Aprile 23rd, 2012 Riccardo Fucile
HOLLANDE IN TESTA, MA SARKOZY NON MOLLA… MARINE LE PEN NON DARA’ INDICAZIONI DI VOTO
Con il 28,63% delle preferenze, il candidato socialista Francois Hollande è davanti allo sfidante
Nicolas Sarkozy (27,18%), nei risultati definitivi, del primo turno delle presidenziali francesi, forniti dal ministero dell’Interno di Parigi.
A sorpresa, con il 17,9 %, la candidata dell’estrema destra (Fronte Nazionale), Marine Le Pen, si piazza terza; i suoi voti, se indirizzati verso il presidente uscente, potrebbero permettere a Sarkozy di recuperare buona parte dello svantaggio sul socialista, al secondo turno elettorale, tra due settimane.
Seguono il candidato dell’estrema sinistra, Jean Luc Melenchon (11,11%) e il centrista Francois Bayrou (9,13%).
Proprio questi è il vero ago della bilancia: i suoi voti sarebbero determinanti per entrambi i candidati, visto che l’estrema sinistra ha già annunciato un voto “incondizionato” a favore di Hollande e che probabilmente anche la candidata dei Verdi, Eva Joly, che ha ottenuto il 2,31%, darà indicazione di appoggiare il socialista. Hollande è risultato in testa anche a Parigi, con il 34,83% dei voti.
Un risultato ”inedito” per un candidato della gauche alle presidenziali, commenta BFM-TV.
Nella capitale, il presidente uscente Nicolas Sarkozy, che sfiderà Hollande nel ballottaggio del 6 maggio, ha invece ottenuto il 32,19% delle preferenze.
Intanto ieri sera un nuovo sondaggio – effettuato dall’istituto OpinionWay – afferma che il 44% dei francesi che hanno votato al primo turno intendono votare per Francois Hollande al ballottaggio, il 38% per Nicolas Sarkozy mentre il 18% non esprime alcuna intenzione di voto.
Fra gli elettori di Jean-Luc Melenchon (Front de gauche), il 77% voterà per Hollande, il 5% per Sarkozy e il 18% non risponde.
Fra i centristi di Francois Bayrou, il 34% voterebbe per Hollande, il 37% per Sarkozy e il 29% non si pronuncia.
Fra quelli che hanno votato per Marine Le Pen (Fronte nazionale), il 18% si pronuncia per Hollande, il 37% per Sarkozy e il 45% non esprime intenzioni di voto.
Fra quelli che hanno votato scheda bianca o nulla, il 14% propende per Hollande, il 13% per Sarkozy, il 73% non sceglie.
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Aprile 23rd, 2012 Riccardo Fucile
SOLO LA META’ DELL’ELETTORATO DEL FRONT NATIONAL OPTERA’ PER SARKOZY AL BALLOTTAGGIO, UN QUARTO SI ASTERRA’ E UN ALTRO QUARTO VOTERA’ HOLLANDE… I GIOCHI SEMBRANO FATTI, MA SARKOZY ORA GIOCHERA’ TUTTO IN ATTACCO
Marine Le Pen è la sola a cantare vittoria e lo fa usando uno slogan del ’68: «Ce n’est qu’un debut, continuons le combat», è solo l’inizio, la battaglia continua.
Il padre, Jean-Marie, vecchio combattente della Francia nera di Vichy non avrebbe mai nemmeno pensato di citare gli studenti del Maggio parigino: è il cambio di generazione, da quella post-bellica a quella post-ideologica.
E quasi un francese su cinque ha votato per questa signora bionda che promette di far «esplodere i due partiti della finanza e delle banche».
I due partiti, o meglio i due capi di quei partiti, sono Nicolas Sarkozy e Franà§ois Hollande, presidente e sfidante socialista, che ieri hanno avuto il primo verdetto dopo quasi un anno di campagna elettorale: ha vinto Hollande (28,50%), ma meno di quanto si pensava. Sarkozy (27,09%) è l’unico presidente della Quinta repubblica a uscire battuto al primo turno.
Ma nel caso di sconfitta tra quindici giorni non sarebbe il primo a non venire riconfermato: è capitato a Giscard d’Estaing nell’81 di fronte a Mitterrand.
Anche Hollande, in caso di sconfitta, non sarebbe il primo: Lionel Jospin era in testa al primo turno del ’95 ma fu poi battuto da Chirac.
Tutto questo per dire che nella corsa presidenziale secondo la liturgia della Rèpublique niente è giocato e tutto è ancora possibile.
Da ieri sera è cominciata una nuova partita che si svolge su regole diverse da quella che si è appena conclusa.
Nel primo tempo i candidati devono dividersi e gli elettori esprimono la loro identità . Nel secondo i due sfidanti si fanno «rassembleurs» devono cioè riunificare un campo per arrivare al 50 più uno per cento dei voti che permetterà a uno di loro di vincere.
L’aritmetica dice che questo campo, stando al risultato di ieri, è leggermente più largo a destra.
Sommando i voti di Sarkozy e Le Pen si arriva intorno al 44, quelli di Hollande con il Front de gauche di Mèlenchon e i verdi di Eva Joly si va a poco più di 42.
In mezzo ci sono i voti del centrista Bayrou (che nel 2007 aveva fatto 18 e ieri solo 8). E qualche uno virgola dei quattro candidati minori, di destra e di sinistra.
Ma in politica i conti dell’aritmetica non tornano quasi mai.
Bayrou può oscillare sia a destra che a sinistra, i suoi elettori anche.
