Maggio 4th, 2018 Riccardo Fucile
AL SUO POSTO ROSANNA RAGUSA, CONDIRETTORE DI VIDEONEWS… SEGUE IL DIVORZIO TRA MEDIASET E BELPIETRO, IL CUI PROGRAMMA ERA SOTTO LA RESPONSABILITA’ DI GIORDANO
Mario Giordano lascia la direzione del Tg4. Il prossimo sarà l’ultimo week end alla guida del telegiornale di Mediaset. Il suo posto, come anticipato da Ilfattoquotidiano.it, sarà preso da Rosanna Ragusa, attuale condirettore di Videonews, la testata giornalistica del Biscione che si occupa dei programmi di approfondimento: una figura certamente meno “politicizzata” del suo predecessore.
Giordano aveva iniziato la sua direzione nel gennaio 2014, dopo l’addio dell’attuale governatore della Liguria Giovanni Toti.
Ufficialmente non un divorzio, quindi, come quello da Paolo Del Debbio e Maurizio Belpietro, che conduceva un programma di Rete 4 del quale si occupava proprio Giordano. Proprio l’ormai ex direttore del Tg4 nei giorni seguenti all’addio dei due volti dell’access prime-time della rete era stato a sua volta sollevato dalla responsabilità di Stasera Italia, la trasmissione che aveva preso il posto di Dalla vostra parte.
All’interno di questo contesto di “sfiducia” sono maturate le dimissioni.
Alla direzione informazione, infatti, non era piaciuto l’avvio di Stasera Italia, perchè nelle intenzioni di Mediaset avrebbe dovuto essere meno urlato rispetto al programma condotto da Belpietro.
Invece la linea editoriale era rimasta simile, assai ammiccante a quel populismo che all’azienda non piace più da tempo. Un’ipotesi, quest’ultima, che il direttore generale dell’informazione Mauro Crippa aveva rigettato: “Si tratta di aggiustamenti editoriali. Parlare di rivoluzione antipopulista o di scenari complottisti è una fake interpretazione“.
Oggi lo stesso Crippa, ufficializzando l’addio di Giordano al Tg4 lo definisce “un capitano di lungo corso” che nel nuovo ruolo “avrà modo di mettere a frutto questa eccezionale esperienza per aiutarci a rinnovare la nostra informazione, ideando nuovi format di approfondimento al passo coi tempi, valorizzando sempre più le risorse interne dell’azienda”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 26th, 2018 Riccardo Fucile
IL DECESSO NELLA NOTTE A CAUSA DI UNA EMORRAGIA CEREBRALE, AVEVA 60 ANNI … UN UOMO SEMPRE IN PRIMA LINEA PER AIUTARE GLI ALTRI
Fabrizio Frizzi è morto nella notte all’ospedale Sant’Andrea di Roma, in seguito ad una emorragia cerebrale.
A dare l’annuncio una nota firmata dalla moglie Carlotta, dal fratello Fabio e dai familiari: “Grazie Fabrizio per tutto l’amore che ci hai donato”.
“Con Fabrizio se ne va un pezzo di noi, della nostra storia, del nostro quotidiano”: così la Rai commenta la notizia.
Ha combattuto fino all’ultimo come un leone. Perchè Fabrizio Frizzi, l’aria da ragazzo beneducato, gentile con tutti, mai sopra le righe, quando era il momento di tirare fuori il carattere lo tirava fuori.
E la battaglia contro la malattia, la battaglia per la vita, era troppo importante: per la figlia Stella (“una missione per cui vivere”) e la moglie Carlotta.
Invece se n’è andato a 60 anni. Li aveva compiuti il 5 febbraio e anche in quell’occasione aveva sottolineato che la lotta contro il male non era finita.
Quel malore che lo aveva colpito a ottobre negli studi del quiz L’eredità era suonato come un campanello d’allarme: il ricovero, una serie di esami, le terapie, poi il ritorno su Rai1, al timone di nuovo dell’Eredità .
