Aprile 2nd, 2017 Riccardo Fucile
VOTANTI INTORNO A QUOTA 200.000, LA META’ DEGLI ISCRITTI CERTIFICATI
Matteo Renzi vince il congresso tra gli iscritti con il 69%, Andrea Orlando è secondo con il 24,5-25% e Michele Emiliano arriva al 6,5-7%. Sono i dati, ancora non ufficiali, diffusi da fonti della mozione Renzi.
L’affluenza potrebbe attestarsi intorno al 50%: al momento risultano tra i 140 mila e i 155 mila votanti (in base ai dati di 4.700 circoli su oltre 6mila), ma si può presupporre – che si arrivi a chiudere intorno a quota 200mila, circa la metà degli iscritti certificati.
“Sono molto soddisfatto per il consenso così alto ricevuto da Renzi nei nostri iscritti: è un grande risultato. La base del Pd ha espresso un giudizio inequivocabile: Renzi è per gli iscritti il segretario in cui ripongono la loro fiducia e le loro speranze. Le dimensioni del risultato sono davvero importanti, per certi versi sorprendenti”, è stato il commento di Lorenzo Guerini, coordinatore della Mozione Renzi.
Per il senatore Pd Francesco Verducci, del Coordinamento nazionale della Mozione Renzi, quella che esce dai circoli Pd è “una grande prova di democrazia, di trasparenza, di impegno che non ha paragoni in Italia e che è un’assoluta rarità anche nel panorama europeo. Il Pd sta dimostrando vitalità e energia che nessun altro partito o movimento possiede, grazie alla passione di migliaia di iscritti e volontari. Chi fa polemica e prova a sminuire e delegittimare quanto sta avvenendo fa un torto alla comunità del Pd che sta dimostrando di esserci, di voler contare e di avere le idee molto chiare”.
Soddisfazione ha espresso anche il ministro Maurizio Martina, che ha sottolineato come sia “stata una bellissima prova. Stiamo parlando di migliaia di persone che hanno discusso, partecipato e scelto, dando forza all’idea di un partito fatto dall’impegno di tanti, uniti dalla volontà di dare una mano all’Italia. La netta affermazione della nostra proposta con Matteo Renzi ci dà fiducia e forza per i prossimi impegni. È il primo passo che ora va portato alle primarie degli elettori di domenica 30 aprile. Per un Pd più forte e più aperto, alternativo a Berlusconi, Grillo e Salvini, continueremo a proporre il nostro progetto per l’Italia. Avanti, insieme”.
Di dati in linea con le aspettative parla Marco Sarracino, portavoce nazionale della Mozione Orlando, che però si dice deluso dalla scarsa affluenza: “Ci duole notare che l’affluenza è sicuramente inferiore a quella dello scorso congresso nazionale, specie in quelle regioni dove la partecipazione è sempre stata molto alta”, ha commentato
Sorpresa, invece, hanno riservato, per Sarracino, i risultati per Renzi: “Siamo sorpresi dal risultato di Renzi, il quale, appoggiato dal 90% dell’Assemblea nazionale e della Direzione nazionale e da tutti i segretari regionali, tranne quello della Valle D’Aosta, ottiene percentuali sicuramente inferiori alle sue aspettative, vincendo in quelle città dove il Pd è messo peggio, un dato su cui dovremmo riflettere in tanti. Siamo convinti che da oggi al 30 aprile si apre una nuova partita che vedrà il nostro progetto premiato nel giorno delle Primarie”.
(da “La Repubblica“)
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Marzo 29th, 2017 Riccardo Fucile
A LIVELLO NAZIONALE RENZI 69%, ORLANDO 27%, EMILIANO 4%
“Arrivano i primi dati dai circoli Pd della provincia di Lecce, provincia della sottosegretaria Bellanova, stravince Emiliano, seguito da Orlando, mentre Renzi rimane a bocca asciutta. A Parabita Emiliano al 97%, Orlando al 3%, Renzi 0. Così a Castro di Lecce, con Emiliano all’82%, Orlando al 18 e Renzi a 0. A Bagnolo di Lecce Emiliano 88%, parimerito di Orlando e Renzi al 6%. A Presicce Emiliano al 97%, Orlando al 3%, Renzi 0”.
E’ quanto si legge in una nota della mozione Emiliano.
Ieri il comitato di Matteo Renzi ha fornito i dati della votazione nel circolo Pd di Bari Murat, il seggio del governatore pugliese.
