BERSANI: “UN RISVEGLIO CIVILE DALLA RIBELLIONE DEI RAGAZZI, MELONI IMITA TRUMP”
“IL GOVERNO DEMONIZZA I GIOVANI MA LORO SE NE FREGANO”
Pier Luigi Bersani beve birra chiara, mangia qualche tarallo, e si scalda quando parla dei giovani che hanno fatto assemblee straordinarie nelle scuole e che oggi saranno nelle piazze per Gaza: «Voglio credere che chi quei cortei li sta promuovendo col mio assoluto sostegno, abbia occhio che la violenza distrugge ogni buona ragione. Vanno evitate, isolate, espulse tutte le provocazioni che abbiano un sapore di violenza, ma mi pare che in larga parte questo movimento abbia chiare le istanze pacifiche che rappresenta. Credo molto in questa nuova generazione che si mobilita: per loro Gaza e la Cisgiordania sono quello che per noi fu il Vietnam».
Un risveglio?
«Un risveglio civile, una maturazione, una presa di coscienza forte dell’ingiustizia, che lascerà un segno profondo».
Il governo la pensa diversamente, evoca la violenza politica e gli anni di piombo.
«Demonizzano anche loro, lo so, ma i ragazzi se ne fregano. Si ribellano e fanno bene».
Come gli attivisti e i parlamentari sulla Global Sumud Flotilla?
«A fronte di una Meloni che attacca loro invece di Netanyahu, noi per fortuna abbiamo qualche deputato, qualche esponente
politico, che sa cosa voglia dire per la Costituzione seguire disciplina e onore nello svolgimento delle funzioni pubbliche. Hanno interpretato il sentimento profondo della grande maggioranza degli italiani».
Cosa pensa del piano di pace targato Trump?
«Anche un bambino vedrebbe i limiti enormi: è un ultimatum, non c’è il riconoscimento della Palestina, la famosa transizione dopo il cessate il fuoco è in una nebbia totale che ha uno spiraglio di luce solo in un assetto neocoloniale. Se uno mi parla di Trump e Blair come presidio di questa transizione, ho qualche problema. Detto questo, siccome ogni cosa che ferma un genocidio per me va bene, io dico a tutto il movimento: ogni giorno la sua pena. Se c’è uno spiraglio per fermare il genocidio lo si prende. Poi si ricomincia con le armi della democrazia, della presa di coscienza e della partecipazione politica».
Secondo Meloni attivisti e manifestanti stanno solo creando difficoltà al «popolo italiano», di cui pare non ritenerli parte.
«Non mi stupisce. In questa ideologia mondiale di sovranismo guidata da Trump una delle novità è lo stile di governo, non orientato a tenere insieme un Paese, ma a dividerlo alzando la bandiera della nuova ideologia. Più c’è scontro meglio è. Avviene in tutto il mondo e qui siamo al punto che ci riguarda».
Lo sconfittismo di fronte alla destra?
«Benché adesso tutti abbiano visto la mucca nel corridoio, non sono sicuro abbiano capito com’è. La nuova destra ha radici profonde, un grumo di idee che partono vestite da critica al politicamente corretto della sinistra salottiera, ma contengono tutt’altro: l’attacco ai principi di uguaglianza, alla divisione dei
poteri, alla laicità dello Stato».
Da qui la completa delegittimazione e colpevolizzazione del dissenso?
«È uno stile di governo aggressivo che serve a dividere. Da sempre per un certo periodo l’ideologia vince sui fatti. Poi i fatti prendono la rivincita, ma non è la gara dei cento metri, non è il colpaccio».
Come quello mancato nelle Marche?
«Non ha senso dire: abbiamo perso in tanti, proviamo a vincere in pochi. Tu con santa pazienza e determinazione devi fare un metro, piantare un chiodo dove eri arrivato e da lì fare un altro metro».
Il metro fatto è il campo largo. Cosa manca?
«Non c’è alle spalle il progetto politico per l’alternativa».
Qualcuno ci sta pensando?
«Qualcuno da solo può darsi, insieme no».
Consigli?
«Dopo che hai perso il referendum sul lavoro, invece di trastullarti nella sconfitta, offri ai 12 milioni che sono andati a votare una cosa targata così: Oltre il referendum per la dignità del lavoro e per l’alternativa».
Con dentro cosa?
«Una piattaforma sulla rappresentanza e la contrattazione, il disboscamento della precarietà, il salario minimo, la parità salariale donna-uomo, la formazione obbligatoria, la sicurezza. E poi fai una manifestazione come hai fatto con Gaza».
Non è stato fatto. E le Marche provano che il consenso di Meloni non si è eroso.
«Sono convinto che se non ci fosse il Pnrr, sarebbero già caduti. Perché a furia di portar soldi dai più, il lavoro, i deboli, i poveri, verso i meno: azionisti, banche, assicurazioni, la ruota non può girare. E infatti la crescita non c’è. Galleggiano solo perché ci sono 200 miliardi di euro e nessuno di quelli che ne traggono profitto vuole disturbare il manovratore».
Come mai in Italia la questione di Gaza è sentita così profondamente?
«Gli altri Paesi non hanno una Meloni che studia da Trump. E un capo della politica estera che dice che il diritto internazionale vale fino a un certo punto. A Tajani chiederei: chi lo mette il punto, Netanyahu? Tutto questo bagaglio offensivo di argomenti ha sollecitato il risveglio della coscienza civile e della solidarietà».
La premier ha rivendicato gli aiuti portati dall’Italia alla Palestina.
«Parla come se ci fosse stato un terremoto, invece è un genocidio».
Potrebbe essere lei il federatore dell’alternativa?
«Io se me lo chiedono do una mano, ma senza incarichi. Voglio essere libero com’ero da ragazzo. Devono essere i partiti a evolvere, aprire un confronto nel Paese. Quando facemmo l’Unione due più due faceva quattro, quando abbiam fatto l’Ulivo faceva cinque perché si era messo in moto qualcosa».
(da Repubblica)
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