“Sto combattendo, non è ancora finita. Ogni tanto, com’è normale, qualche momento di sconforto può esserci”, spiegava “ma l’affetto della famiglia, del pubblico e degli amici è una luce che illumina tutto. La vita è meravigliosa”.
L’amico Carlo Conti al suo fianco (“Fabrizio è il mio fratellone”), tutto il pubblico a tifare per lui, il conduttore che ha fatto la gavetta vera, dalla tv dei ragazzi ai successi del sabato sera, ha sempre scelto l’understatement.
Il ragazzo che dopo le nozze con Rita Dalla Chiesa ha sposato Carlotta Mantovan ed è diventato papà di Stella (“Con lei sono tornato bambino- raccontava – con i bambini vedi il mondo in un altro modo”), fuggiva i flash dei fotografi.
Lei in abito bianco e il bouquet di rose in mano; lui in completo scuro e una delle rose del bouquet sulla giacca. Dopo dodici anni di fidanzamento, Fabrizio Frizzi e Carlotta Mantovan si sono sposati. Il conduttore televisivo e la bella conduttrice di Sky meteo hanno pronunciato il fatidico sì nella parrocchia di San Gabriele Arcangelo, a Roma. I due sono diventati genitori lo scorso anno della piccola Stella
Il rispetto per il pubblico, il garbo (“Sono della scuola che se entri in casa d’altri lo devi fare in punta di piedi”), lo hanno contraddistinto fin dal debutto.
Dalla tv dei ragazzi – l’esordio con Il barattolo nel 1980, poi Tandem e Pane e marmellata – a Scommettiamo che a Europa Europa, al preserale Luna park alla maratona benefica Telethon, fino a Miss Italia (che ha condotto per quindici anni) e I soliti ignoti, senza dimenticare le fiction di successo e l’esperienza all’Arena di Verona nella Vedova Allegra con Cecilia Gasdia e Luca Canonici, guest star Andrea Bocelli. Per non parlare di quando si era messo in gioco come concorrente di Tale e quale show convinto da Conti, conquistando il pubblico dei più giovani e i social. Trasformazioni incredibili, da Piero Pelù, leader dei Litfiba, più vero dell’originale, a Enrico Ruggeri a Sordi e Cutugno.
Quando l’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l’ha nominato commendatore, nel 2015, non si è fatto pubblicità . “Non l’ho detto a nessuno perchè sono una persona schiva e non sento il bisogno di dare visibilità a queste cose. Conoscevo Napolitano perchè sotto la sua presidenza ho condotto nove volte la cerimonia ufficiale per l’inizio dell’anno scolastico. Fuori dal protocollo istituzionale è sempre stato cordiale e affettuoso, ma sia chiaro, proprio non mi aspettavo d’essere nominato commendatore”.
Anche nei mesi della battaglia contro la malattia, si era messo a disposizione: “Le priorità , dopo la paura e il ricovero, sono la famiglia e la salute. Se guarirò racconterò tutto nei dettagli, perchè diventerò testimone della ricerca”.
In prima fila se si tratta di solidarietà , ha condotto per anni La partita del cuore. Raccontò pubblicamente di aver donato il midollo, invitando gli italiani a seguire il suo esempio: “All’epoca il mio midollo risultò compatibile con quello di una bimba le cui condizioni erano preoccupanti. Ricordo di essere uscito dall’ospedale e di aver subito condotto la Partita del cuore di quell’anno. Sei anni dopo, la più bella sorpresa della mia vita. Ero ancora al timone della Partita del cuore, stava finendo la diretta e già scorrevano i titoli di coda, quando una ragazzina mi corse incontro per abbracciarmi. Capii subito che si trattava di Valeria, la bimba alla quale avevo donato il midollo e che era venuta a salutarmi dicendomi di essere la mia sorellina”.
