ANALISI DEI FLUSSI ISTITUTO CATTANEO: I PRESIDENTI CONTANO PIU’ DEI PARTITI
ELETTORI M5S E LEGA VOTANO DE LUCA, GIANI VINCE IN TOSCANA ANCHE GRAZIE AI GRILLINI…. “LA LEGA HA UN PROBLEMA AL SUD”
È stata una elezione vinta dai singoli candidati alla presidenza perchè capaci di attrarre i voti decisivi fuori dai bacini tradizionali dei partiti che li sostenevano. Eugenio Giani in Toscana, Michele Emiliano in Puglia, Vincenzo De Luca in Campania, Giovanni Toti in Liguria, Luca Zaia in Veneto, tutti leggono il proprio nome in cima alla lista dei ringraziamenti per la vittoria appena conseguita.
Per alcuni è stata una passeggiata di salute, per altri una camminata sulle uova, poco importa.
Secondo l’analisi dei flussi dell’Istituto Cattaneo il dato emblematico di queste elezioni arriva dalla capacità di attrazione delle singole figure candidate, sebbene siano i partiti che li esprimevano più o meno convintamente a sfruttare ora gli esiti regionali per i propri tornaconti a livello nazionale.
“Sono tutte vittorie personali”, dice Marco Valbruzzi, ricercatore dell’istituto bolognese. “In Toscana Giani ha allargato il campo elettorale ben oltre quello definito dai partiti della sua coalizione”. Ciò vuol dire che ha pescato non solo tra Pd, Italia Viva e le altre liste del centrosinistra, ma anche dal Movimento 5 Stelle. “Circa il 40% di chi ha votato M5S alle Europee del 2019 lo ha sostenuto con il suo voto. Così come si è visto arrivare anche un sostegno dai moderati di Forza Italia, che hanno preferito Giani alla leghista Ceccardi”. Aspetti singolari, ma non i più eclatanti.
In Campania, per dire, “l’odiato” De Luca ha beneficiato di un consistente aiuto da parte proprio dei grillini, sebbene avessero in Valeria Ciarambino una valida e conosciuta candidata.
Circa il 70% degli elettori M5S di un anno fa si è spostata sull’ex sindaco di Salerno. Stessa tendenza si vede per il 50% di chi ha sostenuto il Carroccio alle Europee, che ha preferito tuttavia il presidente uscente al moderato forzista Stefano Caldoro. “De Luca, così come Zaia in Veneto e Toti in Liguria, è riuscito ad allargare di molto il bacino elettorale delineato dai partiti che lo sostenevano. Il merito della sua schiacciante vittoria è quindi dovuto alla sua figura personale, più che all’apporto ricevuto dalla sua coalizione”, continua Valbruzzi.
Certo, il Pd è uscito rafforzato dalle urne. La ragione sta nella “rimobilitazione dell’elettorato dem”, spiega il ricercatore del Cattaneo. “Chi si era astenuto alle Europee questa volta si è recato alle urne, e chi già ci era andato ha confermato la sua preferenza per il Partito Democratico”.
Per quanto riguarda il principale partito di sinistra, quindi, il contributo alla vittoria non è mancato ma ad averne definita la misura è stata la qualità delle candidature e la loro capacità di attrarre voti fuori dai tradizionali confini.
Discorso inverso per la Lega, alle prese se non con una sconfitta certamente con una “battuta d’arresto” e soprattutto con “un problema di classe dirigente nel Centro Sud”, dice Valbruzzi.
Tranne l’Umbria, in queste regioni infatti il Carroccio non sfonda oltre il proprio elettorato e anzi ne cede una parte all’alleato Fratelli d’Italia.
Giorgia Meloni cresce dappertutto, raddoppia complessivamente i consensi nelle sei regioni e scalza Matteo Salvini come figura di primo piano del centrodestra.
Al Nord non va tanto meglio, visto che la vittoria bulgara di Zaia in Veneto mette in ombra proprio il leader della Lega – unico vero ma non dichiarato avversario – “uscito non sconfitto ma certamente ammaccato da questa competizione, sia all’interno del partito, sia all’interno della coalizione”, aggiunge Valbruzzi.
Chi ha perso queste elezioni è il Movimento 5 Stelle, i cui elettori sono stati quelli davvero determinanti per le vittorie altrui, e nella fattispecie quelle molto sofferte del centrosinistra.
Della Toscana si è già detto, in Puglia il 20% dei grillini ha sostenuto Emiliano senza neanche passare dal voto disgiunto. La scelta di allearsi al Pd in Liguria convergendo sul nome di Ferruccio Sansa non è riuscita a scalfire la forza attrattiva di Toti, secondo il Cattaneo. Mentre quella di non allearsi nelle Marche ha forse aperto la strada alla vittoria di Acquaroli, candidato di Fratelli d’Italia che ha strappato per la prima volta l’ormai ex regione rossa alla sinistra. “Qui fose se Pd e M5S avessero corso insieme, forse l’esito del voto sarebbe stato diverso”.
La sconfitta diventa fallimento quando si parla di Italia Viva. Il voto ci dice che il partito di Matteo Renzi oggi non avrebbe nemmeno diritto di tribuna in Parlamento e difficilmente riuscirebbe a superare una soglia di sbarramento al 3%. “Con tutta probabilità sarebbe fuori dai giochi, ragione per cui queste elezioni restringono di molto i margini d’azione dei renziani nella maggioranza di Governo”, spiega Valbruzzi. Insomma, se in futuro ci saranno reali minacce per la tenuta dell’esecutivo Conte, è lecito scommettere non arriveranno dai banchi di Italia Viva.
(da “Huffingtonpost”)
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