Tra i 107 votanti, 59 hanno scelto il segretario uscente (il 55%), 38 hanno votato per Emiliano, in 10 hanno scelto il terzo contendente della segreteria Pd, Andrea Orlando. A livello nazionale l’ex presidente del Consiglio è al 69%, Orlando al 27%, Emiliano al 4%.
(da agenzie)
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Marzo 27th, 2017 Riccardo Fucile
I DATI VERI: A POMIGLIANO D’ARCO (4.000 OPERAI) GLI ISCRITTI AL PD SONO APPENA 35 E HANNO VOTATO IN 22….POLO SIDERURGICVO PIOMBINO (1.40 OPERAI) HANNO VOTATO SOLO IN 29 (25 PER RENZI)…EX ANSALDO BREDA PISTOIA (800 OPERAI) HANNO VOTATO IN 81 (70 PER RENZI)
Per molto tempo giornalisti e avversari politici hanno riso dei risultati numerici delle varie votazioni
online indette dal MoVimento 5 Stelle. Si è detto che 700 voti per scegliere il candidato sindaco del M5S a Genova sono pochi.
Lo stesso si è scritto quando si dà conto delle poche decine di migliaia di votanti che — su tutto il territorio nazionale — ratificano online le decisioni di Grillo.
Oggi dalle parti del Partito Democratico si parla di un grande risultato popolare, di un plebiscito a favore di Matteo Renzi, ma i numeri sono più o meno gli stessi.
Il PD sta per eleggere il nuovo Segretario, il congresso si divide in due fasi: la prima è costituita dalle convenzioni, riservate agli iscritti e votate a livello locale circolo per circolo.
La seconda invece sono le primarie aperte alle quali possono partecipare tutti i cittadini che condividano i valori del partito.
In questi giorni nei circoli del PD gli iscritti votano le tre mozioni (Orlando, Emiliano e Renzi) mentre le primarie si terranno il 30 aprile.
Ieri Matteo Renzi festeggiava la forte partecipazione, che secondo i dati diffusi in giornata è arrivata al 61% (non tutti i circoli hanno tenuto il congresso ieri), sei punti percentuali in più di quella raggiunta nel 2013, senza dire però che nel 2013 gli iscritti erano 540 mila mentre adesso sono 420 mila.
Euforici soprattutto i renziani che con il 68,9% dei voti degli iscritti sarebbero in vantaggio su Orlando (29,4%) e Emiliano (fermo a poco più dell’1,7%).
A vincere per il momento è la partecipazione del popolo del PD.
Perchè se c’è qualcosa del quale gli iscritti e gli elettori del Partito Democratico vanno fieri è la capacità — contrariamente a quello che succede in altri partiti — di mobilitare davvero la società civile.
Si parla molto del fatto che Renzi, nonostante la sconfitta del 4 dicembre e la caduta del suo governo, sia ancora in contatto con la base del partito anche in circoli che — per “tradizione” — dovrebbero essere ostili alla mozione del segretario uscente.
Si parla molto delle percentuali ma poco dei numeri su tutti quello dei votanti che hanno partecipato ai vari congressi nei circoli: poco meno di 18 mila.
Il che — come fa notare Pino Salerno su JobsNews — diviso il numero dei seicento circoli che hanno già celebrato il congresso fa più o meno una media di 29 iscritti a sezione.
La senatrice renziana Francesca Puglisi festeggia la vittoria della mozione Renzi nei circoli “operai” della Bolognina, a Pomigliano d’Arco, alla Mirafiori, alla Hitachi a Pistoia e al polo siderurgico di Piombino. “Anche gli operai stanno con Matteo Renzi, segno che l’ex Presidente del Consiglio è davvero uomo di sinistra, checchè ne dicano gli invidiosi.”
I numeri però raccontano un’altra storia, ad esempio al circolo di fabbrica del PD alla FCA di Pomigliano d’Arco su 35 iscritti hanno partecipato alla convenzione 22 persone.
Certo, il 95% ha votato per Renzi ma non stiamo certo parlando di una sezione che rappresenta la maggioranza degli operai Fiat di Pomigliano d’Arco che sono in tutto 4.000.
Non si tratta nemmeno di un circolo storico dal momento che è nato il 25 settembre 2016: in pratica la vittoria di Renzi a Pomigliano d’Arco ci dice che concretamente il PD rappresenta poco più dell’1% degli operai della fabbrica e chi pretende di capire qualcosa sugli umori della sinistra e dei lavoratori forse dovrebbe fare i conti con i dati reali.