Ha ragione Carlo Conti, Fabrizio Frizzi è il fratello che milioni di italiani avrebbero desiderato di avere.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 6th, 2017 Riccardo Fucile
MA CAIRO SOGNA IL CANONE E SPERA NELLA POLITICA
Gli ascolti de La7 sono in caduta libera, ma per mascherare il crollo dell’audience — e scongiurare il rischio di perdite a bilancio — il gruppo editoriale di Urbano Cairo gioca la carta del servizio pubblico.
Una strategia di medio periodo con la quale punta a strappare milioni di euro di canone alla Rai, confidando nell’aiuto della politica.
L’ultimo, in ordine di tempo, a salire sul carro di Cairo è stato il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda che ospite a La7 ha spiegato come “alla gente che guarda la televisione interessa avere il prodotto non chi lo offre. I politici si divertono un mondo a dire che un programma fa schifo, che un altro funziona. Ma le pare che il compito di un politico è fare il critico?”.
E poi: “A chi fa un lavoro di servizio io do quei soldi”. Sulla falsariga di Calenda — che cerca di ritagliarsi uno spazio come leader politico nel caso di un’impasse elettorale — si erano già mossi i 5 Stelle.
D’altra parte con le elezioni alle porte, al modo della politica fa comodo strizzare l’occhio a La7 nella speranza di avere un trattamento di riguardo: in un’ottica di forte taglio dei costi, il palinsesto creato dal direttore Andrea Salerno è tutto all’insegna dell’informazione.
Una scelta che non fa una piega: un’ora di talk show ad alto livello costa 300-400mila euro, per produrre un’ora di fiction, invece, servono almeno 1,2 milioni di euro.
Una scelta più che legittima che, però, in termini di ascolti sta provocando una vera emorragia alla rete.
Tra il 10 settembre e il 2 dicembre, lo share medio in prima serata è crollato del 14,48% al 3,78% (elaborazione dello Studio Frasi su dati Auditel) con un’audience di 952mila spettatori.
Peggio di La7 ha fatto solo Rai3 che con il trasloco di Fazio sulla rete ammiraglia di Viale Mazzini ha perso il 23,9% dello share in prima serata (crollato al 5,5%).
Nessuno, però, fa peggio del canale di Cairo nel giorno medio: lo share è crollato del 14,99% al 2,95%.
“Lo scorso anno a tenere alti gli ascolti di La7 c’era il dibattito sul referendum costituzionale del 4 dicembre.
Il palinsesto è rimasto costruito sull’informazione politica e sul talk show: senza eventi di rilievo gli ascolti sono destinati a restare bassi” spiega Francesco Siliato, analista del settore media e partner dello Studio Frasi che poi aggiunge: “In prima serata pesa anche l’addio di Crozza sostituito debolmente da Zoro con Propaganda. E’ impensabile spostare un programma da una rete all’altra senza prevedere adattamenti: La7 è un canale anziano, quindi fatica a digerire un programma basato su Twitter. E’ chiaro che l’informazione serva a risparmiare”
L’esperimento di tagliare i costi di produzione mantenendo la stessa audience è quindi fallito.
Proprio per questo — probabilmente — è iniziata l’operazione servizio pubblico cercando l’appoggio della politica e giocando sul malinteso.
Il contratto di servizio disciplina con dovizia di particolari il concetto di “servizio pubblico” chiarendo che la sfera dell’informazione riguarda solo una piccola parte dell’oggetto.
L’obiettivo del legislatore è che il titolare del servizio pubblico sia la locomotiva del settore nazionale e per questo impone — ad esempio — che almeno il 15% dei ricavi siano destinati a investimenti in opere europee di produttori indipendenti.
I vincoli, insomma, sono molteplici: almeno il 90% dell’offerta complessiva deve essere disponibile in streaming; la programmazione deve prevedere sport, intrattenimento e ovviamente informazione.
Tradotto: i talk show da soli non bastano a rivendicare i soldi del servizio pubblico, ma forse servono a nascondere ascolti deludenti.
(da “Business Insider”)
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Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile
SLITTA LA CONSUETA DIFFUSIONE DELLE 10 E SI SCATENA LA POLEMICA
Dati Auditel in ritardo rispetto alla consueta uscita delle 10. Che, in un primo momento
slittano alle 16 e dopo la scadenza scivolano ancora più in là .
