AttualitÃ
CASO ALITALIA … LEGA ED AN SEMPRE A DIFENDERE LA RIDOTTA DEL PO… MA IL CENTRODESTRA NON DECOLLA MAI ?
La vicenda della vendita Alitalia ai francesi di AirFrance-Klm piuttosto che al gruppo AirOne-BancaIntesa-Lufthansa è l’argomento che dovrà essere affrontato dal Governo nel mese di gennaio e già vede schieramenti contrapposti trasversali. Il Governo stesso è diviso tra chi vuole vendere ai francesi e chi predilige una soluzione “nazionale”; l’opposizione si fa sentire più al Nord, in quanto la soluzione AirFrance penalizzerebbe l’aereoporto di Malpensa, non più hub primario degli scali intercontinentali. Da qui una battaglia che soprattutto la Lega pare intraprendere in “difesa degli interessi del Nord, schiavi di Roma ” e al grido di” Malpensa madre di tutte le battaglie”, con AN, Formigoni e Moratti pronti ad accodarsi, lancia in resta. Ma sarebbe bene partire da un’analisi delle origini della crisi Alitalia, tanto per non vivere di demagogia a basso costo. I dipendenti Alitalia per decenni hanno avuto il posto assicurato, differenziali di reddito migliori rispetto a quelli della maggiore parte delle altre grandi compagnie europee che, negli ultimi 15 anni, hanno dovuto dare un giro di vite ai costi e ai contratti, mentre Alitalia accumulava perdite su perdite, tra il 2003 e il 2006 oltre 2,1 miliardi di euro tanto per chiarire. Siamo arrivati al punto che ogni giorno Alitalia perde attualmente un milione di euro. Ma nulla è stato fatto negli anni da Sinistra e da Destra, se non coprire il passivo coi soldi pubblici. Nel 2005 Giancarlo Cimoli lascia le FF.SS. con una buonuscita di quasi 7 milioni di euro e prende il timone di Alitalia, la lascia nel 2007 con un’altra buonuscita di 8 milioni di euro, tutti d’accordo. Alitalia nel 2006 ha perso 625 milioni di euro ma Cimoli incassava uno stipendio di 190.000 euro al mese, due volte quello che prendeva il parigrado della British, tre volte quello di AirFrance, imprese floride e in utile. Dieci anni fa un pilota Alitalia guadagnava il 30% in più, hostess e steward il 26% in più, i dipendenti dei servizi e manutenzione il 22% in più degli omologhi europei. Sono state fatte assunzioni clientelari (siamo a 6.000 persone considerate “esuberi” ), centinaia di scioperi e blocchi che hanno “massacrato” l’immagine Alitalia nel corso degli anni, sono stati stipendiati dirigenti a cifre assurde, sistemati amici degli amici, un carrozzone indegno. Mentre compagnie storiche come la Swissair e la belga Sabena portavano i libri in tribunali e sparivano dalla sera alla mattina per il passivo, Alitalia aumentava le perdite e i prezzi dei biglietti, tanto la differenza ci pensava a metterlo il Governo di turno ( nord e sud, padani e sudisti non faceva differenza allora). E siamo arrivati ai giorni nostri. Premesso che un privato sarebbe già fallito da tempo e quindi i dipendenti sono dei miracolati da anni, si è cercato di vendere Alitalia. All’inizio in 12 parevano interessati e sono quasi tutti scappati appena letti i conti. Sono rimasti in due: AirOne che non avrebbe un piano di intervento finanziario adeguato alla gravità della situazione e AirFrance che invece pare disposta a investire 6,5 miliardi di euro nei prossimi 7 anni, versare 750 milioni subito per garantire liquidità e in ogni caso è attualmente la prima compagnia aerea al mondo per ricavi e per trasporto merci e la prima in Europa per quota di mercato. Un colosso internazionale, sul piano industriale e finanziario, che dà assolute garanzie economiche. Controindicazione: perderemmo la nostra compagnia di bandiera. Domanda: si svegliano ora i vessilliferi romani, padani e sudisti del marchio Alitalia? Se siamo degli incapaci, giusto perdere la compagnia di bandiera, altro che minacciare sfracelli a posteriori. E poi pensate che dietro AirOne non ci sia Lufthansa e quindi alla lunga il destino sia segnato lo stesso? Quando il mercato richiedeva di limare personale e costo dei biglietti, dove erano i nostri politici di Sinistra e di Destra? A difendere clientele erano, questa la verità , altrimenti Alitalia si sarebbe salvata, altro che regalare a Cimoli 8 miliardi di euro di buonuscita, come premio per avere aumentato il deficit. Ora tutti a difendere la ridotta del Po, in quanto Malpensa non sarebbe più hub del nord Italia, perdendo molti collegamenti diretti che transiterebbero per Parigi e Francoforte. Cavalcare una protesta di questo genere secondo noi è un errore, politica di bassa lega, sarebbe il caso di dire… Uno scalo come Malpensa, se perde Alitalia , dandosi da fare acquisterebbe compagnie ben più prestigiose che non aspettano l’ora di prendersi gli slot lasciati liberi, basti pensare alla Lufthansa e soprattutto alle compagnie orientali che non si faranno certo sfuggire quote di mercato importanti. E il mercato futuro è sull’asse asiatico, non dimentichiamolo. Quindi, dopo un periodo di assestamento, il mondo imprenditoriale del nord est e del nord ovest, acquisterà un servizio migliore di quello garantito da Alitalia in questi anni, fermo restando che AirFrance garantisce in ogni caso i collegamenti con America Latina e USA. A parte che il Governo non ha saputo gestire la vicenda, suggeriremmo al Centrodestra di “volare” ogni tanto più alto, evitando di continuare a tutelare ( e male) presunti interessi di parte, posti di lavoro già persi da anni, e padani pronti “alla madre di tutte le battaglie”. Forse sarebbe il caso di evitare la politica dei “tromboni” e “dei rivoluzionari della domenica”, meglio sarebbe cercare nuove quote di mercato e far decollare Malpensa su basi nuove e proiettate al futuro. Se Parigi val bene una messa…Malpensa merita almeno un approfondimento serio e una classe politica che la finisca di non vedere oltre il proprio naso, padano o romano che sia, ma sappia governare l’Italia intera, senza egoismi squallidi e senza clientelismi suicidi.
Leave a Reply