I voti di Marine Le Pen, poi, non è affatto detto che finiscano su Sarkozy.
Lei si pronuncerà il primo maggio, giorno della tradizionale sfilata lepenista per le strade di Parigi con omaggio alla statua di Giovanna d’Arco alle Tuileries.
Ma è facilmente prevedibile che non darà alcuna consegna di voto.
Sarkozy, nell’immaginario e nella pratica della politica di Marine (e di suo padre) è il vero avversario: la destra che svende la Francia.
Per lei Sarkò è uguale a Hollande. Dopo un’intera campagna elettorale condotta contro il presidente della Repubblica, sarebbe davvero incomprensibile invitare a votare per lui.
Il Front si dichiara contro il sistema, non sta nel gioco della politica, all’Assemblèe Nationale non c’è nemmeno un deputato lepenista.
Ciò non significa che tutti gli elettori del Front seguiranno la loro leader.
È un elettorato imprevedibile e sostanzialmente antisistema.
Un conto approssimativo fatto sui flussi elettorali del passato dice che il 50 per cento, più o meno, voterà per Sarkò, un 25 non voterà per nessuno, il restante 25 per il candidato della sinistra.
E non deve stupire: la carta del voto del Front National ricalca quasi al millimetro la mappa della crisi industriale francese.
Voti operai in fuga dalla sinistra, ma anche capaci di scegliere, al secondo turno, tra un socialista e Sarkozy.
Per la sinistra i conti sono più facili. Jean-Luc Mèlenchon, leader del Front de gauche e sorpresa della campagna elettorale, ha preso meno di quanto dicevano i sondaggi (11,7 contro 14), ma non ci sono dubbi sul fatto che tutti i suoi voti finiranno a Hollande.
Lui stesso (che fino a due anni fa era nel Ps) ha fatto appello al voto contro Sarkozy dieci minuti dopo la chiusura delle urne.
Eva Joly, deludentissima candidata verde (2,3 per cento) ha fatto la stessa cosa.
Il bottino di Hollande è certo e può solo crescere; quello del Presidente meno.
Ma da oggi si torna a zero e si ricomincia.
Nicolas Sarkozy, ieri sera davanti ai militanti della Mutualitè, è apparso confortato.
È chiaro che temeva molto peggio.
Hollande, nella sua Tulle, lontano da Parigi, è sembrato prudente.
Sarkò ha subito calato la carta della sfida: tre dibattiti televisivi invece dell’unico previsto.
Il presidente, secondo natura, si butta anima e corpo nella lotta.
È questa la misura della sua politica, che cinque anni fa l’ha portato all’Eliseo e che – forse – dopo cinque anni glielo farà perdere: giocarsi la faccia, rilanciare sempre. Hollande, che invece ha curato nel minimo dettaglio il rovescio dell’immagine del suo avversario (calma, fermezza, serenità ) ha già detto di no.
La temperatura è alle stelle.
Come direbbe Madame Le Pen «continuons le combat».
Cesare Martinetti
(da “La Stampa“)
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Aprile 22nd, 2012 Riccardo Fucile
E LA DESTRA TREMONTI-FERRARA S’E’ FATTA HOLLANDIANA
Sic transit gloria mundi, cinque anni fa Sarkò veniva acriticamente esaltato anche a sinistra in Italia, oggi accade che Giulio Tremonti e Giuliano Ferrara (su twitter) elogino Hollande.
E naturalmente la gauche italienne non può farsi mancare l’ultimo mito d’esportazione, dopo esserseli pappati tutti: Blair, Zapatero, persino, a suo tempo, Jospin, e ovviamente Obama.
Solo che il problema di questi miti è che, innanzitutto, nascono e muoiono ormai alla velocità della luce.
Poi è oggettivamente difficile appassionarsi a Hollande, sarebbe come essersi entusiasmati in Inghilterra per Gordon Brown, la sinistra più grigia, burocratica e meno fascinating che ci fosse in giro, una vera, totale antitesi del blairismo.
E oltretutto, nella conversione (peraltro sommessa, stavolta) della sinistra riformista italiana da Sarkozy a Hollande c’è anche l’indice di una qualche, diciamo così, indecisione di linea.
Cinque anni fa il tandem (in questo caso) Veltroni-D’Alema cantava le virtù dell’ex delfino di Chirac, l’uomo della rupture, per una serie di ragioni che già oggi appaiono consegnate all’oblio: pareva loro il paladino di un vero maggioritario, l’uomo deciso che sapeva fare governi aperti a personalità esterne (Bernard Kouchner agli esteri), il coraggioso che al limite poteva andare oltre lo stantìo dilemma destra-sinistra.
Oggi una sinistra italiana in cerca come mai di bussole perdute vede nell’ex marito di Sègolène Royal l’alfiere di una contro-svolta più “di sinistra”, appunto: lotta contro le banche corresponsabili della crisi finanziaria, un grande, keynesiano programma di spesa pubblica per far ripartire l’economia e la crescita, un’idea di Europa che non sia puramente germanocentrica e merkeliana…
E insomma, così s’aggiunge caos al caos.
Le parole lo testimoniano.
Sarkò entusiasmava Veltroni e piaceva a D’Alema, nel 2007 il lìder Minimo (come lo disegnava “Tango”, il giornale satirico di Staino), constatando la sua rapidità nel formare il governo, andava dicendo «magari avessimo noi la possibilità di fare come Sarkozy, sarebbe una rivoluzione», nessuna trattativa estenuante con alleati da zero virgola.