Perchè, fa sapere la società in una nota, saranno diffusi “entro il pomeriggio di oggi”. Numeri attesissimi perchè si riferiscono alla serata dello scontro tra Fabio Fazio su RaiUno e Massimo Giletti, che ha debuttato su La7 con la trasmissione Non è l’arena dopo l’addio a Viale Mazzini per il mancato rinnovo del contratto.
In più, sempre ieri sera, sono andate in onda la fiction Rosy Abate e Le Iene con lo scherzo a Marco Travaglio e la denuncia di molestie delle attrici contro il regista Fausto Brizzi. Tra i primi a diffondere i dati su Facebook Davide Maggio e Enrico Mentana.
Alla base del ritardo, spiega Auditel, c’è “un inconveniente tecnico”, ovvero “il rallentamento di un server di Nielsen”, cioè la società che materialmente gestisce la rilevazione, e questo comporta “un doppio controllo della produzione” prima di diffondere i dati. Inizialmente la previsione della Nielsen era che i dati fossero diffusi a ridosso delle ore 16 di oggi.
Una scadenza prorogata poco dopo.
“I dati sono integri e perfettamente raccolti — spiega Auditel in una nota -. Il ritardo della pubblicazione è dovuto esclusivamente ai protocolli di controllo qualità della Società che prevedono, in circostanze di questo tipo, una doppia procedura di verifica a tutela della massima accuratezza delle informazioni. Per effetto di questo processo, i dati di ascolto di domenica verranno regolarmente rilasciati al mercato entro il pomeriggio di oggi“.
Un ritardo “curioso” per lo stesso Giletti: “Non è la prima volta che i dati Auditel non escono, ma certo è curioso che proprio in una giornata così particolare non ci siano. Io lavoro e aspetto…”, ha detto a Un Giorno da Pecora su Rai Radio 1, dove ha aggiunto: “Dai vertici Rai mi aspettavo un messaggio, perchè la vita cambia ma il rispetto delle persone deve rimanere. Non è arrivato, non importa”.
A intervenire sul caso anche Michele Anzaldi, deputato Pd e segretario della Commissione parlamentare per la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, che parla di “gestione opaca e senza trasparenza” e si domanda cosa ci sia dietro a uno slittamento di oltre sei ore.
“Perchè non ci sono comunicazioni ufficiali? — dice ancora — Chi controlla l’operato dell’Auditel?”. Renato Brunetta invece su Twitter polemizza: “Proprio oggi, guarda caso, dopo lo ‘scontro’ di ieri sera tra Fazio (RaiUno) e Giletti (La7), l’Auditel va in tilt. Che dire… a pensar male si fa peccato… ma spesso ci si azzecca”.
Non diversa dal deputato di Forza Italia la posizione dell’editore di La7, Urbano Cairo. “Mi stupisce molto che proprio oggi, dopo il primo duello tra Fazio e Giletti, ci sia un ritardo così importante della pubblicazione dei dati Auditel di ieri sera. Non voglio pensare male, anche se qualcuno diceva che a pensar male si fa peccato ma si indovina. Mi ha colpito — ha continuato Cairo — un messaggio di Giancarlo Leone che di Rai e di Auditel se ne intende il quale dice, magari in modo un po’ sibillino, che l’Auditel rivendica il ruolo di coprotagonista dello scenario tv e quindi si fa attendere. Non capisco se questa cosa è solo una battuta o altro. Comunque — conclude Cairo — aspettiamo di vedere i dati intanto ieri sera mi sono goduto la prima di Giletti che è stata eccellente”.
(da agenzie)
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Settembre 19th, 2017 Riccardo Fucile
LEGITTIMA LA SANZIONE DELL’AGCOM PER LA BESTEMMIA AL “GRANDE FRATELLO”
E’ legittima la sanzione da 100mila euro inflitta dall’Agcom nel dicembre 2006 a Rti per la
vicenda della bestemmia pronunciata in diretta televisiva da uno dei concorrenti dell’allora quinta edizione del reality ‘Grande Fratello’.