Non vanno meglio le cose al Polo Siderurgico di Piombino, dove Renzi ha vinto ma dove l’interpretazione data da alcuni esponenti renziani del partito non è piaciuta agli operai che hanno scritto una lettera aperta per raccontare la verità sul circolo delle fabbriche di Piombino.
Si tratta di un circolo nato da poco, a fine marzo del 2016, per riavvicinare il partito agli oltre 1.400 operai del polo. Le cose però nella realtà sembrano essere andate diversamente: al voto hanno partecipato 29 persone di cui solo una decina di operai, 25 le preferenze per la mozione del Segretario uscente.
“Al congresso, convocato in fretta e furia, del Circolo di cui facciamo parte hanno partecipato 29 persone di cui operai solo circa una decina. Abbiamo visto partecipare al voto diverse persone che con la fabbrica non c’entrano nulla e che non abbiamo mai visto alle nostre riunioni, ma che stavolta si sono puntualmente presentate per votare al congresso. Il Circolo delle fabbriche che aveva creato tanto entusiasmo al momento della sua nascita e che doveva essere un esempio per risolvere molti dei problemi che il Pd ha col mondo del lavoro è invece diventato lo specchio della crisi che questo Pd vive. Dove sono finiti i tanti lavoratori che affollavano la sede del Pd al momento della nascita del nostro Circolo? Perchè molte persone si sono perse per la strada e altre non siamo riusciti a convincerle a iscriversi? Non è forse anche perchè alcune delle politiche che il Pd ha sviluppato a livello nazionale in questi anni non ci hanno aiutato?
Un po’ meglio sono andate le cose alla Hitachi (ex Ansaldo Breda) di Pistoia dove su 81 votanti 70 hanno dato la preferenza a Matteo Renzi, certo non siamo ai livelli nè di Pomigliano nè di Piombino perchè il polo industriale di Pistoia conta meno di 800 addetti (senza ovviamente contare l’indotto).
Anche al di là delle rivendicazioni dei renziani che si riscoprono vicini al mondo operaio non è che i numeri del PD siano da capogiro e tali da giustificare di sentirsi meglio dei 5 Stelle.
Fatte le debite proporzioni — ovvero il fatto che i pentastellati votano comodamente da casa e che il M5S è un partito meno radicato sul territorio del PD per quanto riguarda la presenza di circoli e meetup — gli iscritti Dem non sembrano poi particolarmente più attivi almeno per quanto riguarda il voto.
Le convenzioni non sono ancora finite ed è presto per tirare le somme ma è evidente che per il Partito Democratico la forza non sono più gli iscritti ma la fetta ben più ampia di elettori e simpatizzanti che andranno a votare alle primarie aperte, meno problematici perchè non vengono coinvolti nelle discussioni congressuali e più d’impatto dal punto di vista numerico.
La tendenza è abbastanza chiara, ci sono circoli che sono stati aperti solo per poter fare qualche operazione di marketing a basso costo ed eventualmente per poter parlare di risultati “di sinistra” per la mozione del segretario uscente.
Quei circoli però non contano nulla dal punto di vista del numero dei voti e Matteo Renzi vincerà non certo grazie ai voti degli operai.
Il rischio è che il PD si illuda davvero che quei 23 voti a Pomigliano d’Arco e quei 30 a Piombino rappresentino “un plebiscito” del mondo operaio a favore di Matteo Renzi.
Di fatto il PD nelle fabbriche non c’è da parecchio tempo e queste operazioni maldestre di interpretare i risultati dei circoli in quel modo non faranno che allontanare gli operai dal partito.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 27th, 2017 Riccardo Fucile
ORLANDO STACCATO AL 25,5%
Allo storico circolo Aniasi – pieno centro di Milano, corso Garibaldi – non c’è stata partita. Su 245 votanti, 202 hanno scelto la mozione Renzi (e Martina), lasciando agli altri poco più delle briciole: 41 voti per Andrea Orlando, 2 per Michele Emiliano.
Qui, nel 2013, Matteo Renzi era stato battuto da Gianni Cuperlo.
Non era stato un risultato anomalo, per Milano: perchè il segretario dimissionario del Pd proprio nella città che negli ultimi anni è diventata la roccaforte del renzismo, all’ultimo congresso era uscito sconfitto.
