CAPITANI DI SVENTURA
TELECOM, UNA STORIA ITALIANA: UN’AZIENDA DIVORATA DAI DEBITI CONTRATTI DA CHI L’HA SCALATA SENZA SOLDI, PRIVATA DELLA POSSIBILITA’ DI CRESCERE E INVESTIRE
Abbiamo perso anche Telecom Italia.
Gli spagnoli di Telefà³nica comprano il controllo su una delle più importanti aziende italiane, che in Borsa vale 7,7 miliardi di euro, per qualche spicciolo, 300 milioni.
Non è un’acquisizione come quella del marchio Loro Piana di qualche mese fa: allora i francesi di Lvmh strapagarono per 2 miliardi l’eccellenza italiana nella moda.
Nel caso di Telecom, il sedicente “salotto buono” della finanza regala agli spagnoli i resti di un’azienda che negli anni è stata “spolpata”, come ha detto il presidente Franco Bernabè.
È una “storia italiana”, per citare lo slogan di un’altra azienda simbolo di questo nostro capitalismo, il Monte dei Paschi.
Nella cronaca della distruzione di Telecom ci sono tutti: da Gianni Agnelli a Roberto Colaninno a Marco Tronchetti Provera e Corrado Passera. Da Intesa San-paolo a Mediobanca, Generali e Benetton.
Poco importa ripartire i millesimi della responsabilità .
È il risultato che conta: un’azienda divorata dai debiti contratti da chi l’ha scalata senza soldi, privata della possibilità di investire e crescere.
I capitani di sventura che hanno distrutto Telecom sono gli stessi che governavano il grosso del capitalismo italiano di relazione: comandano su Rcs-Corriere della Sera, a un passo dal portare i libri in tribunale, hanno “salvato” l’Alitalia, che domani sarà consegnata ad Air France, con tante scuse; hanno creato mostri finanziari come Romain Zaleski e Salvatore Ligresti, capaci da soli di destabilizzare i bilanci delle grandi banche. E hanno ridotto la Pirelli e la Fiat come sappiamo.
I nostri capitalisti all’impresa hanno preferito la rendita, compiacendosi nelle articolesse encomiastiche che ottenevano sui giornali di cui erano proprietari.
Questa classe dirigente è stata definita come una “èlite estrattiva”: ha svuotato il Paese che le era stato affidato e, una volta consumato il bottino, ne consegna i rimasugli al primo straniero che passa.
Stefano Feltri
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