BLUFF SU ILVA, CONDONI E MANCE: SOVRANISTI A CACCIA DEGLI ULTIMI VOTI
I FONDI VENGONO SBLOCCATI A RIDOSSO DELLE ELEZIONI REGIONALI
Soldi o promesse di finanziamenti per cercare di acciuffare i voti last minute in vista
delle regionali. Una strategia consolidata con la destra di Giorgia Meloni. All’elenco si è aggiunto il quarto decreto in tre anni per salvare l’ex Ilva, approvato nel Consiglio dei ministri di ieri
Il testo prevede di usare i «108 milioni residui del finanziamento ponte fino a febbraio 2026», quando è attesa la conclusione della procedura di gara per l’individuazione dell’aggiudicatario. I restanti 92 milioni di euro sono già a disposizione per interventi su altoforni e manutenzioni ordinarie e straordinarie. A questi si sommano 20 milioni di euro per farsi in parte carico della cassa integrazione
La premier Meloni non vuole pagare dazio al disastro sull’acciaio. Il provvedimento è arrivato sul gong, a pochi giorni dal voto in Puglia in cui comunque il centrodestra, capitanato da Luigi Lobuono, che ha colto l’occasione di rivendicare il decreto: «Dal governo c’è grande attenzione sull’ex Ilva».
Peccato sia solo una soluzione tampone, mentre il Pd con la segretaria Elly Schlein ha chiesto un «intervento delle grandi aziende a partecipazione pubblica».
Modello Zes
La destra insomma tira dritto. Nei giorni precedenti c’erano state la pantomima delle pre-intese sull’autonomia per accontentare il Veneto e addirittura la riesumazione di un vecchio condono a uso e consumo della Campania. In mezzo c’era stata una pioggia di risorse pubbliche cadute, o sbloccate, a ridosso del voto per le regionali. Una strategia tipica del governo Meloni: usare finanziamenti pubblici, presenti o futuri(bili), in campagna elettorale.
Il modello è quello della Zes nelle Marche. Se ne parlava da anni, c’erano state proposte in parlamento di vario tipo. Ma a poche settimane dal voto, ecco che viene annunciato il disegno
di legge per andare a meta e istituire la Zes in salsa marchigiana. Facendo arrivare un messaggio ben chiaro agli elettori. «Meloni come Achille Lauro», aveva detto il candidato del centrosinistra, Matteo Ricci, in riferimento all’ex sindaco di Napoli che in campagna elettorale dava una scarpa prima del voto e l’altra dopo.
In Campania, la madre di tutte le battaglie per la destra meloniana, non sono state messe in ballo calzature, ma 30 milioni di euro in due anni per l’America’s cup. Il governo vuole usarla come vetrina, intestandosi la mediaticità dell’evento. ci si è spinti a promettere un condono. La proposta di riprendere la sanatoria edilizia del 2003 è solo il caso più clamoroso di fare campagna elettorale locale, usando la leva del governo nazionale.
Gli emendamenti di Fratelli d’Italia alla manovra sono arrivati con un tempismo perfetto, anche se dal partito di Meloni parlano di una proposta di legge presentata già a marzo. Più che una difesa sembra l’ammissione della strategia: quel disegno di legge, fino a pochi giorni fa, era uno dei tanti testi lasciati a prendere polvere nei cassetti del parlamento. Il rilancio nella legge di Bilancio ha una tempistica significativa.
Gli effetti sul consenso di Edmondo Cirielli, il viceministro degli Esteri candidato presidente, restano da vedere. Ma l’operazione “acchiappa-voti” è stata portata al termine. E fa il paio con quanto ha portato orchestrato Antonio Tajani, nelle vesti di ministro degli Esteri e responsabile del progetto Turismo delle
radici. In Campania, direzione provincia di Avellino, sono arrivati in totale 70 milioni di euro nell’ambito dell’iniziativa curata dalla Farnesina.
La versione del ministero degli Esteri è quella di una pura casualità temporale tra l’arrivo dei fondi e la campagna elettorale. Fatto sta che la situazione è stata cavalcata con tanto di evento istituzionale, nella prefettura di Avellino, con il vicepremier Tajani e il ministro dell’Interno, l’irpino Matteo Piantedosi.
Mance elettorali
Dallo stesso progetto sono arrivati 70 milioni di euro in Puglia, che hanno interessato al comune di Brindisi, di Ginosa (Taranto) e di Santa Cesarea (Lecce). Anche in questo caso la versione racconta di programmi previsti da tempo e sbloccati a ridosso delle elezioni. I dirigenti pugliesi di Forza Italia sono corsi a rivendicare i propri meriti. Il coordinatore regionale, Mauro D’Attis, ha messo il cappello al finanziamento (37 milioni di euro) a Brindisi, e non sono stati da meno i due corregionali, Andrea Caroppo e Vito De Palma, che hanno sventolato la bandiera del turismo delle radici, che fa capo al leader del loro partito.
In Veneto la corsa alle promesse e agli stanziamenti è stata dettata dalla concorrenza interna alla destra: tra Fratelli d’Italia e Lega è in atto la corsa a essere la lista più votata. Così il senatore Matteo Gelmetti ha fatto inserire tra gli emendamenti segnalati della manovra quello dell’«istituzione museo nazionale del vino
presso il comune di Verona», chiedendo fondi per 10 milioni di euro.
La Lega, invece, ha incassato la pre-intesa sul trasferimento di alcune funzioni dallo stato alle regioni nell’ambito dell’autonomia differenziata. E in questo caso non si può nemmeno evocare, come ha fatto il Pd, il vecchio Achille Lauro e i suoi metodi: la scarpa (dell’autonomia) ancora non c’è.
(da editorialedomani.it)
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