Come cambiano i tempi: a votazioni per l’assemblea nazionale ancora in corso – si chiuderanno il 2 aprile – Milano regala a Matteo Renzi percentuali schiaccianti: il 73% – a ieri sera – contro il 25,5% del ministro della Giustizia e l’1,5 per Michele Emiliano, che dovrà sperare in altre città (e in altre Regioni) per vedere crescere il suo consenso.
Le votazioni sulle mozioni presentate dai tre candidati alle primarie nazionali del Pd riguardano a Milano e area metropolitana, 174 circoli: finora hanno votato in 57, ma molti sono quelli di peso, sia per numero di iscritti sia per tendenza generale.
Il peso, appunto: il voto sulle tre mozioni serviranno per decidere il peso dei sostenitori dei tre sfidanti nell’assemblea nazionale.
Non basteranno, insomma, per decretare la conferma o la fine dell’era Renzi, ma serviranno per il futuro, per le decisioni del partito.
I risultati parziali, per adesso, confortano i colonnelli della maggioranza dem. A guardare i dati di zona 1, – il centro di Milano – luccicavano gli occhi ai turborenziani: “viaggiamo tra l’80 e il 90%”, il commento più sobrio. Se la media, finora, fa 73, in Città metropolitana i dati sono appena più bassi: 70 contro 28,5.
Qualche motivo per festeggiare c’è.
La sorpresa, per esempio, è stata quella del circolo Pd della Barona. Quartiere duro e risultato in bilico fino alla fine, con qualche speranza degli orlandiani.
Invece ieri pomeriggio la conferma, dopo quella del circolo dell’Ortica, dell’orientamento che Milano sembra ormai avere: vince sul filo la mozione Renzi, con 34 voti contro i 30 di Andrea Orlando (e gli zero voti di Michele Emiliano).
Va al ministro della Giustizia, invece, il circolo Vigentino: qui, nella profonda zona 5, Orlando ha battuto Renzi. Al circolo Porta Romana su 72 voti Renzi ne ha presi 63. E al circolo (renzianissimo) della Pallacorda, qualcuno commenta perfidamente: “Emiliano ha battuto Orlando”: in effetti il governatore pugliese raccoglie 3 voti contro i 2 del ministro.
Che siano votazioni sentite, e proprio per la battaglia campale tra le correnti Pd, si capisce anche dall’affluenza: già ieri al 70%, l’8 in più dell’ultimo congresso, quello – appunto – vinto a Milano da Cuperlo, anche se Renzi vinse in Lombardia e, si sa, nel resto d’Italia. Chiusa la fase delle mozioni, si apre per il partito un mese cruciale: il 30 aprile ci saranno le primarie, e lì non conterà solo il voto degli iscritti, anzi.
Per questo il Pd milanese sta cercando di capire come organizzare la chiamata al voto del “popolo delle primarie”: nel 2013 furono 143mila tra iscritti e non a Milano e provincia. Il segretario democratico Pietro Bussolati sta pensando a una serata aperta – in un grande teatro, probabilmente – per mettere a confronto sostenitori illustri (e rigorosamente non lombardi) dei tre candidati.
Salvo modifiche, arriveranno in città il ministro Graziano Delrio per Renzi, Gianni Cuperlo per Orlando e Francesco Boccia per Emiliano.
(da “La Repubblica”)
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Marzo 2nd, 2017 Riccardo Fucile
SERVONO SOLO A QUATTRO PERDENTI PER DIVIDERSI DUE POLTRONE IN SIMILPELLE…. CON IL PROPORZIONALE NON SERVE UNA COALIZIONE E NESSUNO ARRIVA AL 40%: LE PRIMARIE IN ITALIA SONO SOLO UNA GRAN PRESA PER I FONDELLI DELL’ELETTORE
Il tema delle “primarie” nel centrodestra è uno dei pochi argomenti “concreti” che vengono, più che
dibattuti, sbandierati dai partiti della “coalizione possibile”.
In realtà delle primarie in sè non frega nulla a nessuno di coloro che le invocano, se non per una “prova di forza interna” da tradurre in percentuali di potere da dividersi in caso di vittoria.
E qui arriviamo al primo punto: indicare un premier di coalizione, con il ritorno al proporzionale e l’eliminazione del ballottaggio, NON SERVE A NULLA, per un semplice motivo, nessuno arriverà al 40%, quindi nessuna coalizione potrà accedere al premio di maggioranza e governare da sola.