E Veltroni scorgeva nel presidente della «rupture» un uomo-simbolo del bipolarismo: «La grande lezione di Sarkozy è questa; io spero di poter vivere un giorno in un Paese in cui il bipolarismo sia fatto in modo da permettere a persone di rilievo di far parte del governo a prescindere dagli schieramenti». Oggi Bersani s’affretta a far sapere che la vittoria di Hollande metterebbe in moto «delle spinte e incoraggerebbe il nostro progetto, aggregando altre forze nel senso della costruzione di un centrosinistra di governo».
Nichi Vendola, nientemeno, dà un’intervista alla Stampa in cui si avventura nell’auspicio post-capitalista, «spero che il voto francese, premiando Hollande, inverta la tendenza segnando la via d’uscita dal liberismo».
E quel-che-resta-di-Rifondazione è indecisa se ricavare fiducia da Hollande o laudare il trionfo di Melenchon.
Ecco: come passa il tempo e la gloria mortale.
Per questo occorrerebbe una certa cautela, foss’anche solo nelle esternazioni.
Chi è stato jospiniano, zapatista e nel 2004 zapaterista, poi divenne blairiano, o sarkozista, e ora riemerge d’incanto hollandista; gente che era stata nel giro di pochi giorni cardosiana e poi lulista (sostenitrice persino di Lula!), ora torna a un’idea (meno esotica) di vecchia sinistra europea.
Aveva ragione per una volta D’Alema quando, in un discorso alla London School of Economics, a pochi giorni dal voto inglese che premiò Cameron, sostenne che bisognava «smettere di guardare all’estero, Blair, Obama, Zapatero. Alla fin fine tutti cadono».
Ma come sempre c’è ricaduto anche lui, e ora è qui a farci sapere che «in Europa sperano tutti nella vittoria di Hollande, anche i governi di centrodestra che non hanno il coraggio di dirlo».
Tutti, tranne forse chi vorrebbe un’originale, coerente sinistra italiana.
Jacabo Jacoboni
(da “La Stampa“)
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Febbraio 17th, 2012 Riccardo Fucile
MARINE LE PEN HA UN MESE DI TEMPO PER RACCOGLIERE 500 FIRME DI SINDACI PER POTER CORRERE PER L’ELISEO… SE NON CI RIUSCISSE LIBEREREBBE I VOTI DEL FRONT NATIONAL, ACCREDITATO OGGI DEL 20%, CHE POTREBBERO PERMETTERE LA RIMONTA DI SARKOZY
Una delle ultime speranze per Sarkozy, in vista delle prossime presidenziali? 
Che Marine Le Pen non possa accedere al primo turno, il 22 aprile, a causa di un cavillo burocratico: la necessità di raccogliere le firme di almeno 500 sindaci, come stabilito dalla Costituzione francese.
La leader dell’estrema destra si trova in serie difficoltà su questo fronte.
Il Presidente, dato dai sondaggi a forte distanza dal candidato socialista Franà§ois Hollande, sta puntando comunque sul recupero dei consensi a destra.
Anche mediante ambigue dichiarazioni, prossime al razzismo, del solito Claude Guèant, ministro degli Interni, anima conservatrice del suo partito, l’Ump.
A poco più di un mese dal limite fissato per la raccolta delle firme dei sindaci, la Le Pen sarebbe appena a quota 360.
La possibilità che la candidata del Front National (Fn), a causa dell’ostracismo degli altri partiti, dicono i suoi sostenitori, non possa raggiungere la soglia prevista, è più che concreta.
Secondo Dominique de Villepin, candidato minore della destra (già premier ai tempi di Jacques Chirac), l’esclusione della Le Pen rappresenterebbe per la Francia il «rifiuto della democrazia», mentre per il sarkozysta Franà§ois Baroin, attuale ministro dell’Economia, «esiste una legge, che lei si arrangi».
Sta di fatto che già si cominiciano a fare i calcoli: dove andrebbero a finire i voti riconosciuti dai sondaggi alla Le Pen?
Non si tratta di poca cosa: da mesi sfiora il 20% al primo turno, con la possibilità addirittura di scavalcare Sarkozy e andare al secondo contro Hollande.
L’ultima indagine, realizzata da Ipsos, indicava che il 35% dei potenziali elettori della Le Pen diserterebbe le urne.
Ma il 23% ripiegherebbe su Sarkozy, così da portarlo dal 25 al 28,5%, più vicino a Hollande (33,5%), che approfitterebbe solo marginalmente della scomparsa della candidata dell’estrema destra dalla corsa.
Pochi giorni prima un altro sondaggio, di Ifop, piazzava nell’eventualità addirittura al primo posto a pari merito l’attuale presidente e Hollande con il 33%.
Intanto Sarkozy, che qualche anno fa si presentava come l’espressione moderna della destra europea, con una politica dalle sottolineate aperture alle esigenze tradizionalmente di sinistra, sta puntando proprio al recupero dei consensi sul fronte a destra del suo bacino di elettori.
Come?
Utilizzando la «carta Guèant», il suo ministro degli Interni, già noto per altre dichiarazioni shock. «Contrariamente a quello che sostiene l’ideologia relativistica della sinistra, non tutte le civiltà si equivalgono — ha detto sabato scorso -: quelle che difendono l’eguaglianza, la libertà e la fraternità ci sembrano superiori a quelle che accettano la tirannia, l’inferiorità delle donne e l’odio sociale ed etnico».
In tanti hanno visto nelle sue parole un riferimento ai musulmani.
