GOVERNO, RIAPPARE LO SPETTRO DELLA CRISI E SI RAFFORZA IL RUOLO DEL QUIRINALE
SUL TAVOLO DELLA MAGGIORANZA GLI SCENARI LEGATI ALLA RICANDIDATURA DI BERLUSCONI
È Napolitano il vero vincitore delle elezioni, è lui che agli occhi di Berlusconi è diventato oggi l’uomo forte della politica italiana, trasformandosi nell’unico punto di riferimento dentro e fuori il Palazzo, dopo che le urne hanno distribuito cocenti sconfitte e contraddittori successi.
È sul Colle che secondo il Cavaliere siede il suo vero competitor, uscito rafforzato dal test delle Amministrative.
Berlusconi infatti è consapevole che il risultato di Milano indebolisce il suo esecutivo e lo consegna nelle mani del Quirinale, più ancora che in quelle di Bossi.
Se cadesse la «capitale» del patto tra il Cavaliere e il Senatùr, nulla andrebbe escluso: i maggiorenti del Pdl mettono nel conto persino una crisi di governo, malgrado il centrodestra paia in procinto di allargare ulteriormente la propria maggioranza in Parlamento.
Tutto (o quasi) inutile, dopo che il premier ha trasformato la sfida nel capoluogo lombardo in un referendum su se stesso.
Già il responso del primo turno compromette le mosse future del Cavaliere, pregiudicando una sua possibile ricandidatura alle prossime Politiche, e confermando un convincimento maturato in questi mesi da Bossi, secondo cui il centrodestra perderebbe se Berlusconi si riproponesse per palazzo Chigi.
Ma intanto c’è da gestire l’emergenza, il contraccolpo immediato, siccome la perdita di Milano rischierebbe di avere sull’attuale maggioranza lo stesso effetto che ebbe sul centrosinistra la perdita di Bologna.
Le recriminazioni sulla debolezza del candidato sindaco non servono.
Non basta rilevare il fatto che la Moratti abbia ottenuto meno voti delle liste di centrodestra, elemento che da oltre un mese emergeva dai sondaggi e che aveva allarmato il Cavaliere.
E poco importa se la gestione della cosa pubblica non abbia convinto i cittadini, a causa di un’assenza di strategia su un grande evento come l’Expo. I cocci sono comunque del premier, tocca a lui pagare il conto: Bossi ieri gli ha mandato un preventivo della fattura.
Non c’è dubbio che l’eventuale punto di rottura del berlusconismo passerebbe dalla faglia che si è aperta con il Carroccio.
Ma l’arbitro della sfida è il Colle, e Verdini dice quel che il Cavaliere pensa: «In questa fase confusa è chiaro che il capo dello Stato assumerà un ruolo determinante». Per capire fino a che punto ormai–agli occhi dei berlusconiani–si sia dilatato questo ruolo del Quirinale, il coordinatore del Pdl arriva a sussurrare con un sorriso amaro: «Ora Napolitano fa anche l’ambasciatore…».
Il riferimento è alle assicurazioni fornite ieri dal presidente della Repubblica alle autorità palestinesi, circa il rafforzamento delle relazioni diplomatiche con l’Italia.
Così in Berlusconi si è rafforzato un sospetto che aveva preso corpo due settimane fa, quando Napolitano chiese – a sorpresa – un passaggio in Parlamento del governo dopo la nomina dei nuovi sottosegretari: «In passato non si sarebbe comportato in questo modo», commentò allora il premier guardando la curva negativa dei propri sondaggi.
Allora una parte dei dirigenti del Pdl interpretò quella esternazione del capo dello Stato come la prima mossa di una sorta di «operazione rompighiaccio», tesa a preparare il terreno a nuovi equilibri dopo le Amministrative, nel caso di un capitombolo del centrodestra.
Il capitombolo c’è stato, frutto di un’errata strategia politica e mediatica del Cavaliere, come gli ha contestato ieri lo stesso Giuliano Ferrara.
E la Moratti – che scontava anche un handicap di gestione–è stata distanziata da Pisapia, candidato del centrosinistra, giunto a un passo dalla vittoria al primo turno.
La rimonta non sarà facile, il premier avrà due settimane per tentare di ribaltare il risultato e non venire ribaltato, «e se la Lega non impazzisce– dice Verdini – non ci saranno problemi di governo».
Una sconfitta però metterebbe tutto in discussione.
Comunque non c’è dubbio che dopo il ballottaggio di Milano si apriranno i giochi a Roma: «A quel punto – secondo il pidiellino Napoli–entrerà in scena il capo dello Stato, e lo farà con un ruolo da primattore».
Una cosa che – per usare un eufemismo – non piace a Berlusconi, ma che per certi versi è imposta dalla situazione generale della politica italiana.
I successi del Pd a Torino e Bologna sono infatti condizionati dall’avanzata della sinistra alternativa e protestataria che si riconosce nei «grillini», e che ipoteca future alleanze di governo.
Lo stesso Di Pietro è minacciato nella sua leadership di partito dallo straordinario risultato di de Magistris a Napoli, patria di Napolitano, dove il Pd non arriva nemmeno al ballottaggio e deve sperare in un apparentamento con l’ex pm dell’Idv per non restare tagliata fuori.
Quanto al terzo polo, non solo non riesce ad attrarre il voto dei moderati delusi dal Pdl, ma è costretto a registrare una nuova spaccatura in Fli.
In questo scenario polverizzato, con un governo indebolito dal risultato delle urne e attraversato da sospetti e accuse tra alleati, il Colle avrà giocoforza un ruolo crescente, mentre il premier sarà chiamato a gestire il rapporto con la Lega e a sopire le tensioni all’interno del suo partito, dove in molti già chiedono un «chiarimento interno ».
Servirebbe un rilancio per uscire da una fase di logoramento che dura da tempo.
Di un Berlusconi-bis, tuttavia, il Cavaliere non vuole sentir parlare: «Roba da prima Repubblica ».
Ma dovrà pur trovare un rimedio per allontanare i fantasmi che periodicamente riappaiono, assumendo le sembianze di Tremonti.
Non è dato sapere se attorno a questo nome possa davvero formarsi una maggioranza in Parlamento per un altro esecutivo, è certo però che l’Udc attende un segnale dalla Lega per capire se ci siano le condizioni per un nuovo assetto.
«Senza una forza moderata non si governa », ha detto ieri Casini, lasciando un pro memoria a Bossi.
E al pari del capo dei centristi, anche Bersani attende di capire se il Senatùr imprimerà una svolta.
Milano sarà lo spartiacque, dopo il quale ogni evoluzione del quadro politico nazionale passerà al vaglio di Napolitano, il presidente della Repubblica che–secondo Berlusconi– «ha trasformato il Quirinale nell’Eliseo».
Francesco Verderami
(da “Il Corriere della Sera“)
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