A che serve indicare un candidato premier del NULLA?
E’ più semplice lasciare decidere l’elettore : chi prenderà più voti avrà un maggior peso nel dibattito interno, così funziona in democrazia.
Qualcuno a questo punto obietterà : ma le primarie permettono all’elettorato di centrodestra di “partecipare” alla scelta del leader e della linea politica.
I precedenti dimostrano che sono balle.
Quanti elettori di centrodestra hanno contribuito a far vincere le primarie a Renzi?
Le primarie hanno senso in Paesi ad alto tasso di democrazia partecipata e a prova di inquinamento di lobby e cosche, non in Italia.
Questo è il Paese dove un candidato alle prossime primarie Pd, nonchè magistrato, si appella agli elettori grillini e di destra per andare a votare alle primarie dem per “mandare a casa Renzi”.
In pratica spera di vincere con l’aiuto degli avversari.
Con le primarie, ai tempi del Msi, avrebbero fatto segretario Paietta: bastava che il Pci mandasse a votare i suoi attivisti ai banchetti missini e addio Almirante, Michelini e Rauti.
Poi ci sono i due penosi precedenti di Roma: alle comunali i gazebo della Lega prima e quelli di Forza Italia poi, con esiti già segnati dai vertici e schede mai controllate da autorità terza.
Vi immaginate che tarocchi ci sarebbero in zone “egemonizzate” da questo o quel partito?
Non a caso chi le vuole? Chi ha mano libera al Nord (Salvini), al Centro (Meloni) e al Sud (Fitto).
Se volete inserisco già le percentuali dei risultati in una busta e la apriamo il giorno dei risultati: sono certo che ci azzecchereste anche voi.
E perchè mai dovremmo sottoporci a questa farsa?
E chi vi dice che chi non ha votato per il vincitore delle primarie lo farà poi sulla scheda elettorale?
E chi vi dice che non voteranno elettori di centrosinistra?
E chi garantisce che non ci saranno schede taroccate?
E quale autorità terza controllerà le votazioni?
Chi verificherà che non sia indirizzata al voto manovalanza della criminalià (cosa già certificata per le primarie del centrosinistra) ?
La verità è un’altra: Salvini e la Meloni (con Fitto e Alemanno che cantano “aggiungi un posto a tavola, che c’è un amico in più”) vogliono rappresentare “non il centrodestra”, ma “il polo sovranista”.
Liberi di farlo, ma abbiano le palle di presentarsi da soli, così si fanno contare., come a Roma, dove il leader in pectore Salvini ha raccolto il 2% o come a Napoli dove non è riuscito neppure a presentare la lista.
Troppo comodo pretendere che “Forza Italia” e altri, che non condividono la loro impostazione, debbano fare i “portatori d’acqua” a dei ciclisti spompati.
Sullo Stelvio ci si arriva con le proprie qualità , non a forza di spinte.
Non a caso in Francia, si presentano due candidati distinti che “prendono voti a destra” e l’esito probabile delle elezioni francesi anticipa il destino delle due anime del sedicente centrodestra italiano.
Perderanno entrambi, a vantaggio di chi “prende anche voti a destra, ma non solo”.
Pedalate, gente, pedalate…
Per meditare occorrerebbe anche usare il cervello.
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Febbraio 25th, 2017 Riccardo Fucile
SONDAGGIO SCENARI POLITICI, PRIMO RILEVAMENTO DOPO L’UFFICIALIZZAZIONE DELLE CANDIDATURE
Matteo Renzi è abbondantemente avanti nella sfida per la segreteria del Pd. 
Secondo il sondaggio di ScenariPolitici per HuffPost il segretario uscente arriverebbe primo alle primarie col 61% delle preferenze.
Secondo Michele Emiliano al 21% e terzo il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, al 18%.
Renzi sorride anche nella rivelazione sulla fiducia tra i protagonisti del centrosinistra. In questo caso è primo col 30,6%, tallonato dall’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, al 28,4%.
Al terzo posto Orlando col 26,2%.
E’ evidente che in questo caso Renzi, superando quota 50%, non dovrebbe quindi sottoporsi al voto dell’assemblea Pd, con il rischio di rimanere vittima di un’alleanza tra i suoi competitor, circostanza ventilata in questi giorni.
Emerge invece come novità , ma non certo per gli addetti ai lavori, la “credibilità ” dell’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, destinato ad assumere un ruolo non secondario nei futuri scenari politici.
