BERLUSCONI E BOSSI ALLA RESA DEI CONTI, MA IL METODO BOFFO PUNISCE ENTRAMBI
RESTA IL GELO TRA I DUE LEADER, MA LA LEGA SCONFITTA AL NORD NON PUO’ PER ORA PERMETTERSI LA ROTTURA… SEMBRANO ORMAI DUE PUGILI SUONATI SUL RING CHE SPERANO NEL MIRACOLO
All’ennesima telefonata contro il premier, il conduttore non si è più trattenuto: “Siete ossessionati da Berlusconi. Siete ossessionati dal nulla perchè il berlusconismo non esiste. Berlusconi ha intercettato ciò che c’era già e cioè la voglia di avere più soldi, fare le vacanze, avere una bella casa e una bella macchina. Tutto questo passerà , resteranno i pensieri di Bossi”.
Cronache da Radio Padania nel day after del disastro milanese.
I pensieri di Bossi resteranno pure (anche se il federalismo la base leghista lo aspetta da vent’anni ormai) ma la realtà di oggi è che il Cavaliere e il Senatùr somigliano entrambi a due pugili suonati sul ring.
Storditi, annichiliti dalla vittoria dei no al referendum milanese suL premier.
Difficile dire chi sta peggio tra i due, che alle sette di sera di lunedì si sono pure sentiti per telefono.
Una conversazione breve e interlocutoria.
La versione più diffusa parla di “gelo”, ma le colombe del Carroccio si affannano a precisare che “è stata una telefonata normale in cui i due si sono assicurati reciprocamente l’impegno massimo per il ballottaggio e hanno programmato un incontro per vedersi”.
I fatti però vanno nella direzione opposta.
Se non altro perchè alla vigilia del voto lo stesso Bossi aveva detto “se a Milano si perde, perde Berlusconi”, facendo trapelare la tentazione della “carognata finale”.
Ma ora che la suggestione ha preso forma nel trionfo di Pisapia al primo turno, il Senatùr ha imposto una tregua di due settimane ai suoi.
Vuole aspettare, e capire soprattutto.
Lui che si è sempre vantato del fiuto del suo naso è rimasto sbalordito dal livello di antiberlusconismo raggiunto dal suo elettorato, sfociato nel voto disgiunto o nell’astensionismo.
Per il momento, la linea si muove su due piani: “lavoriamo per vincere, poi faremo la verifica” e “non ascoltiamo le sirene” della sponda democrat per la spallata al governo.
Ma dietro l’angolo c’è il solito fantasma.
Quello di un esecutivo guidato da Tremonti.
Lo spettro che aleggia su Palazzo Grazioli è questo e lo ha denunciato ancora una volta Alessandro Sallusti nel suo editoriale di ieri sul Giornale: “Le insidie più che dall’opposizione, arrivano dall’interno. Non tutti, dentro al centrodestra, si sono disperati per il risultato di Milano. Anzi, qualcuno si è pure fregato le mani intravedendo possibilità di scalate interne e di potere”.
Il premier però sarebbe davvero stufo del metodo Boffo imposto da Sallusti e Santanchè anche alla campagna elettorale di Milano (da Lassini alle accuse della Moratti a Pisapia).
E così ieri ci sarebbe stata un tremendo “cazziatone” al direttore del Giornale (è circolata la voce che Sallusti avrebbe avuto persino un malore).
Tutti sotto un treno, dunque.
Ed è così che è apparso ieri, in evidente stato di choc, l’intero stato maggiore pidiellino davanti alle telecamere.
Denis Verdini ha addirittura forzato la mano sostenendo che “tolta Milano, per il resto è stato un pareggio”, come se il carico politico nazionale delle elezioni meneghine fosse improvvisamente scomparso dalla scena.
Ma il giorno dopo la grande sconfitta, gli occhi erano tutti puntati sul Cavaliere.
Che ieri mattina ha visto per pochi minuti la Moratti e la Gelmini, assicurando che la campagna elettorale per il ballottaggio sarà all’insegna dei toni bassi e del territorio.
La necessità è quella di riacciuffare il voto moderato, quello che ha penalizzato Berlusconi lasciandolo solo con meno di 30mila preferenze. Un dato che ha spaventato e che ha convinto la Moratti a prendere le distanze proprio dal Cavaliere: “D’ora in poi risponderò solo a me stessa”. “
Dobbiamo fare anche un mea culpa” ha sottolineato ieri un La Russa visibilmente provato dalla sconfitta.
Si cambia totalmente registro, insomma.
E, soprattutto, il Cavaliere starà lontano da lei, anche se ufficialmente ha detto che “c’è ancora la possibilità di vincere e io ce la metterò tutta”.
Ma da dietro le quinte.
Ecco, questa è la vera novità del giorno dopo il bagno di sangue elettorale: Berlusconi forse non si farà vedere nella sua città , non alzerà i toni contro la magistratura e bloccherà ogni iniziativa parlamentare che possa creare frizioni o mediatiche o con gli alleati.
Profilo basso. B. ha dato il via libera solo ad alcuni manifesti che già da oggi potrebbero comparire sotto la Madonnina: “Non lasciamo che Milano finisca nelle mani dei centri sociali”, che però non si discostano molto dalla linea Santanchè ancora all’attacco: “Con Pisapia, al comune droga e Leonkavallo”. Poi sarà la volta di una accorata lettera aperta ai milanesi da parte del sindaco Moratti.
Berlusconi vuole depotenziare il più possibile la valenza politica del voto di Milano per evitare che l’eventuale sconfitta affondi il governo, come sperano in tanti.
Così fino ai ballottaggi non si sentirà parlare di riforma della giustizia, di processo breve e di legge per l’allargamento della compagine governativa, di nuovi sottosegretari e di comizi davanti al tribunale.
Anzi, con il placet di Ghedini, ieri sera presente al vertice dei colonnelli a Palazzo Grazioli, il Cavaliere potrebbe decidere di disertare, almeno per un paio di settimane, persino le aule del tribunale di Milano.
Le guerre private, stavolta, vanno messe da parte.
Fabrizio d’Esposito e Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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