L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto dalla società televisiva per sollecitare l’annullamento del provvedimento sanzionatorio.
L’Agcom deliberò la multa dopo che il 4 novembre del 2004, alle 23:57, uno dei concorrenti pronunciò espressioni blasfeme in diretta televisiva.
Per l’autorità , l’episodio, pur essendo andato in onda poco prima della mezzanotte, era idoneo tra l’altro a suscitare nei minorenni “la legittimazione — ne dà conto il Tar nella sentenza — all’uso di un linguaggio aggressivo e blasfemo, configurandosi, nel suo insieme, come nociva degli interessi morali, etici e di corretto sviluppo psichico degli stessi nonchè, comunque, offensiva del sentimento religioso”, e le cautele adottate dagli autori del programma e dall’emittente “non escludevano la responsabilità di questa ultima”.
Ne è nato un contenzioso amministrativo, adesso deciso con sentenza.
Per il Tar “le misure descritte dalla ricorrente, vale a dire l’estromissione del concorrente dalla trasmissione e da quelle rievocative delle varie edizioni precedenti — si legge nella sentenza — devono ritenersi come irrilevanti e inadeguate a escludere l’idoneità del programma sanzionato a pregiudicare i minori influenzando in modo pregiudizievole i loro processi di apprendimento essendo state adottate successivamente alla consumazione dell’illecito contestato”.
In più, il collegio ha osservato che nel provvedimento impugnato “l’Autorità non si è limitata ad affermare la sussistenza di una ipotesi di responsabilità oggettiva, avendo invece fornito idonea motivazione in cui valorizza la mancata adozione da parte dell’organizzazione del programma di ogni cautela preventiva atta a evitare situazioni che potessero recare nocumento ai minori”.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 29th, 2017 Riccardo Fucile
IL CONDUTTORE INDICA RENZI COME MANDANTE, MA FAREBBE BENE A DIRE CHE UN 3,5% DI SHARE E’ LA CAUSA PRINCIPALE DELLA DECISIONE DE LA7
Ieri sera Gianluigi «Bombatomica» Paragone ha annunciato urbi et orbi la chiusura de La
Gabbia, il programma dal titolo profetico che conduce da qualche anno su La7. Nell’intervento di chiusura della trasmissione, che è diventato già un cult su Internet, Paragone ha cominciato a ringraziare tutti come di consueto e poi, di colpo, ha annunciato: «Ringrazio anche il nuovo direttore Andrea Salerno anche se La Gabbia non rientra più nei suoi piani editoriali. Va bene così. Quindi ci salutiamo, La Gabbia termina qui, chiude qui i battenti. Ha vinto il Ciaone. E con questo Ciaone ci salutiamo».
Il Giornale fa sapere che giornalisti, autori e operatori hanno appreso la notizia della cancellazione solo nel pomeriggio durante una riunione con Paragone.
La chiusura del programma arriva a poche settimane dalla nomina di Andrea Salerno alla direzione della rete televisiva di Urbano Cairo.
E anche il video di saluto di Gianluigi Bombatomica nelle sue poche parole ha un obiettivo ben preciso: velatamente, Paragone accusa il “Ciaone” e non può venire in mente a questo proposito il famigerato tweet del renziano Ernesto Carbone che si beava del mancato raggiungimento del quorum al referendum trivelle concludendo proprio con un #ciaone la frase.
Un complotto dei renziani per chiudere La Gabbia?
Questo sembra sostenere Paragone, che non è nuovo a uscite originali di questo genere — memorabile l’adesione alla teoria del complotto sulle matite cancellabili durante le elezioni — mentre le migliori menti della nostra generazione (cit.) sono già partite all’assalto.
Sul suo blog un preoccupatissimo Diego Fusaro parla di “decisioni dall’alto”…
Mentre un redivivo Paolo Barnard, che ha denunciato in più occasioni presunte cacciate da parte dello stesso Paragone, annuncia retroscena inquietanti.
