CENTRODESTRA, NUOVE TENSIONI: CRESCE LA FRONDA A BERLUSCONI
IL PDL ORA RISCHIA LA SCISSIONE: DOPO L’USCITA DI SILVIO A FIUGGI, ALFANO E’ STATO MESSO IN DIFFICOLTA’…. L’AUTOCANDIDATURA DEL CAVALIERE NON E’ PIACIUTA A TUTTO IL GRUPPO DIRIGENTE
Al ritorno in campo di Berlusconi è contrarissima l’intera «cupola» del Pdl.
«Non era nei patti», gli ribatte (con rare eccezioni) il gruppo dirigente.
«Aveva preso l’impegno di fare l’allenatore, mica il centravanti», protestano veementi gli amici di Alfano.
Al quale alcuni tra i più indignati hanno suggerito di dimettersi, visto che è impossibile dirigere il partito avendone contro il Fondatore, un gesto estremo di coerenza e di dignità politica. Però Angelino prova a mantenere i nervi saldi, sa che non è il momento dei colpi di testa: la gente normale poco apprezzerebbe una lite intestina mentre l’Italia ha ben altri guai.
Dunque per ora Alfano si limita a rammentare che le primarie, con cui scegliere il candidato premier, sono «un’iniziativa presa in comune con Berlusconi».
Sottinteso che non può rimangiarsi la parola così in fretta, occorre un briciolo di serietà . Concetto ribadito da Cicchitto e da Gasparri, da Fitto e da Quagliariello, da Alemanno a La Russa (quest’ultimo stamane sulle colonne del «Giornale»), insomma dalla guardia pretoria del Segretario.
Per un affetto quasi filiale, o per non confliggere proprio adesso, Alfano arriva a far finta di non aver capito le parole dette da Silvio due giorni orsono a Fiuggi, e ancor più la mimica del Cavaliere, da cui si percepiva una voglia matta di tornare in gioco.
«Se Berlusconi deciderà di scendere in campo, lo dirà oltre ogni forzatura giornalistica», rimanda la resa dei conti Alfano.
Idem sull’Europa, «non ha mai proposto di uscirne», pure questa è una «forzatura dei giornali…».
Tesi argomentata pure da Bonaiuti, in garbata polemica con Casini.
Sotto il coperchio però la pentola ribolle.
A tal punto che nei prossimi mesi potrebbe accadere di tutto. Perfino l’impensabile.
Ad esempio che Berlusconi, contrastato con durezza dal «Politburo» Pdl, prenda contatto con la realtà e, per la prima volta nella sua vita, accetti la «deminutio» da padre-padrone a padre-nobile.
Oppure il rovescio, può succedere che il braccio di ferro si concluda con una seconda scissione, dopo quella di Fini.
E con l’ esodo verso altri lidi di un consistente gruppo parlamentare, sicuramente gli ex di An (la Meloni è in prima linea nella contestazione di liste composte da gente giovane che Silvio ha pescato chissà dove).
Insomma, un terremoto politico dagli esiti difficili da calcolare anche solo per quanto riguarda la tenuta del governo.
L’ipotesi della scissione esiste eccome; ne parlano, off the record, autorevoli protagonisti del campo berlusconiano e dell’altra fazione.
Una fenditura verticale si è ormai aperta anche nei gesti, nelle ritualità .
Quando Berlusconi venerdì ha intrattenuto con il suo show alla Grillo i giovani del Pdl, la sala di Fiuggi era grande e l’ufficio stampa modernamente dotato di schermi al plasma; ieri, per Alfano («il povero Angelino» come ormai lo ribattezzano le vestali del Cavaliere) sala più modesta e niente schermi al plasma, che Silvio si è riportato ad Arcore.
Sulla carta, ma solo sulla carta, viene ipotizzata una terza via, un grande rassemblement dell’area moderata, una federazione aperta a chiunque ci voglia stare, dal Pdl alle liste civiche, con Berlusconi nel ruolo di tessitore.
Ma ciò richiederebbe un gioco delle parti politicamente raffinato, un’arte della mediazione che mal si concilia con i personaggi messi in campo dal Cavaliere, al quale notoriamente piacciono i caratteri vulcanici tipo gli Sgarbi, le Santanchè, i Verdini, i Brunetta, i Galan, tutti dalla parte sua.
Bersani la butta in barzelletta, «Berlusconi è alla caccia di un nome nuovo di un formaggio, ha rifiutato il mio suggerimento “W la mamma”» motteggia il segretario Pd.
Da seguire martedì prossimo la Direzione del partito già convocata da Alfano; e, prima ancora, l’assemblea dei gruppi parlamentari di Camera, del Senato, del Parlamento europeo che si riuniranno dietro Montecitorio, in via di Campo Marzio.
Nella circostanza si comincerà a capire chi sta con chi, e come potrà finire.
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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