E’ MORTO GIANNI BONCOMPAGNI, FECE LA STORIA DEL NOSTRO PICCOLO SCHERMO
IL CONDUTTORE RADIOFONICO, PAROLIERE, AUTORE TELEVISIVO E REGISTA AVEVA 84 ANNI… HA CAMBIATO LA FACCIA DELLO SPETTACOLO ITALIANO
È morto a Roma, all’età di 84 anni, Gianni Boncompagni. Nato ad Arezzo il 13 maggio 1932, da madre casalinga e padre militare, si è diplomato all’Accademia di fotografia e grafica prima di intraprendere la carriera di conduttore radiofonico e diventando, in breve tempo, tra i grandi innovatori dello spettacolo italiano insieme a Renzo Arbore, autore e conduttore di storici successi della radio come Bandiera gialla e Alto gradimento e, non ultimo, autore e regista di Pronto, Raffaella?, Domenica In, Non è la Rai, Carramba.
La notizia è stata diramata dalle figlie Claudia, Paola e Barbara, che hanno dichiarato: “Dopo una lunga vita fortunata, circondato dalla famiglia e dagli amici se n’è andato papà , uomo dai molti talenti e padre indimenticabile”.
“La nostra amicizia è nata quando avevamo all’incirca 25 anni”, ha detto Arbore. “Un’amicizia non conclusa ora che eravamo più vicini agli Ottanta che ai Settanta, come diceva sempre lui con il suo straordinario spirito toscano. Per me è stata un’amicizia provvidenziale, spero lo sia stato anche per lui. Ci conoscemmo ai tempi di quando frequentavamo il corso di maestro programmatore, eravamo compagni di banco. Aveva una visione moderna della vita, un senso d’umorismo all’avanguardia. Una visione che lo ha portato a rivoluzionare la radio e la tv. Spero di essergli stato utile con il mio atteggiamento più riflessivo e romantico, ma altrettanto teso a rivoluzionare la radio e la tv”.
Quando, la domenica del 3 gennaio del 1954 con l’annuncio “la Rai, Radio televisione italiana, inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive” comincia la tv italiana, in diretta dagli studi di Corso Sempione a Milano, Boncompagni però non c’è. È all’estero, ma avrà tempo di cambiare le regole del nostro piccolo schermo.
“Ero in Svezia, dove ho abitato per dieci anni. Lì la tv esisteva già da tempo e lì iniziai a fare le mie prime cose. Tornai in Italia nel ’60 e già nel ’62 ricordo che con Renzo Arbore e Pippo Baudo stavamo sempre a Piazza del Popolo, al bar davanti alla direzione generale della Rai, ad aspettare che ci chiamasse qualcuno”, diceva lui.
Prima della tv, per Boncompagni c’è la radio. Ne rivoluziona il linguaggio negli anni Sessanta e Settanta con programmi come Bandiera gialla e Alto gradimento, complice l’amico di sempre Renzo Arbore, nel 1977 Boncompagni debutta in tv con Discoring. Poi arriva Pronto, Raffaella? (1984), condotto da Raffaella Carrà , di cui è stato pigmalione e fidanzato decennale, di Pronto, chi gioca? (1985), condotto da Enrica Bonaccorti e poi realizza tre edizioni di Domenica in.
Nel 1991 il passaggio a Mediaset, con Primadonna condotto da Eva Robin’s e soprattutto Non è la Rai, programma con cui lancia Ambra Angiolini che diventa l’idolo dei teenager.
E che oggi lo ricorda con questo messaggio: “Se n’è andato il giorno di Pasqua ….è stato un genio anche nel salutarci. Grazie da una ragazzina normale che tu hai fatto in modo che crescesse con il coraggio di essere diversa da tutto, nel bene e nel male . Sei ovunque”.
Tornato alla Rai, nel 1996-97 firma due edizioni di Macao (la prima con Alba Parietti, poi esclusa), la cui seconda edizione chiude per bassi ascolti. Ugualmente sfortunata l’esperienza di Crociera.
Nel 2002 il rilancio con il Chiambretti c’è di Piero Chiambretti, tra informazione e varietà , poi tra il 2007 e il 2008 dirige e conduce Bombay su La7.
Padre della tv leggera e imprevedibile, Boncompagni firma anche delle hit musicali: Ragazzo triste, portata in classifica da Patty Pravo e Il mondo, successo mondiale lanciato nel 1965 da Jimmy Fontana, nonchè tutte le hit di Raffaella Carrà , da Tuca tuca a Tanti auguri e ancora A far l’amore comincia tu.
“Bandiera gialla”, ricordava, ” segnò un cambiamento culturale. Abbiamo lanciato i Beatles contro i Rolling Stones, i complessi li abbiamo battezzati tutti. Approfittando della scarsa conoscenza dell’inglese mettevamo anche canzoni con doppi sensi, allora inconcepibili per la radio, tipo Got My Mojo Working di Jimmy Smith, che voleva dire ‘porto il mio cosino a lavorare'”.
Ma poi, con un po’ di malinconia, aggiungeva: “Oggi non s’inventa più niente. Gli stadi si riempiono con nomi orrendi, non ci sono mica i Beatles e loro, i giovani del cavolo, cantano canzoni senza senso. Quelli degli anni Sessanta erano spaventosi ma l’Italia era molto indietro. Quando dico che per certi cantanti ci vogliono gli arresti domiciliari così non fanno danni non deve ridere. Deve darmi retta”.
Interrogato, pochi anni fa, su quale fosse lo stato della tv, aveva detto: “Oggi guardo molto Sky, Maurizio Crozza su La7, History Channel o i film. Sulla Rai solo L’eredità , forse perchè mi sento molto bravo nel dare le risposte. Ma la tv in generale verrà vista sempre meno, anzi nei prossimi dieci anni scadrà . A guardarla ormai sono solo donne anziane semianalfabete, quelle che votano Berlusconi. I ragazzi non sanno neanche cosa sia. La tv di oggi è Internet, con tutto quello che comporta. Sopravviverà per lo sport, che ci sarà sempre”.
(da “La Repubblica”)
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