La stessa cosa fa Elio Lannutti dell’Adusbef, che su Twitter parla dell’«informazione libera di Paragone, fastidiosa per Bankitalia, Draghi, Bce».
E mentre TvBlog sostiene che Massimo Giletti potrebbe prendere il posto di Paragone, visto che sembrerebbe aver deciso di lasciare la RAI, su Twitter parte la caccia ad Andrea Salerno, il quale, «allineato» insieme a Urbano Cairo «alla politica delle larghe intese», ha ucciso la creatura di pòro Gianluigi. Anche se non tutti sembrano dispiaciutissimi, anzi.
La solidarietà , soprattutto politica, è però innegabile. Salerno viene persino accusato di essere renziano, anche se soltanto qualche mese fa ha lasciato la Rai Tre renziana guidata da Daria Bignardi.
Su Twitter comincia a farsi strada l’hashtag #BoicottaLa7, che denunzia le orribile cenzure contro Paragone.
Ma è sulla pagina fan di Gianluigi che si vede il vero deesagio: «Anche Cairo si è venduto. Bene!!!! Boicotterà³ pure La7. Infami e traditori. Grande stima a Gianluigi Paragone, un grande giornalista con la schiena dritta», dice Giacomo; «Non è possibile che chiuda questa trasmissione. Non ti sei allineato col regime Gianluigi ecco perchè ti chiudono e ci chiudono questa bella trasmissione, una delle poche che dice le cose come sono», gli fa eco Marco; «Il primo giornalista che ha parlato di signoraggio bancario sul grande schermo. Top Gianluigi», sostiene Gianluca.
Insomma, c’è chiaramente complotto anche se l’arbitro non l’ha fischiato perchè cornuto.
Lo share medio de La Gabbia, tra il 3,1 e il 3,8%, interessa a pochi.
Insomma, La Gabbia chiude. Tutti quei matti ci mancheranno.
Anche se Mentana lancia il cliffhanger. To be continued?
La7 è come una strada di artigiani, in cui ognuno ha la sua bottega, coi suoi talenti e i suoi difetti: insomma con le sane differenze che rendono varia un’offerta. Capita che arrivi qualcuno da fuori ad aprire il suo spazio, ed è sempre ben accetto. Capita che qualcuno scelga di andare altrove, ed è il mercato. Ma dalla strada delle botteghe della 7 non si sfratta nessuno, nè lo si lascia nella bottega chiusa. Magari si cambia un’insegna, si mette in mostra un lavoro nuovo, ma niente epurazioni. Paragone chiaro?
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 16th, 2017 Riccardo Fucile
IL CONDUTTORE RADIOFONICO, PAROLIERE, AUTORE TELEVISIVO E REGISTA AVEVA 84 ANNI… HA CAMBIATO LA FACCIA DELLO SPETTACOLO ITALIANO
È morto a Roma, all’età di 84 anni, Gianni Boncompagni. Nato ad Arezzo il 13 maggio 1932, da madre casalinga e padre militare, si è diplomato all’Accademia di fotografia e grafica prima di intraprendere la carriera di conduttore radiofonico e diventando, in breve tempo, tra i grandi innovatori dello spettacolo italiano insieme a Renzo Arbore, autore e conduttore di storici successi della radio come Bandiera gialla e Alto gradimento e, non ultimo, autore e regista di Pronto, Raffaella?, Domenica In, Non è la Rai, Carramba.
La notizia è stata diramata dalle figlie Claudia, Paola e Barbara, che hanno dichiarato: “Dopo una lunga vita fortunata, circondato dalla famiglia e dagli amici se n’è andato papà , uomo dai molti talenti e padre indimenticabile”.
