BERLUSCONI NON HA FRETTA A CUCINARE SALVINI: “NON HA I NUMERI, SI STA IMPUNTANDO SULL’INCARICO SOLO PER FAR IL LEADER DELL’OPPOSIZIONE”
E NEL VIDEO MESSAGGIO IL CAVALIERE SI GUARDA BENE DALL’INDICARLO COME PREMIER DESIGNATO DAL CENTRODESTRA
Il paradosso è quello di una vittoria per non andare al governo.
È nel corso del vertice di Arcore che viene letta così la strategia di Matteo Salvini: “Matteo non vuole fare il governo, altrimenti non si impunterebbe sull’incarico. Lui spera che Cinque stelle e Pd riescano a fare la maggioranza per fare il leader dell’opposizione e divorare il centrodestra”. Perchè i numeri sono numeri.
Al centrodestra mancano più di quaranta deputati e più di una ventina di senatori per avere una maggioranza.
Ed è chiaro che per “allargare” non basta lo “scouting”, ma serve la politica, con le sue grandi manovre e la capacità di tessere accordi.
Attorno al tavolo c’è tutto lo stato maggiore di Forza Italia a villa San Martino, capigruppo, fedelissimi, anche Gianni Letta e Antonio Tajani.
Nel corso del brainstorming, domanda Silvio Berlusconi: “E se rompessi con Salvini?”. Qualcuno risponde: “Non ci capirebbero e non ci seguirebbero i nostri”.
È il paradosso di una vittoria che toglie, per ora, margini di manovra. E che consegna un canovaccio obbligato al Cavaliere costretto a farsi concavo e attendista.
Perchè Salvini pretende di essere indicato come premier, nelle consultazioni, onorando il patto sottoscritto in campagna elettorale. In parecchi hanno notato anche molto come si sia “istituzionalizzato”, nella postura e nella comunicazione, finita la campagna elettorale. E non è un caso neanche che questa settimana — per uno come lui è una notizia — ha ridotto le uscite pubbliche e non andrà in tv, perchè un premier in pectore, finita la campagana elettorale, concede interviste solo se ha qualcosa da dire.
Ecco. Berlusconi, che pure vorrebbe percorrere altre strade, non può dire di no perchè “non possiamo spaccare il centrodestra”.
È per questo che, almeno per ora, ha accettato l’idea di una “delegazione comune al Quirinale” dei tre partiti del centrodestra per andare alle consultazioni. Solo una delegazione, non un gruppo parlamentare unico evidentemente, ma comunque un segnale fortemente unitario. Per percorrere altre strade, in assenza di forza, ci vuole tempo perchè solo il tempo può far maturare novità .
L’auspicio dell’alleato, in questo centrodestra che resta separato in caso, è un incubo per Berlusconi che in governo Pd-Cinque stelle vede il male assoluto, politico e aziendale perchè nel programma ci sarebbe, senza dubbio il conflitto di interesse.
Ed è per questo che, in un videomessaggio, il Cavaliere non dice esplicitamente “sì a Salvini premier”: rivendica l’incarico al centrodestra senza però indicare il nome, esprime fiducia nel capo dello Stato e nella sua saggezza, assicura “risposte positive”. Tradotto, prende tempo, nella consapevolezza che magari siamo anche entrati nella Terza Repubblica ma che le regole di questo passaggio assomigliano tante a quelle della prima.
E se le larghe intese sono franate nelle urne, la soluzione, semmai ci sarà , sarà il frutto di lunghe attese.
Attese innanzitutto per quel che accade nel Pd. Le dimissioni “post-datate” non hanno tolto di mezzo Renzi che, almeno così pare, resterà segretario per tutta la durata delle consultazioni. E finchè c’è Renzi c’è speranza perchè non accetterà mai un’intesa coi Cinque Stelle.
Mentre con un candidato più moderato di Salvini a Palazzo Chigi magari si potrebbe riaprire un’interlocuzione. Qualche telefonata di sondaggio informale c’è stata, in questa fase in cui tutti si muovono al buio, anche sul Colle più alto dove ancora una schema non c’è. E deve aver capito qualcosa anche Salvini che alla sinistra si è rivolto alla sinistra non per “allargare”, costruendo un nuovo schema, ma di fatto con un prendere o lasciare: “Chi vuole sostenere questo programma lo accettiamo. Ma non faremo accordi partitici”.
È complicato, per ora, chiedere a Salvini di rinunciare a essere proposto a favore di un candidato che abbia più numeri in Parlamento, perchè questa figura al momento non c’è. E qualora ci fosse non è detto che Salvini la sosterrebbe, anzi.
È una situazione vissuta da Berlusconi come una trappola che limita il gioco e la fantasia politica. E alimenta una certa insoddisfazione complessiva che, come sempre, lo porta a cercare capri espiatori di una campagna che non ha funzionato, visti i risultati.
L’ultima idea è di affidare l’organizzazione ad Adriano Galliani, l’amministratore delegato del Milan, appena approdato a palazzo Madama col mandato di “rilanciare” Forza Italia. Chissà . È un grande classico della casa promettere le rivoluzioni, a caldo, per poi lasciare le cose come stanno, smaltiti i fumi della sconfitta.
(da “Huffingtonpost”)
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