Insomma, un puro discorso lepenista…
Martedi’ Guèant ha negato di aver pensato all’islam pronunciando il discorso. Ma tutto resta molto ambiguo, come l’accenno alla polemica di Sarkozy. Che ha definito «di buon senso» il ragionamento del ministro.
Sembra, comunque, che ormai la parola d’ordine del Presidente ai suoi aficionados sia: calmare le acque.
E intervenire con toni più tolleranti, in quel gioco tipico di Sarkozy (un colpo al cerchio e uno alla botte), che permetta di captare il maggior numero di consensi possibile nell’ampio bacino che va dal centro all’estrema destra.
E’ anche quello che, partendo da posizioni più estremistiche, sta facendo Marine Le Pen, che si ritrova con sostegni assai eterogenei, numerosi pure tra i giovani: una novità per il Front National.
Non ha le 500 firme dei sindaci, ma può contare su oltre 33mila fan su Facebook.
E il suo partito è quello che in Francia ne ha di più sulla rete sociale: quasi 51mila contro i 34.400 del Partito socialista.
E appena 22mila per l’Ump, la formazione di Sarkozy.
Leonardo Martinelli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 7th, 2012 Riccardo Fucile
SARKOZY SI ALLEA CON MONTI: NON BASTA IL RIGORE, OCCORRE DIFENDERE LA MONETA, RAFFORZARE IL FONDO E STIMOLARE LA CRESCITA
Mario Monti si presenta all’incasso. 
È cominciata ieri a Parigi la tournèe europea del capo del governo italiano il cui obiettivo è quello di trasformare in aiuto e solidarietà il credito politico che ha accumulato con la manovra di risanamento dei conti pubblici italiani: uno sforzo «che non ha eguali nel resto dell’Unione europea».
Monti ha due valide ragioni a sostegno delle sue richieste.
La prima è che effettivamente lo sforzo compiuto dal Paese è di gran lunga superiore a quello degli altri partner europei e che i conti pubblici italiani risanati non giustificano in termini razionali una così pesante penalizzazione del nostro debito pubblico.
La seconda è che, proprio per questi motivi, l’Italia oggi sta pagando il prezzo di una sfiducia dei mercati che non riguarda tanto le nostre capacità intrinseche di risanare il bilancio, quanto la tenuta complessiva dell’euro e la disponibilità della Germania a difendere la moneta unica.
È chiaro che chi scommette contro la valuta europea lo fa prendendo di mira gli anelli più deboli dell’Unione monetaria.
Ma, se fino a ottobre gli alti tassi italiani riflettevano l’inazione e la scarsa credibilità del governo Berlusconi, dopo il varo della manovra di dicembre essi rispecchiano soprattutto le esitazioni e le ambiguità della Germania.
Quello che Monti sta andando a spiegare in Europa è che i contribuenti italiani non possono pagare, oltre che per i propri errori passati, anche per i dubbi della cancelliera Merkel e per le sue preoccupazioni elettorali.
Ma in politica, e soprattutto nella politica europea, avere ragione non basta. Occorre anche saperla imporre ai partner.
E l’unico vero interlocutore di Monti, oggi, è la cancelliera tedesca.
Proprio per questo la strada che da Roma porterà il presidente del Consiglio mercoledì a Berlino passa per Bruxelles e per Parigi.
Se vuole riuscire a strappare la Merkel dalle sue amletiche esitazioni, il Professore ha bisogno che le istituzioni comunitarie e soprattutto Sarkozy cambino il tono e il volume del loro discorso europeo.
Due anni di timide resistenze alle pressioni tedesche e di ancor più timidi messaggi lanciati alla Germania ci hanno condotti sull’orlo dell’abisso.
Ora è tempo di mettere le timidezze da parte e di esigere con fermezza che i tedeschi riempiano la loro parte del “patto di Bruxelles”: quando, all’ultimo vertice, la Merkel ottenne di iscrivere in un nuovo trattato le regole del rigore di bilancio in cambio di una promessa ad accettare meccanismi di solidarietà che mettano il debito europeo al riparo dagli attacchi speculativi.
È ancora presto per dire se Monti sia riuscito nel suo proposito.
La «totale identità di vedute» tra Italia e Francia, di cui ha parlato ieri Sarkozy proprio nel momento in cui l’Italia reclama pubblicamente a gran voce misure di consolidamento della moneta unica, lasciano sperare che il presidente francese, avendo finalmente trovato nell’italiano un alleato di peso e prestigio, metterà da parte le cautele degli ultimi due anni.
Il vertice tripartito di Roma, il 20 gennaio, potrebbe dunque diventare il punto di svolta che consenta all’Europa di accoppiare al rigore di bilancio anche quegli strumenti di difesa della moneta, dagli eurobond al rafforzamento del Fondo ad un diverso ruolo della Bce, che finora la Germania ha ostinatamente negato.
Ma il compito di Monti, già di per sè non facile, è reso ancora più arduo da un secondo obiettivo europeo che il presidente del Consiglio non può certo trascurare.
Nel negoziato che è ripreso ieri a Bruxelles sul testo definitivo del nuovo Trattato sull’unione di bilancio, l’Italia è infatti impegnata a cercare di ammorbidire le condizioni sul ritmo di riduzione del debito e a ritagliare uno spazio di manovra che permetta ai governi misure per stimolare la crescita.
Su entrambi questi fronti, le richieste italiane si scontrano con l’indisponibilità della Germania.