(da agenzie)
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Gennaio 22nd, 2017 Riccardo Fucile
HAMON 35,2%, VALLS 31,5%, MONTEBOURG 18,7%
Vince Benoit Hamon, il candidato del reddito di cittadinanza, il socialista utopista che ha capeggiato la fronda contro la sua maggioranza di governo.
Domenica prossima, al ballottaggio, se la vedrà con l’uomo che ha incarnato il governo che Hamon contestava, l’ex primo ministro Manuel Valls.
Non c’è stato il temuto tracollo della sinistra, una partecipazione calcolata fra 1,7 milioni e 1,9 ha garantito legittimità a questa consultazione, pur con un’affluenza inferiore di oltre il 50% rispetto a quanto totalizzato dalla destra a fine novembre.
In molti, nella gauche, si interrogano sul ruolo di Francois Hollande, il presidente che ha guidato per 5 anni la Francia e che è finito ad un minimo di popolarità storico.
Poi ha costretto la sinistra ad attendere gennaio per celebrare le primarie – annunciando il proprio ritiro soltanto a inizio dicembre – e alla fine ha fatto di tutto per esibire la propria assenza da questo appuntamento.
Oggi è in visita in Cile e non ha neppure votato, giovedì scorso, per il dibattito finale, se n’è andato a teatro.
Tutto questo, secondo gli analisti, vorrebbe significare che il suo appoggio andrà a Emmanuel Macron, il suo ex ministro dell’Economia che si è candidato senza passare dalle primarie.
Come accadde nei 10 giorni delle primarie della destra, quando a sorpresa fu Francois Fillon a scoprirsi vincente, per la gauche è stato Benoit Hamon, frondista che ha contestato giorno dopo giorno il governo da sinistra, a superare tutti.
Ha regolato in volata Manuel Valls, che nei dibattiti di questa settimana è stato costretto nello scomodissimo ruolo di difensore del bilancio di governo; e ha battuto l’altra sinistra del PS, quella “operaista” di Arnaud Montebourg, l’uomo del “made in France”, della difesa a oltranza dell’occupazione, anche sforando le regole sui deficit o alzando barriere protezionistiche
Hamon, 50 anni, cresciuto nel PS al fianco di Martine Aubry, creatore proprio con Montebourg del Nuovo Partito Socialista, è invece il candidato che più di ogni altro ha fatto del reddito di cittadinanza la sua bandiera.
Un provvedimento, come ha spiegato pochi giorni fa a Le Monde, che “non può essere realizzato dall’oggi al domani”, ma che resta “un obiettivo” a termine.
Contro la crisi, la disoccupazione, il malessere della società , Hamon propone da un lato di “ridurre l’orario di lavoro fino a 35 ore settimanali”, dall’altro di introdurre “un reddito universale di esistenza, il mezzo cioè per i lavoratori di poter ridurre essi stessi il proprio orario di lavoro per potersi dedicare a cose diverse da un lavoro talvolta penoso”.
Valls, che domenica affronterà in un duello per lui molto difficile l’avversario situato alla sua sinistra, ha rilanciato con un “reddito di decenza”, cioè un’entrata minima garantita per tutti quelli che sono sotto un livello minimo di risorse e non – come nel modello Hamon – a tutti indistintamente.
Per il resto, Valls vuole reintrodurre un provvedimento adottato sotto la presidenza di Nicolas Sarkozy e poi abolito da Francois Hollande, la defiscalizzazione delle ore di straordinario, per rilanciare la produzione e la redditività del lavoro.
Due visioni apparentemente inconciliabili, quelle di Hamon e Valls, che si scontreranno in condizioni diverse: il primo potrà contare su un numero nettamente superiore di sostegni degli altri candidati, a cominciare dal terzo classificato, Arnaud Montebourg: con il suo 18%, Hamon avrebbe già la maggioranza assoluta.
Molto in salita la strada per Valls, che nel dibattito di questa settimana si troverà sempre confinato nel difficile ruolo di difensore degli ultimi difficili anni di governo, per attirare alleanze, a parte Vincent Peillon, che ha però soltanto il 6,48%. L’appoggio che Valls avrebbe atteso, quello di Hollande, continuerà con ogni probabilità a non arrivare.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 13th, 2016 Riccardo Fucile
CANDIDATO SI RITIRA: “NON C’E’ TRASPARENZA”
“Senza immaginazione non c’è salvezza”, dice lo slogan dei Giovani democratici. 