“La nostra amicizia è nata quando avevamo all’incirca 25 anni”, ha detto Arbore. “Un’amicizia non conclusa ora che eravamo più vicini agli Ottanta che ai Settanta, come diceva sempre lui con il suo straordinario spirito toscano. Per me è stata un’amicizia provvidenziale, spero lo sia stato anche per lui. Ci conoscemmo ai tempi di quando frequentavamo il corso di maestro programmatore, eravamo compagni di banco. Aveva una visione moderna della vita, un senso d’umorismo all’avanguardia. Una visione che lo ha portato a rivoluzionare la radio e la tv. Spero di essergli stato utile con il mio atteggiamento più riflessivo e romantico, ma altrettanto teso a rivoluzionare la radio e la tv”.
Quando, la domenica del 3 gennaio del 1954 con l’annuncio “la Rai, Radio televisione italiana, inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive” comincia la tv italiana, in diretta dagli studi di Corso Sempione a Milano, Boncompagni però non c’è. È all’estero, ma avrà tempo di cambiare le regole del nostro piccolo schermo.
“Ero in Svezia, dove ho abitato per dieci anni. Lì la tv esisteva già da tempo e lì iniziai a fare le mie prime cose. Tornai in Italia nel ’60 e già nel ’62 ricordo che con Renzo Arbore e Pippo Baudo stavamo sempre a Piazza del Popolo, al bar davanti alla direzione generale della Rai, ad aspettare che ci chiamasse qualcuno”, diceva lui.
Prima della tv, per Boncompagni c’è la radio. Ne rivoluziona il linguaggio negli anni Sessanta e Settanta con programmi come Bandiera gialla e Alto gradimento, complice l’amico di sempre Renzo Arbore, nel 1977 Boncompagni debutta in tv con Discoring. Poi arriva Pronto, Raffaella? (1984), condotto da Raffaella Carrà , di cui è stato pigmalione e fidanzato decennale, di Pronto, chi gioca? (1985), condotto da Enrica Bonaccorti e poi realizza tre edizioni di Domenica in.
Nel 1991 il passaggio a Mediaset, con Primadonna condotto da Eva Robin’s e soprattutto Non è la Rai, programma con cui lancia Ambra Angiolini che diventa l’idolo dei teenager.
E che oggi lo ricorda con questo messaggio: “Se n’è andato il giorno di Pasqua ….è stato un genio anche nel salutarci. Grazie da una ragazzina normale che tu hai fatto in modo che crescesse con il coraggio di essere diversa da tutto, nel bene e nel male . Sei ovunque”.
Tornato alla Rai, nel 1996-97 firma due edizioni di Macao (la prima con Alba Parietti, poi esclusa), la cui seconda edizione chiude per bassi ascolti. Ugualmente sfortunata l’esperienza di Crociera.
Nel 2002 il rilancio con il Chiambretti c’è di Piero Chiambretti, tra informazione e varietà , poi tra il 2007 e il 2008 dirige e conduce Bombay su La7.
Padre della tv leggera e imprevedibile, Boncompagni firma anche delle hit musicali: Ragazzo triste, portata in classifica da Patty Pravo e Il mondo, successo mondiale lanciato nel 1965 da Jimmy Fontana, nonchè tutte le hit di Raffaella Carrà , da Tuca tuca a Tanti auguri e ancora A far l’amore comincia tu.
“Bandiera gialla”, ricordava, ” segnò un cambiamento culturale. Abbiamo lanciato i Beatles contro i Rolling Stones, i complessi li abbiamo battezzati tutti. Approfittando della scarsa conoscenza dell’inglese mettevamo anche canzoni con doppi sensi, allora inconcepibili per la radio, tipo Got My Mojo Working di Jimmy Smith, che voleva dire ‘porto il mio cosino a lavorare'”.
Ma poi, con un po’ di malinconia, aggiungeva: “Oggi non s’inventa più niente. Gli stadi si riempiono con nomi orrendi, non ci sono mica i Beatles e loro, i giovani del cavolo, cantano canzoni senza senso. Quelli degli anni Sessanta erano spaventosi ma l’Italia era molto indietro. Quando dico che per certi cantanti ci vogliono gli arresti domiciliari così non fanno danni non deve ridere. Deve darmi retta”.