Berlino, proprio grazie ai bassissimi tassi di interesse che la crisi dell’euro le garantisce sia sul debito pubblico sia sul finanziamento delle imprese, non ha troppa difficoltà nè a ridurre il debito nè a stimolare la crescita economica. L’Italia ha invece un bisogno vitale di evitare condizioni capestro sul risanamento e di trovare in Europa quel sostegno alla crescita che i conti nazionali non permettono.
Il governo Berlusconi aveva risolto il problema da par suo, ottenendo una ambigua formula sulla considerazione di «fattori rilevanti» nella riduzione del debito che aveva venduto in patria come la garanzia che non saremmo stati costretti a manovre troppo drastiche.
Una ennesima operazione di immagine che si è rivelata priva di sostanza: il nuovo Trattato, infatti, per ora non prevede gli sconti che erano stati promessi dal precedente governo.
Monti quindi si trova nella difficile condizione di dover convincere la Merkel a fare concessioni sui termini del Trattato, e allo stesso tempo di esigere dalla Germania che dia il via libera ad un sistema di garanzie congiunte sul debito europeo.
In termini negoziali, non è certo una posizione di forza.
Ma il presidente del Consiglio sa che l’Italia non è in grado di sopravvivere nè ad un Trattato capestro, nè ad un prolungarsi dell’instabilità dell’euro.
Nella partita che si giocherà da qui a marzo deve vincere su entrambi i fronti, pena il tracollo del Paese.
Una ipotesi, quella del collasso italiano, che, fortunatamente, fa paura ai nostri partner almeno quanto fa paura al Professore.
E questa, in fondo, è forse l’unica vera arma che ha a disposizione per cambiare il corso della storia.
Andrea Bonanni
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 6th, 2012 Riccardo Fucile
IL PREMIER MONTI: “LAVORIAMO MANO NELLA MANO CON FRANCIA E GERMANIA VERSO LA COSTRUZIONE EUROPEA”… SARKOZY E MERKEL A ROMA IL 20 GENNAIO…IL PRESIDENTE FRANCESE: “MONTI ISPIRA FIDUCIA AI LEADER EUROPEI”
Un grido d’allarme ma anche un messaggio di fiducia. Il premier Mario Monti a Parigi, prima tappa della sua missione europea, vede Sarkozy e si presenta con questo biglietto da visita ai partner Ue: l’Italia è tornata a ricoprire il suo ruolo tra i ‘big’ grazie a uno sforzo “senza pari tra gli altri Stati membri”.
Perchè l’Europa è come “un alpinista che cammina su un crinale. E’ un momento cruciale ma si può raggiungere la meta”.
Nel pieno della crisi economica continua il lavoro del governo Monti per dare via alle riforme interne ma anche per richiamare l’Europa alle proprie responsabilità .
Un doppio binario che vede in premier impegnato in un tour europeo (mercoledì andrà dalla Merkel per “trattare sulle rigidità tedesche”) in vista del vertice europeo del 30 gennaio.
“E’ essenziale prendere insieme le decisioni che consentano di dimostrare la fiducia che abbiamo sull’Europa e sull’ euro e che potranno permettere di pagare tassi più bassi” dice il premier.
E da Sarkozy arrivano parole di stima: “Monti ispira fiducia ai leader europei, tra Roma e Parigi sulla Ue c’è una perfetta identità di vedute. Crediamo nell’euro e siamo d’accordo sul fatto che in una fase così delicata per l’unione europea e l’eurozona è essenziale che che ogni stato membro faccia fino in fondo ciò che deve fare per consolidare i bilanci e le riforme”. Poi l’annuncio di un vertice a tre con la Merkel e Monti che si terrà il 20 gennaio.
Il premier, al termine di un pranzo di lavoro di un’ora e mezza a Parigi con il primo ministro francese Francois Fillon, descrive un’Italia “che lavora mano nella mano con la Francia, così come con la Germania (che oggi ha visto crollare gli ordinativi industriali del 4,8%), per proseguire insieme verso la costruzione europea”.
Per questo Italia, Francia e Germania devono “aiutarsi” per “eliminare i dubbi che caratterizzano la zona euro quanto al suo futuro”.
Un fronte comune europeo che deve affrontare le politiche per la crescita finanziate dal disavanzo. “Non facciamo come Penelope, disfacendo di notte quello che si è fatto di giorno”.
Vede un rischio Monti.
Ovvero “la nascita e lo sviluppo di incomprensioni di fondo tra popolazione e stati membri con il ritorno a pregiudizi tra nord e sud dell’Europa, tra vecchi e nuovi stati, con un potenziale di grande divisione”.
In un’Europa dove la crescita “stenta e rischia di fermarsi”.
Un’Europa “che è dimostrata più debole di quanto pensavamo che fosse e questo in particolare per le difficoltà a fare fronte ad una crisi che non riguarda l’euro ma riguarda gli aspetti finanziari e di bilancio pubblico di alcuni paesi”.
Un’Europa che si trova “in questi anni ad essere contemporaneamente più forte e più debole e a vedere nella sua storia, più che mai, l’esito della propria sfida nelle proprie mani e non in quelle di altri”.
Tobin Tax.
Disco verde sulla Tobin tax.
“Il mio governo ha fatto un’apertura sulla tassazione delle transazioni finanziarie” e su questo “elemento di convergenza” si sta lavorando” sottolinea Monti in sintonia con l’intenzione della Francia di andare avanti “il più velocemente possibile” nel varo della Tobin Tax.
Il premier italiano, però, avverte: “E’ necessario che i vari paesi europei non vadano avanti da soli nell’applicazione”.
Lapidario Sarkozy: “Sulla Tobin Tax Parigi andrà avanti anche da sola se non riusciremo a convincere gli altri partner europei”
Euro.