E di immaginazione ce ne vuole, guardando le foto dell’ultimo congresso romano di tre settimane fa, per convincersi che gli iscritti nella Capitale siano duemila.
La prova del nove, comunque, si avrà oggi quando l’organizzazione junior del Pd sceglierà — ai gazebo — il nuovo segretario nazionale.
Così direbbe la logica, ma quello che inizia è di nuovo un weekend di voto destinato a fare polemica.
Cominciamo dai numeri: a Roma, dicevamo, ci sono 1.900 iscritti nel 2015, settecento in più dell’anno prima.
Un dato anomalo, visto che a livello nazionale le tessere dei Giovani democratici si sono dimezzate nel giro di pochi anni, passando dai 50 mila del 2012 ai 25 mila del 2015, in linea con l’emorragia di iscritti al Pd “adulto”.
Doppiamente anomalo, il baby-boom degli iscritti romani, se si considera che alle primarie per la scelta del candidato per il Campidoglio, domenica scorsa, il voto degli under 30 è stato quasi sconosciuto ai radar dei gazebo.
Quello che si conclude oggi è un congresso scandito da accuse e veleni sulla scarsa trasparenza: inizialmente, il voto degli iscritti ai Gd valeva 1,5 punti e quello dei simpatizzanti soltanto 1, e questi ultimi per votare dovevano obbligatoriamente utilizzare una carta di credito intestata e pagare due euro.
Uno studente di Lodi ha fatto ricorso alla commissione di garanzia, che ha sentenziato: ogni voto deve avere lo stesso valore e l’uso obbligatorio della carta di credito discrimina i giovani senza una Visa in tasca.
Così, si è deciso di “aprire” le primarie. E pure troppo. Solo i simpatizzanti che si sono iscritti on line entro il 6 marzo devono presentarsi ai seggi con un documento di identità .
Agli altri, gli iscritti con tessera, basta semplicemente esibire il cartoncino di appartenenza ai Gd. È senza foto e la paura è che possa facilmente essere usato in serie: chi se ne accorge, se uno viola il regolamento e vota più di una volta?
Direte: andate ai seggi a controllare. Ma un’altra regola scritta delle primarie prevede che, escluso il presidente, gli scrutatori e i rappresentanti di lista, nessun altro possa “sostare nei pressi dei seggi e comunque a distanza inferiore di mt. 100”.
L’allarme è alto. E uno dei candidati, Dario Costantino — coordinatore della Federazione degli studenti e “erede” di Fausto Raciti — minaccia di ritirarsi dalla corsa se le primarie non vengono rinviate e le regole riscritte.
Non ci sono più, dice, “le condizioni minime per partecipare”: “Risultato a tavolino”. Gli indiziati sono i mentori del suo sfidante, Mattia Zunino: fedelissimo del segretario uscente, Andrea Baldini, e del commissario del Pd Roma Matteo Orfini, figlio dell’ex parlamentare Massimo Zunino (nominato durante il governo Renzi presidente di Mistral Air, la compagnia aerea di Poste Italiane), sostenuto da Davide Ragone, leader dei Future Dem e membro dello staff del ministro Maria Elena Boschi.
La corsa, sulla carta, è un po’ impari.
E il risultato di Roma è quello che può spostare il verdetto nazionale. I maligni arrivano a dire che nella Capitale sarebbero pronte delle “navette” per spostare gli elettori da un gazebo all’altro.
Ma il clima è di guerra ovunque. Alcuni congressi locali sono finiti in rissa: a Bari il segretario regionale uscente ha tirato lo statuto del partito colpendo un militante, a Napoli l’ex segretaria Antonella Pepe si è dimessa dopo aver denunciato anomalie nel tesseramento a Caserta e Salerno.
Ci sono Comuni con meno di 2 mila abitanti dove si sono registrati via web fino a 70 simpatizzanti.
Altrove succede l’opposto: sono stati dichiarati anomali 266 iscritti a Monreale, idem a Enna, in Molise e nella provincia di Barletta-Andria-Trani.
A Urbino, per dire, non è stata autorizzata l’apertura di un seggio, nonostante ci fossero 15 iscritti on line: quei 15, se vorranno, potranno farsi due ore di autobus e votare a Fano.
