AVEVA INVITATO A NON FARE PUBBLICITA’ SUI GIORNALI AVVERSARI: ORA IL PREMIER INVOCA L’IMMUNITA’
AL CONVEGNO DEGLI INDUSTRIALI, BERLUSCONI LI AVEVA INVITATI A NON INVESTIRE NEI GIORNALI AVVERSARI… DOPO LA RICHIESTA DANNI DEL GRUPPO “REPUBBLICA”, IL PREMIER CHIEDE L’IMMUNITA’ PARLAMENTARE… MA LUI E’ ANCHE IL MAGGIOR EDITORE DEL PAESE E PROPRIETARIO DI PUBLITALIA
Era il 13 giugno quando il Presidente del Consiglio, di fronte alla platea dei giovani industriali, riuniti a Santa Margherita, sostenne che contro di lui era in atto “un progetto eversivo” e invitò gli imprenditori a “non dare pubblicità ai media che cantano ogni giorno la canzone del pessimismo”.
Nelle ore seguenti, di fronte alle domande dei giornalisti, precisò meglio che il suo bersaglio era “Repubblica” e il Gruppo l’Espresso.
Fin qui nulla di male, ognuno è libero di esprimere il proprio punto di vista, se poi ne accetta le conseguenze.
Al limite, era inusuale l’invito agli ambienti economici di non fare pubblicità su certi giornali, evidentemente favorendone altri.
Il gruppo “Repubblica” ha citato quindi il premier in sede civile per i danni arrecati e nei giorni scorsi si è tenuta la prima udienza di fronte al tribunale civile di Roma, prima sezione.
In questa occasione i legali del premier hanno sollevato la questione della immunità da cui sarebbe coperto un parlamentare in merito alle dichiarazioni espresse.
Il richiamo è all’art 68 della Costituzione: “I membri del parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse”.
Il fine a suo tempo fu quello di rendere il parlamentare più libero nella sua attività , non per garantirgli un privilegio, ma per “l’esercizio in concreto delle funzioni proprie dei membri delle Camere”.
In pratica si voleva evitare che uno non fosse libero di esprimersi, ma solo in relazione alla vita politica, al manifestare le proprie idee, insomma.
Ora “Repubblica” non ha chiesto una cifra specifica per il presunto danno subito, ma chiede una condanna generica del premier e solleva piuttosto la questione della concorrenza sleale a favore dei media controllati da Berlusconi.
E qui sta il punto, tra il sovrapporsi del potere culturale, quello economico e quello politico.
Il premier è il maggiore editore del Paese, quindi mettere in difficoltà un suo concorrente si traduce in un suo vantaggio personale.
Il premier è anche il proprietario di Publitalia, la prima concessionaria d’Europa per fatturato nella raccolta pubblicitaria.
E’ ovvia l’equazione che meno pubblicità hanno i concorrenti, più ne avrà lui. E ancora: come capo del governo, il premier è anche azionista di colossi economici pubblici e privati (Eni, Enel, Finmeccanica, Poste italiane, ad es.) e un invito a orientare diversamente la pubblicità di questi organismi si traduce in spostamenti di milioni di euro.
Per tutta questa serie di elementi, riteniamo che Berlusconi avrebbe dovuto rinunciare all’immunità parlamentare, anche per non dare adito a critiche che così possono ritenersi fondate.
Libero di dire quello che vuole, ma allora anche di accettarne le logiche conseguenze.
Non può pretendere di vedersi riconosciuta una impunità per atti che esulano “dall’esercizio delle sue funzioni”.
Soprattutto quando smuove interessi politico-personali di cui finirebbe per beneficiare, attraverso le sue aziende.
Ritorniamo al concetto di “etica della politica” a noi caro, per ribadire che ai processi ci si presenta e ci si difende, non si trovano ingloriose “vie di fuga”. La prima riforma della giustizia che un vero governo di destra semmai dovrebbe attuare è rendere realmente tutti i cittadini uguali davanti alla legge, non certo creare nuovi privilegi.
E tanto meno tutelare interessi finanziari personali.
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