“La crisi non riguarda l’euro come moneta, ma il bilancio di diversi Paesi nell’ambito dell’Eurozona” spiega il premier.
“Il rischio principale di questa crisi è quello della nascita e dello sviluppo di possibili divisioni tra popolazione e Stati membri, con il ritorno di pregiudizi tra nord e sud dell’Europa – osserva il Professore – La gestione rapida ed efficace dela gestione dell’euro deve portare all’unione e non alla divisione dei Paesi dell’Europa”.
Piuttosto servo “munizioni” per fare in modo “che sparisca dalla mente dei mercati il rischio relativo alla permanenza dell’Euro”.
Italia.
L’Italia è un Paese “che per corrispondere alle attese e non ai vincoli imposti dall’Europa con un’azione concentrata di disciplina di bilancio ha messo in opera riforme in vigore dal 1 gennaio” dice Monti annunciando altre misure “nel giro di due mesi.
“Con questo treno di misure da approvare entro due mesi l’Italia viaggia verso un bilancio in pareggio nel 2013, sarà uno sforzo credo senza pari” aggiunge il premier.
“Era giusto che lo facessimo, non era facile accettarlo. Ora gli italiani hanno bisogno di vedere che il quadro europeo evolva positivamente”.
Poi l’annuncio che, “nel giro di due mesi”, ci saranno nuove misure economiche.
E vale la pena di ricordare che Monti aveva escluso nuove manovre.
Infine, una battuta ‘politica’: “Sono un primo ministro che non ha affrontato le elezioni, se no mi sarei guardato dal candidarmi…”.
Passera.
“L’Europa deve dare una risposta alle aspettative e dobbiamo ammettere che la via seguita per gestire la crisi è stata molto deludente”.
E’ questa l’opinione del ministro dello Sviluppo Corrado Passera – partecipando ad un convegno a Parigi, organizzato dal ministro dell’Industria Eric Besson, sul ruolo dell’Europa – secondo cui i governi “non si stanno muovendo con sufficiente rapidità “.
Secondo Passera, però, “ciascun paese deve fare i compiti a casa per contribuire al salvataggio, ma l’Europa deve essere in grado di rispondere alle aspettative e di affrontare i rischi” che ci sono, “il modo in cui la crisi è stata gestita è molto deludente”.
Per il ministro “serve un vero mercato unico europeo e c’è bisogno di maggior coordinamento” sulle iniziative economiche.
“Dobbiamo rafforzare il bilancio europeo ma abbiamo bisogno di innovazione, infrastrutture, di maggiore competività e l’Europa può dare un supporto importante – sottolinea il ministro – Dobbiamo avere il coraggio per affrontare la crisi con gli strumenti giusti. In Europa ci stiamo muovendo nella giusta direzione ma occorrono tempi più veloci”.
E serve anche “un’autentica Banca centrale con risorse e strumenti necessari per affrontare la stabilità e la liquidità dei mercati finanziari”.
Secondo Passera “non c’è un piano d’azione che valga per tutti. L’Italia è un caso emblematico: negli ultimi mesi abbiamo portato avanti una serie di iniziative per 80 miliardi di euro”.
(da “La Repubblica“)
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Novembre 28th, 2011 Riccardo Fucile
UN COMUNICATO DELLA PRESIDENZA FRANCESE TORNA, CON TONI DRAMMATICI, SULLA CRISI ITALIANA E RICORDA GLI IMPEGNI PRESI…ORE DECISIVE PER MONTI, DAL PDL ARRIVANO SEGNALI PREOCCUPANTI
Una domenica milanese per Mario Monti. 
Un ritorno a casa, dopo 16 giorni vissuti a Roma (con le parentesi delle trasferte europee a Bruxelles e Strasburgo). Il barbiere – che ha aperto per lui il negozio stamattina – assicura di averlo visto “sereno”.
Ma è improbabile che questo, per il professore, sia stato un weekend tranquillo.
Con le nubi che si addensano sul quadro politico interno e le nuove prove da superare a livello internazionale.
A partire da un richiamo imprevisto che arriva dall’Eliseo: “Se c’è un problema italiano,
il cuore della zona euro è stato raggiunto”, dice con una nota la presidenza francese. “L’impegno di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel per sostenere l’italia è molto forte”, continua il comunicato.
Poi il monito: “Spetta all’italia fare quello per cui questo paese si è impegnato. Gli impegni di Roma non sono messi in dubbio da nessuno”.
Insomma, formalmente una dichiarazione di fiducia ma – di fatto – un nuovo richiamo a fare presto.
Nelle vesti di ministro dell’economia, Monti è atteso a Bruxelles per l’eurogruppo di martedì e l’ecofin di mercoledì.
Ma potrebbe partire anche con qualche ora di anticipo, per un contatto anticipato con le delegazioni francesi e tedesche.
Sul piatto c’è il piano segreto voluto dalla cancelliera Merkel – e appoggiato da Sarkozy – per un nuovo Patto di stabilità dell’Ue.
Lo scenario è quello di una moneta comune a due velocità , con un gruppo di Paesi virtuosi e uno di Paesi periferici.
A Monti, che ha saputo del progetto nella trilaterale di Strasburgo, tocca il difficile compito di mediare per evitare che le nuove regole della governance possano spaccare l’Europa e per avere voce in capitolo sugli impegni e le sanzioni per i Paesi inadempienti.
Sul fronte internazionale, ci sono anche le indiscrezioni che filtrano da Washington, dal Fondo monetario internazionale.