Antonio Monti e Paola Zanca
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 11th, 2016 Riccardo Fucile
L’EX SINDACO CHIAMA DOMANI A RACCOLTA I SUOI FANS E PROVA A STANARE RENZI
È furioso Antonio Bassolino.
Convoca in un teatro, per domani, il suo popolo: «Apro un percorso democratico di consultazione per reagire a una arroganza insopportabile. Se avremo le forze necessarie per vincere, mi candiderò».
Ma c’è ancora tempo per decidere, ripetono per tutto il giorno i suoi fedelissimi, il consigliere regionale Antonio Marciano e l’eurodeputato Massimo Paolucci.
E oggi è il tempo dei ricorsi interni al partito per annullare le votazioni in sei dei 73 seggi della città .
Sceglie «Otto e mezzo» per dare un colpo di acceleratore al chiarimento interno al Pd, come se volesse invitare Renzi a rendersi conto che «il partito vuole suicidarsi un’altra volta» (dopo quella delle primarie del 2011).
Convinto, Bassolino, che «Valeria Valente non arriverà neppure al ballottaggio con De Magistris»: «Sono sceso in campo perchè pensavo e penso di potercela fare».
Un segnale, una apertura, un gesto politico per evitare la spaccatura, la separazione, la lista civica.
Questo in fondo chiede Bassolino a Renzi, al segretario del Pd che dopo una settimana di tormenti e di lacerazioni sugli esiti delle primarie (a Roma e a Napoli) ha annunciato che parlerà di quello che è successo, domenica, a un seminario del partito.
Chiarisce Bassolino: «Io ho proposto di annullare il voto in quei sei seggi. Il partito potrebbe proporre di rivotare in quei seggi. Potremmo discuterne. Minimizzare è una offesa ai 30.000 elettori, a Napoli».
Dunque, per non disperdere quel patrimonio di forze che lo hanno sostenuto in queste settimane, con l’hastag #napoliriparte, Antonio Bassolino ha convocato il suo popolo, per una assemblea al teatro Augusteo, domani mattina.
«Spero di trovare all’Augusteo molti di quelli che mi hanno sostenuto in queste settimane. Anche chi non ha partecipato alle primarie e quelli che, e sono tanti, vogliono andare a casa. C’è tempo per prendere le decisioni. Intanto dobbiamo depositare il nuovo ricorso al Provinciale. Ce lo bocceranno? Ci rivolgeremo a Roma».
Prima di lasciare Napoli per andare negli studi di Lilli Gruber, Bassolino, nella sede della Fondazione Sudd, respinge le accuse di voler sfasciare il Pd: «È il partito che rischia di divorziare con la città . Invece di esaminare il ricorso e dire qualcosa, annuncia che non è successo nulla. Quello che non si può fare è non fare nulla».
Il Pd napoletano dopo giorni di silenzio prova ad abbozzare una controffensiva rendendo pubblico il verbale della riunione del comitato organizzatore delle primarie, che ha bocciato il ricorso presentato da Bassolino. «Dopo ampia discussione, il Comitato ha deciso di entrare nel merito dei fatti oggetto di contestazione, ritenendoli in alcuni casi esecrabili ma non in grado di mettere in discussione il voto espresso». Dunque, si è discusso del merito.
«Ma in modo molto superficiale – replica l’amministrativista Riccardo Marone, ex sindaco e vicesindaco di Napoli, avvocato di Bassolino – e contraddittorio perchè riconosce l’esistenza di episodi esecrabili».
E Bassolino denuncia che nel corso della riunione dell’organo di garanzia «c’è stata una grave interferenza»: «Senza avere titoli, si è presentato alla riunione il segretario del Pd».
Affranto, disperato, Tonino Borriello non ci sta alla «vergognosa e diffamatoria campagna di sciacallaggio» nei suoi confronti.
E’ lui il consigliere comunale ripreso da Fanpage che davanti al seggio 45 di San Giovanni a Teduccio dà un euro all’elettore per poter votare alle primarie.
«Un gesto sicuramente esecrabile – scrive la commissione che ha bocciato il ricorso Bassolino – ma un solo caso su 700 votanti».
Si difende Borriello: «Era un elettore del Pd, uno con cui prendo il caffè al bar. Era con la moglie e mi ha chiesto di prestargli l’euro per consentirle di votare. E gli ho dato un euro».
Oggi Bassolino depositerà il nuovo ricorso. La storia continua.
Guido Ruotolo
(da “La Stampa”)
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