CALABRIA, PIPPO CALLIPO SI DIMETTE DA CONSIGLIERE REGIONALE: “MIEI SFORZI INUTILI”
IN REGIONE TROPPE INFILTRAZIONI E FORZATURE DELLA GIUNTA : “HO RINUNCIATO A INDENNITA’ E DEVOLUTO IN BENEFICIENZA LO STIPENDIO, NON MI SONO CANDIDATO PER INTERESSE PERSONALE”… “HO FATTO DELLA LOTTA ALLA ‘NDRANGHETA UNA RAGIONE DI VITA: NON POSSO STARE IN UN AMBIENTE INQUINATO”
Dopo poco più di due mesi di attività del Consiglio regionale, tornato a riunirsi con regolarità solo dopo il lockdown, l’ex candidato governatore del centrosinistra Pippo Callipo ha gettato la spugna.
Questa mattina, a poche ore dall’inizio del Consiglio regionale ha protocollato le proprie irrevocabili dimissioni dall’assemblea. Una decisione arrivata dopo “lunga e sofferta riflessione” dice con una nota stampa, che al momento non ha alcuna intenzione di approfondire o integrare.
I suoi telefoni squillano a vuoto, i suoi collaboratori fanno sapere che al momento non ha dichiarazioni aggiuntive da fare.
“Fin da subito ho lavorato con entusiasmo e ottimismo, tuttavia – si legge – ben presto ho capito che le regole e i principi che ordinano l’attività del Consiglio regionale sono di fatto “cedevoli” al cospetto di prassi consolidate negli anni che mortificano la massima Assemblea legislativa calabrese e che si scontrano con la mia mentalità improntata alla concretezza”.
Consigli al buio con ordine del giorno comunicato a poche ore dall’inizio, sgarbi istituzionali come la presentazione del programma di governo della presidente Jole Santelli a quattro mesi dalle elezioni, forzature, mozioni e proposte di legge messe in votazione al termine dell’assemblea e senza discussione alcuna.
Nella giungla del Consiglio regionale, Callipo si è sentito perso. Impotente – dice chi gli sta vicino – di fronte a procedure, prassi e “liturgie politiche – scrive nella nota – che impediscono la valutazione delle questioni sulle quali l’Assemblea è chiamata ad esprimersi”.
È successo con la norma sulle indennità di fine mandato. Discussa frettolosamente in conferenza dei capi gruppo e portata in aula dopo sette ore di Consiglio, con trattazione affidata al consigliere di maggioranza Giuseppe Graziano, che si è limitato ad un laconico “si illustra da sè”, la legge per qualche giorno ha ripristinato le indennità di fine mandato anche per i consiglieri che non terminino il proprio.
Poi è scoppiato lo scandalo, tutti i consiglieri si sono indignati per la legge unanimemente approvata, per poi correre ai ripari con un Consiglio convocato ad hoc per abrogarla. E senza che ne venisse chiarita davvero la paternità politica, occultata da un rimpallo di responsabilità tutto interno al centrodestra.
Ma per quella norma, l’intera assemblea è finita sotto attacco. Incluso Callipo, che ha dedicato buona parte della propria campagna elettorale a tuonare contro i privilegi della politica.
Per questo, nella sua lettera d’addio, ci tiene a chiarire di non essersi candidato “per interesse personale o per il lauto compenso che viene corrisposto per questa carica, che per altro ho finora interamente devoluto in beneficenza, rinunciando in tempo utile anche al “vitalizio” e all’indennità di fine mandato”.
Lo scivolone sulle indennità di fine mandato, di cui ha giurato di non essersi reso conto, gli è bruciato parecchio. Ma a indurlo a gettare la spugna avrebbero contribuito anche l’ormai consolidata prassi della maggioranza di Jole Santelli di andare avanti per forzature. L’ultima in ordine di tempo si è consumata sulle commissioni, lievitate di numero al prezzo di 100mila euro all’anno di costi aggiuntivi, per tenere a bada gli equilibri interni alla maggioranza. E senza neanche riuscire nell’intento.
Nodo del contendere, la presidenza dell’antindrangheta, inizialmente affidata al consigliere Raffaele Sainato di Fdi, fin troppe volte evocato in un’inchiesta antimafia e su istanza di Giorgia Meloni in persona – dicono le indiscrezioni – spostato sulle “Riforme”.
Uno psicodramma diventato pubblico, che la maggioranza ha provato a sciogliere affidando la commissione al centrosinistra, cui nel frattempo è stata “scippata” la “Vigilanza”, tradizionalmente affiata all’opposizione.
Offerta rispedita al mittente con una nota di protesta e un’uscita dall’aula, mentre la maggioranza approvava presidenze monocolore e assegnava d’ufficio le vicepresidenze all’opposizione, rifiutate – anche queste – con dimissioni in blocco. Impasse ancora tutta da sciogliere al pari di quella sulla “questione morale” che secondo indiscrezioni avrebbe pesato non poco sulla decisione di Callipo di gettare la spugna.
Per il leader di “Io resto in Calabria”, che della battaglia contro la ‘ndrangheta ha fatto una pubblica bandiera, l’ambiente del Consiglio sarebbe fin troppo inquinato.
L’iscrizione sul registro indagati per concorso esterno in associazione mafiosa dell’assessore regionale Domenica Catalfamo, destinataria nelle scorse settimane di un avviso di conclusione indagini per associazione a delinquere e induzione a dare e promettere utilità , è solo l’ultimo episodio di un Consiglio che “vanta” già l’arresto del consigliere regionale di Fdi Creazzo, più decisamente poco edificanti passaggi emersi in maxioperazioni antimafia su consiglieri di maggioranza come Raffaele Sainato, Giuseppe Neri e Vito Pitaro. Troppo – assicurano i suoi stretti collaboratori – per non inquinare l’intera assemblea a detta di Callipo, che anche per questo avrebbe deciso di tirarsi fuori.
(da agenzie)
Leave a Reply