Si parla di un piano da 600 miliardi di euro per l’Italia se la situazione dovesse peggiorare.
Gli aiuti avrebbero tassi fra il 4-5%”, condizioni assai migliori rispetto ai mercati”.
Il retroscena, rivelato dalla Stampa, si arricchisce di altri particolari: il nostro Paese avrebbe 12-18 mesi di tempo per fare le necessarie riforme e ci sarebbe già stata almeno una conversazione telefonica tra Monti e il direttore del fondo, Christine Lagarde.
Una conferma, comunque la si voglia guardare, della preoccupazione con cui le autorità finanziarie e monetarie internazionali guardano alla nostra crisi.
Il segretario del Pdl ha annunciato – ospite di Fabio Fazio – di aver ricevuto una telefonata da Mario Monti: un invito a incontrarsi per esaminare le linee guida economiche del nuovo governo.
Offerta fatta anche a Casini e Bersani. Il segretario del Pdl ha spiegato che intende avere incontri “separati” anche con Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani e “con coloro i quali sostengono il governo”.
Insomma, è finita la stagione degli incontri segreti e dei passaggi nei tunnel.
Sul piano interno, non è rassicurante per il premier il Berlusconi da campagna elettorale che ha preso la parola a Verona.
Il Cavaliere – oltre al consueto attacco contro il centrosinistra definito “comunista” – ha messo nel mirino una delle possibili misure anti-crisi , cioè l’abbassamento della soglia di tracciabilità , definendola una misura da polizia tributaria.
Resta da capire, tra l’altro, quale potrà essere l’atteggiamento del Pdl nei confronti della minipatrimoniale cui pensa il premier, per il primo pacchetto di misure da approvare nel consiglio dei ministri del 5 dicembre.
Dovrebbe trattarsi di una tassazione, probabilmente temporanea, sulla casa.
Casa che verrà toccata sicuramente anche con il ritorno dell’Ici sulla prima abitazione: rafforzata con l’Imu federale e con un aggiornamento delle rendite catastali.
Nel pacchetto entreranno sicuramente anche le pensioni, con un anticipo della riforma-Fornero e un possibile aumento dell’età pensionabile, probabilmente a 63 anni già dal prossimo anno.
Come se non bastasse, tra domani e martedì il governo dovrà sciogliere il nodo dei sottosegretari: la trattativa è in gran parte risolta, ma restano alcuni scogli: la delicata delega alle comunicazioni e il ruolo di Vittorio Grilli, che Monti vorrebbe come vice all’economia ma che dovrebbe così rinunciare all’incarico, assai meglio retribuito, di direttore generale del Tesoro.
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Novembre 24th, 2011 Riccardo Fucile
“PIENA FIDUCIA ALL’ITALIA”: IL VERTICE ALLA RICERCA DI UNA MEDIAZIONE SULLE MISURE NECESSARIE PER CONTRASTARE IL PROBLEMA DEL DEBITO E LE DIFFICOLTA’ DELL’EUROZONA
Spread in salita, euro in continua flessione e un’asta di Bund disastrosa: con lo sguardo
preoccupato rivolto a questi temi l’Europa ha atteso il risultato del trilaterale di oggi a Strasburgo tra Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e Mario Monti, sperando che dall’incontro possano arrivare segnali di fiducia.
Per la prima volta l’Italia è stata invitata al tavolo di quello che fin dall’inizio della crisi si è configurato come un direttorio dell’Europa.
Pieno appoggio a Monti hanno garantito Sarkozy e la Merkel.
Parigi e Berlino condividono la “volontà di sostenere e aiutare il governo italiano presieduto da Mario Monti” ha detto il presidente francese nella conferenza stampa al termine dell’incontro.
“Abbiamo voluto sottolineare la nostra fiducia nel governo italiano, e siamo molto felici di aver potuto scambiare opinioni con il premier Monti su tutti gli argomenti che riguardano l’Unione Europea e l’Italia” ha proseguito Sarkozy, sottolineando di parlare anche a nome del cancelliere tedesco.
L’inquilino dell’Eliseo ha poi annunciato di aver accolto con Merkel l’invito di Monti “a Roma in tempi brevi per proseguire queste discussioni a tre”. “Auguro a Mario Monti tanto successo nel suo programma che non è facile”, ha detto la cancelliera tedesca, che ha definito “molto costruttivo” l’incontro con Sarkozy e il premier italiano.
La Merkel ha sottolinato che la situazione è difficile ma “noi faremo tutto quanto è necessario per difendere l’euro. I mercati hanno perso fiducia nell’euro e dobbiamo dimostrare che ci si può fidare dell’euro”.
Poi, sul governo italiano, ha aggiunto che i piani del nuovo governo italiano esposti oggi da Monti “sono soprattutto sulle riforme, la ristrutturazione e la crescita.
Ora è necessario soprattutto creare nuovi posti di lavoro – ha dichiarato la leader tedesca – bisogna combattere la disoccupazione”.
“Auguro a Monti tanto successo – ha poi aggiunto Merkel – perchè davanti a lui c’è tanto lavoro da fare e noi lo sosteniamo”, ha commentato la cancelliera, che ha definito ‘impressionanti’ le riforme strutturali annunciate dal premier italiano.
“Ho illustrato a Sarkozy e Merkel il programma in corso di articolazione del governo, e ho insistito nell’interesse che l’Italia ha di perseguire in modo rigoroso gli obiettivi di consolidamento della finanza pubblica, entro termini serrati, confermando l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 e in modo sostenibile”.
