «Negli ultimi due anni – ricorda Crosetto sempre rivolgendosi al Carroccio – la Russia ha conquistato un 2% di territorio ucraino in più, costringendo al sacrificio più di
un milione di russi ed ucraini in questa folle contrapposizione che nessuno voleva. E a chi sostiene che l’Europa provocava, ricordo che l’Europa era diventata il partner economico di riferimento della Russia». Un’altra stoccata a Salvini, che reclamò a lungo la fine del regime sanzionatorio contro Mosca dopo l’invasione della Crimea.
Questa è dunque l’aria che si respira nell’esecutivo, alla vigilia del varo del decreto. Su Repubblica, Alfredo Mantovano ha annunciato che nel testo sarà indicata anche la natura civile degli aiuti a Kiev. Un compromesso che non sembra bastare alla Lega, che avanza richieste più radicali: «Si sta lavorando ad una discontinuità con i precedenti decreti armi – sostiene Claudio Borghi – Oltre agli aiuti civili, prioritari, l’ipotesi è continuare a supportare in più modi Kiev, ma indirizzarsi verso l’invio di strumentazioni solo difensive come i sistemi antiaerei e equipaggiamenti mirati alla difesa, a differenza di quanto è avvenuto finora».
È una “selezione” che difficilmente Giorgia Meloni potrà accettare. E che di certo Crosetto non sembra considerare ragionevole. Il tempo per approvare il decreto stringe, visto che esistono due soli consigli dei ministri a disposizione: lunedì 22 e lunedì 29 dicembre. L’orientamento è dare il via libera due giorni prima di Capodanno. Per avere tempo di limare ancora, per trattare. Sui social, il senatore dem Filippo Sensi sfida l’esecutivo: « Mi raccomando, Meloni: il decreto armi facciamolo tardi e vuoto, i morti non ne hanno più bisogno». A lui risponde proprio il ministro della Difesa: «Farlo il primo o il 29 dicembre non cambia nulla, perché entra immediatamente in
vigore e ci basta che lo sia il primo gennaio. Farlo più tardi possibile è solo un modo per avere più tempo per la conversione».
(da agenzie)
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