ANEMONE FATTURAVA ALLO STATO I LAVORI CHE FACEVA AI PRIVATI E COI CANTIERI NELLE CHIESE CREAVA IL NERO PER I POLITICI
MENTRE ZAMPOLINI SMENTISCE SCAJOLA, SUL METODO ANEMONE EMERGONO NOVITA’: SI FACEVA PAGARE IL MATERIALE DEGLI INTERVENTI DALL’ERARIO…I NOVE CANTIERI A PREZZO STRACCIATO PER DIVERSE CHIESE PARE NASCONDANO SOLDI IN NERO, SERVITI PER CREARE IL TESORETTO PER PAGARE I POLITICI…DAL 2008 LE BANCHE GLI AVEVANO CHIUSO I RUBINETTI DEL CREDITO
Interrogato dai magistrati di Perugia, l’arch. Angelo Zampolini non solo ha confermato quanto aveva già dichiarato in precedenza sul giro di denaro che Anemone gli aveva commissionato di movimentare, ma ha fornito ulteriori elementi di valutazione ai giudici.
Sulla vicenda della casa di Scajola, ha confermato che al momento della firma dell’atto, era presente un funzionario della Deutsche Bank, la banca che aveva emesso gli 80 assegni circolari su mandato di Zampolini, a parziale pagamento dell’appartamento di Scajola.
Presenza che non sarebbe altrimenti giustificata, visto che il mutuo del ministro era stato aperto con San Paolo Intesa.
Il tutto, secondo Zampolini, per l’interesse che Anemone aveva di fare favori a Balducci e ai suoi amici.
Una prassi consolidata che permetteva all’imprenditore di avere corsie preferenziali per ottenere appalti e lavori: si è quantificato in 25 miliardi il giro di affari di Anemone in questi anni, pari alla manovra finanziaria che Tremonti sta per varare.
Dall’inchiesta emergono poi altri dettagli indicativi della ragnatela di appoggi e amicizie su cui Anemone poteva contare per aprire cantieri a raffica.
Un capitolo finora poco trattato dai media è quello degli nove interventi che riguardano istituti religiosi e per i quali sono state emesse fatture con importi minimi.
Sono stati realizzati tra il 2003 e il 2005 ristrutturazioni presso “i Missionari di via Narni”, il “complesso parrocchiale di Santa Maria Alocoque” di Tor Vergata, la chiesa di Santa Maria in Trivio, l’abbazia di Terni, la portantina di San Gaspare, l’Università cattolica di San Giovanni, la casa di Santa Rita, una seconda tranche per la chiesa di Tor Vergata.
Lavori fatti da Anemone e che hanno in comune una caratteristica: sono state emesse fatture molto piccole che se da un lato potrebbero giustificarsi con il “buon cuore religioso” dell’imprenditore in vena di beneficienza, dall’altro potrebbero invece nascondere dei pagamenti in nero che Anemone avrebbe utilizzato per creare quel “tesoretto” che gli serviva per “ungere le ruote” della politica e dei funzionari ministeriali.
Metodo peraltro già utilizzato dall’arch. Adolfo Salabè nello scandalo dei fondi neri del Sisde, esploso nel 1993: anche il quel caso si utlizzarono fatture minime della “Frasa Spa” per lavori di ristrutturazione di chiese.
Un’altra notizia di oggi poi riguarda l’esito dei primi controlli della Guardia di Finanza sul’elenco dei 400 clienti di Anemone ritrovati sul computer della ditta. E’ stato scoperto che in diversi casi i materiali impiegati nelle ristrutturazioni presso privati venivano pagati dallo Stato.
Anemone operava così: dal privato che pagava si faceva saldare la ristrutturazione e poi caricava le fatture passive del materiale impiegato tra le spese degli appalti pubblici che vinceva.
Con la beffa che a volte ci sarebbe stato pure il doppio pagamento sia del pubblico che del privato, con la collettività quindi a pagare gli interventi edilizi privati della cricca.
Ipotesi che sta trovando parecchi riscontri dalle indagini in corso.
Un ultimo elemento di valutazione: Anemone aveva conti e depositi in quasi tutte le banche di Roma: quello che non era immaginabile è che dal 2008 tutti gli isitituti di credito lo avessero messo in black list.
Nessuna nuova apertura di credito, in quanto erano emerse anomalie nell’attività e nei bilanci societari.
C’era una forte esposizione verso la Pubblica Amministrazione ed era considerato a rischio. Evidentemente quei pericoli che erano in evidenza a tanti, salvo a chi avrebbe dovuto controllare i suoi strani successi imprenditoriali.
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