Così il premier Mario Monti, nel corso della conferenza stampa congiunta, ha detto in merito all’incontro.
“La sostenibilità implica anche una crescita economica non inflazionistica, non alimentata dal disavanzo – ha proseguito Monti -. Questo significa riforme strutturali”. L'”Italia – ha aggiunto – ha un rilevante avanzo primario, ma deve fare sforzi particolari. Non è in discussione l’obiettivo del pareggio di bilancio, esiste un problema più generale di cosa accade se si entra in una fase recessiva. Credo sia doveroso per ogni paese fare il compito a casa, come ha detto la cancelliera Merkel”.
Francia, Germania e Italia hanno concordano sulla necessità di “rispettare l’indipendenza” della Banca centrale europea: su questa “istituzione è essenziale astenersi da giudizi positivi o negativi”, ha affermato il presidente francese Nicolas Sarkozy.
“Ci siamo adattati a situazione”, ha aggiunto
“Dobbiano andare verso una unione fiscale se vogliamo dare una stabilità radicale all’Eurozona e questo richiede regole e meccanismi per una applicazione sicura di quelle regole”; in questo quadro gli Eurobond “potrebbero dare un contributo significativo”, ha detto il presidente del Consiglio italiano.
“Tutto è possibile – ha detto il premier – dentro solida unione fiscale ma molte cose buone in sè possono diventare pericolose al di fuori di una solida unione fiscale”. “Non si tratta di essere contro o a favore. Ci sono delle debolezze nell’area euro e passo dopo passo devono essere superate.Gli eurobond non li ritengo necessari”, ha specificato la cancelliera tedesca, che ha sostenuto che la priorità “la crescita”.
Poi ha concluso: “Siamo ancora lontani da avere tutti le stesse idee, ogni Paese ha delle idee per come attenersi al pacchetto di stabilità nel futuro ma per quanto riguarda la Germania le nostre posizioni non sono cambiate”.
Francia e Germania hanno spesso agito in maniera congiunta con incontri bilaterali e comunicati congiunti ma l’avanzare della crisi ha portato i due Paesi su “sponde” diverse a proposito delle misure necessarie con la Merkel che vuole una cessione di sovranità per i Paesi dell’eurozona in modo da poter intervenire sulle politiche di bilancio, mentre Sarkozy, e con lui anche Monti, è più propenso ad aprire agli eurobond.
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Novembre 4th, 2011 Riccardo Fucile
CHIARITO IL GIALLO DEL COMMISSARIAMENTO: “LO HA VOLUTO L’ITALIA”… IL PRESSING SUL GOVERNO PERCHE’ ACCETTI LA SORVEGLIANZA DELL’FMI SEMBRA AVER AVUTO SUCCESSO…SARKOZY: “BERLUSCONI SA CHE IL PROBLEMA NON SONO LE MISURE DEL PACCHETTO MA SE SARANNO APPLICATE”
“L’Italia ha deciso di sua iniziativa di chiedere al Fondo monetario internazionale di
monitorare i suoi impegni”, lo ha detto al G20 di Cannes il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso.
Secondo gli alti funzionari dell’Ue l’Italia è stata di fatto commissariata e dovrà rispondere del ritmo a cui farà le riforme al Fondo monetario internazionale.
Palazzo Chigi aveva smentito la notizia.
“Nelle prossime settimane – ha aggiunto Barroso – monitoreremo la situazione dell’Italia e la sua capacità di rispettare gli impegni. E’ importante per tutti i paesi membri dell’Ue”.
Il “commissariamento” riguarda le riforme su pensioni, lavoro e competitività che erano state promesse ai leader europei la scorsa settimana e la debolezza di un governo che poggia su una maggioranza sempre più sottile.
Certo è che – come ha detto a chiare lettere questa mattina il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – “il nostro Paese e tanti altri nel mondo sono stretti in una crisi economica di intensità , durata ed estensione senza precedenti”
La conferma delle difficoltà attraversate dall’Italia viene anche dalla prima carica dello stato. Parlando all’Altare della Patria il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha detto che “il nostro paese e tanti altri nel mondo sono stretti in una crisi economica di intensità , durata ed estensione senza precedenti nel periodo seguito alla Seconda guerra mondiale. Il momento è molto difficile e duro”.
E, come dice senza tanti giri di parole Nicolas Sarkozy, è tempo di passare dalle parole ai fatti. “Abbiamo preso atto con interesse” delle misure varate dal governo italiano, spiega il presidente francese stando bene attendo a evitare ironie, “ma anche lui sa che la questione non è il contenuto del pacchetto, ma se sarà applicato”.
Il Cavaliere fa di tutto per tranquillizzare sulla compattezza del governo.
Scende appositamente dalla scaletta del volo di Stato che lo porta in Francia insieme a Giulio Tremonti. Il tutto a favore di telecamere.
Anche Palazzo Chigi sottolinea che sull’aereo il clima è cordiale e proficuo.
Il Cavaliere e il Professore avrebbero perfino scherzato prima del decollo mimando due pugili pronti ad affrontarsi per poi salutarsi calorosamente.
Ma è difficile che un’ora scarsa in aereo abbia appianato distanze e contrasti che ormai nessun ministro nasconde più.
In mezzo a tanta confusione e preoccupazione, la notizia migliore della giornata viene per una volta da Atene, dove il controverso referendum sugli aiuti dell’Unione europea è stato ufficialmente cancellato.
Ora gli occhi sono puntati sul parlamento greco, dove questa sera il governo chiederà la fiducia e potrebbe vedere l’uscita di scena del premier George Papandreou.
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