BELSITO AI PM: “TANGENTI IN VENETO PER LA LEGA, ZAIA E TOSI SAPEVANO”
CHIAMATO IN CAUSA ANCHE SALVINI: “20.000 EURO IN NERO”
Una mangiatoia da cui tutti attingevano.
Il vecchio quartier generale della Lega, con Umberto Bossi e la sua famiglia in testa, ma anche gli attuali vertici del Carroccio.
La descrizione dell’amministrazione della Lega Nord fino al 2012 è il caos totale.
O, meglio, il rendiconto di «versamenti in nero e tangenti».
A svelarlo sono le parole di chi, come Francesco Belsito, dal 2009 e per tre anni, è stato il tesoriere del Carroccio.
A fine novembre, i pm milanesi Alfredo Robledo, Paolo Filippini e Roberto Pellicano, hanno chiuso il primo troncone d’inchiesta sui fondi passati da Belsito a Bossi e ai suoi figli Riccardo e Renzo (il Trota), e all’ex numero due del Senato, Rosy Mauro. Tutti accusati di aver concorso a sperperare una quarantina di milioni di rimborsi elettorali, cioè soldi pubblici stanziati per la Lega Nord.
Delle lauree false dei discendenti del Senatur, o delle loro spese quotidiane, già si sapeva da quando lo scandalo è scoppiato, oltre un anno fa.
Quello che emerge, ora, sono le gestioni allegre e sospette a cui avrebbe preso parte il quartier generale leghista.
I FONDI NERI
Il 29 maggio scorso, rinchiuso a San Vittore, Belsito inquadra l’entità dello scandalo. Nel 2009, Umberto Bossi lo incarica di sostituire come tesoriere Maurizio Balocchi. Da allora «tutti i mesi percepivo duemila euro come tesoriere ».
Denaro che non risultava da nessuna parte, perchè come si affretta a precisare Belsito, «tutti i rimborsi in Lega sono in nero». Da dove arrivassero quei soldi – non spiccioli – l’ex tesoriere lo ignora, ma ricorda i contributi non contabilizzati da parte di aziende.
«So di rapporti tra esponenti della Lega e imprenditori perchè ne avevo personalmente notati nel corso di mie presenze a Roma, nei locali frequentati da politici». Parla, nello specifico, di incontri tra l’ex sottosegretario Giancarlo Giorgetti con il banchiere Massimo Ponzellini o con il fondatore di ICS Grandi Lavori, Claudio Salini.
Nulla di penalmente rilevante, ma che svelano un quadro.
Belsito, poi, parla espressamente di fondi neri. «Il nero che gli imprenditori versavano – mette a verbale – veniva utilizzato a volte per la campagna elettorale dagli esponenti politici e veniva gestito senza passare dalle casse del partito».
Ed entra nello specifico. «Ricordo che Bonomi, in quota Lega alla Sea, diede in contanti 20 mila euro a Salvini (eletto segretario del partito domenica scorsa-ndr). Salvini, per sanare i suoi obblighi verso la Lega, intendeva girare al partito questa somma, cosa che non mi risulta sia avvenuta».
LA BAMBINAIA
Belsito non risparmia sospetti nei confronti dei suoi ex compagni di partito. Riguardo all’ex ministro Calderoli – originariamente indagato ma per il quale i pm chiederanno l’archiviazione – l’ex tesoriere sostiene di aver «pagato in contanti una signora di Bergamo che mi è stato detto essere la sua bambinaia».
E ancora. «Pagavo inoltre in contante 2500 euro a una persona che non so cosa facesse, ma che si diceva fosse un vecchio leghista picchiatore».
L’indagato, sempre da San Vittore, parla dell’ex capogruppo Reguzzoni, a cui «ho pagato personalmente in nero 15 mila euro per donazione che avrebbe dovuto dare alla Lega, ma che invece aveva trattenuto in parte per sè».
Belsito parla anche dell’attuale governatore del Piemonte Cota: «Aveva in dotazione un’auto della Lega, con il suo autista pagato da noi».
IL MILIONE DA SIRAM
Nell’interrogatorio del 13 maggio, Belsito ricostruisce il pagamento di un milione di euro alla Lega Nord del Veneto da parte di Siram, multinazionale francese specializzata in appalti ospedalieri e per i quali due ex manager sono indagati.
Belsito fa capire ai pm che tutto lo stato maggiore del partito era informato di quel finanziamento. «La Lega Nord del Veneto aveva chiesto un milione al finanziere Stefano Bonet», mette a verbale l’ex tesoriere leghista, ricordando come il soggetto fosse il tramite con la società francese.
«Siamo nel 2010, dissi a Bossi e Calderoli che tale Cavaliere (ex presidente leghista del consiglio regionale del Veneto-ndr), aveva chiesto questi denari alla Siram. So che tale somma è stata pagata tramite bonifico a favore di una società , credo riconducibile a Cavaliere ».
Secondo Belsito «verosimilmente questa richiesta di denaro serviva a non avere problemi da parte di Siram per gli affari in Veneto o comunque per avere i favori della politica locale. Anche Zaia (governatore del Veneto, ndr) fu informato di tale pagamento».
Belsito va oltre, e sottolinea come si è arrivati alla cifra di un milione: «Cavaliere trattava su incarico del sindaco di Verona Flavio Tosi».
L’indagato sostiene come per Siram il gioco valesse la candela: «Da quello che ricordo – conclude l’ex tesoriere ai magistrati milanesi – la somma degli appalti di Bonet e Siram in Veneto era di circa 25 milioni in un triennio».
Sandro De Riccardis e Emilio Randacio
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