Interrogato, pochi anni fa, su quale fosse lo stato della tv, aveva detto: “Oggi guardo molto Sky, Maurizio Crozza su La7, History Channel o i film. Sulla Rai solo L’eredità , forse perchè mi sento molto bravo nel dare le risposte. Ma la tv in generale verrà vista sempre meno, anzi nei prossimi dieci anni scadrà . A guardarla ormai sono solo donne anziane semianalfabete, quelle che votano Berlusconi. I ragazzi non sanno neanche cosa sia. La tv di oggi è Internet, con tutto quello che comporta. Sopravviverà per lo sport, che ci sarà sempre”.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile
INVITATO AL CONVEGNO DI CASALEGGIO, IL DIRETTORE DEL TG DI LA7 SI DIFENDE: “NESSUNA VICINANZA COI GRILLINI”
Enrico Mentana è stato spesso accusato di “inciuciare” con il MoVimento 5 Stelle, così come tutta
La7.
I “sospetti” sono aumentati con la partecipazione al convegno «Sum-Capire il futuro» organizzato da Davide Casaleggio per ricordare il padre Gianroberto a un anno dalla scomparsa.
In un’intervista al Corriere però Mentana respinge tutte le accuse:
E infatti al simposio pentastellato ci sarà .
«E allora? Non vado certo lì a dire “Viva viva i Cinquestelle” o “Siete pronti a governare”. Però non comprendo il pregiudizio negativo del “no, voi no” verso una forza politica che raccoglie il 25 per cento dei voti. Io li ho sempre rispettati, senza rinunciare alle mie idee. Criticare non è attaccare, non è dire sono tuo nemico. Sono vergine sia di servo encomio che di codardo oltraggio».
Pochi giorni fa Giuliano Ferrara, che dice di volerle bene, ha scritto che lei è diventato grillino senza dirlo.
«Giuliano è una bravissima persona, intelligente. Da mesi però vive a Parigi e forse ha sbagliato tasto del telecomando».
E aggiunge che «Enrico procede dissimulando».
«Saprò bene io cosa penso. Non ho bisogno dell’expertise di un altro».
Dunque niente «inciucino» con l’M5S.
«Non ha molto senso. E mi offenderei allo stesso modo se mi etichettassero come antigrillino. In 40 anni di carriera non ho mai conosciuto qualcuno che avesse sempre ragione o sempre torto. Non mi piacciono nè i leccapiedi nè i nemici di professione. C’è una frase di Ernesto Rossi che è per me un punto cardinale: “Se un fascista dice che piove, e piove, ha ragione il fascista”».
Dunque ha perdonato le sparate di Grillo.
«Ha spiegato che non c’entravo e mi è bastato. Gli altri giornalisti non si sono adontati e io non faccio il paladino della categoria. Per chiarirci, mi sarei arrabbiato anche se me lo avesse detto un mio parente stretto».
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 23rd, 2017 Riccardo Fucile
89 ANNI, AVEVA LEGATO IL PROPRIO VOLTO ALLA COMPETIZIONE CANORA PER RAGAZZI
E’ morto a Milano Cino Tortorella, l’ex mago Zurlì che per tanti anni ha legato il proprio volto e la propria attività allo Zecchino d’oro.
A giugno avrebbe compiuto 90 anni. Autore e regista, era anche appassionato ed esperto di enogastronomia.
Nato a Ventimiglia, nel 1956 propone la messa in scena di una pièce teatrale per ragazzi dal titolo Zurlì, mago Lipperlì, dalla quale venne tratta la sceneggiatura del suo primo programma televisivo “Zurlì, mago del giovedì”, andato in onda nel 1957.
Nel 1959 è l’ideatore della manifestazione canora dello Zecchino d’Oro.
Conduce la trasmissione dalla sua prima edizione alla 51^ (2008), fino al 1972 impersonando il ruolo del famosissimo Mago Zurlì.
E’ autore e regista di Chissà chi lo sa?, trasmissione andata in onda consecutivamente per dodici anni.
(da agenzie)
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