CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE’, SUL FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA “GINTONERIA” AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL’OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI?
ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI, GUARDA CASO DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE… LA PROCURA DI MILANO, CON L’ARRIVO DELL’ARMATA BRANCA-MELONI, E’ DIVENTATA IL NUOVO ”PORTO DELLE NEBBIE”?
Da mesi siamo in trepida attesa della chiusura delle indagini dei Pm della Procura di
Milano, diretta da Marcello Viola, sulla vendita del 15% di Mps da parte del Mef finita – guarda che coincidenza! – nelle mani di Caltariccone e compagni.
Ancora. Per la Santanché un rinvio tira l’altro. A circa dieci mesi dal rinvio a giudizio per i falsi in bilancio per cui l’ex amministratrice Daniela Santanchè (ministra del Turismo del governo Meloni e senatrice di Fratelli d’Italia), il processo a Milano (con altre 16 persone) rischia seriamente di finire in prescrizione.
Un rischio sollevato la scorsa estate non da Dagospia ma dai i pubblici ministeri Marina Gravina e Luigi Luzi. Sul processo per truffa aggravata all’INPS la prescrizione è sospesa: il giudice ha infatti congelato il decorso del termine almeno fino a febbraio 2026, in attesa della decisione della Consulta sul conflitto tra Senato e Procura relativo all’utilizzo di alcuni atti. In condizioni ordinarie, la prescrizione per il reato di truffa aggravata scatterebbe a metà 2027, ma la sospensione giudiziale ha
fermato il decorso.
Invece, per altri procedimenti correlati, come il falso in bilancio e il crac Visibilia, esiste il rischio che si avvicini la scadenza della prescrizione a causa dei ripetuti rinvii delle udienze.
Per il falso in bilancio, invece, la richiesta di rinvio a giudizio è stata formalizzata nel luglio 2024 e la prescrizione potrebbe scattare dopo 5 anni, quindi nel 2029, con alcune annualità già prescritte per il periodo 2016-2018.
I rinvii stanno però accelerando il rischio prescrizione e i PM hanno segnalato come, con questo ritmo, la tagliola potrebbe avvicinarsi già nei prossimi due anni se non si accelera il dibattimento.
Riguardo alla bancarotta delle società collegate, la prescrizione dipende dalla data del presunto fallimento: in assenza di atti interruttivi rilevanti, la scadenza per questi reati è di solito tra 6 e 8 anni dal fallimento, quindi per Ki Group e Bioera il rischio prescrizione potrebbe concretizzarsi tra la fine del 2026 e il 2028, tenendo conto dei rinvii e del calendario fitto delle udienze fissate fino a maggio 2026.
Intanto, del confronto Santanchè-Meloni, annunciato mesi fa dalla premier dopo il rinvio a giudizio della ministra, non si è più
avuta notizia.
La “Santa del Turismo”, sostenuta com’è da Ignazio La Russa, se ne fotte e si attovaglia con l’ex della premier, Andrea Giambruno, “Al Moro”, ristorante bene in vista nel pieno centro di Roma, a due passi da Palazzo Chigi.
Come chiesto dalla Procura di Milano, guidata dalla ”prudenza” politica di Viola, lontana anni luce dall’era di chi l’ha preceduto (sotto la lente dei pm milanesi sono finiti in oltre tre decenni Mani Pulite, Parmalat, i furbetti del quartierino, le scalate bancarie, la grande evasione fiscale, le big tech, ecc.), l’indagine per violenza sessuale nei confronti di Leonardo Apache La Russa, figlio del presidente del Senato Ignazio, e del suo amico dj Tommaso Gilardoni è finita archiviata.
I due amici di bisbocce erano stati accusati da una 22enne che, dopo una notte in discoteca, si era risvegliata nel letto di Leonardo Apache.
La presunta vittima, dopo aver incontrato l’ex compagno di liceo che le avrebbe offerto un paio di cocktail, ha riferito di un “black out” fino alla mattina dopo quando, verso mezzogiorno, si sarebbe risvegliata “confusa”, disorientata e svestita nel letto di lui, senza ricordare nulla delle ore precedenti
Benché siano stata riscontrate tracce di Ghb, nota anche come “droga dello stupro”, in un capello della ragazza, che potrebbero essere compatibili proprio con il periodo in cui sarebbero avvenute le violenze, secondo una consulenza difensiva effettuata da un esperto nominato dal legale della ragazza, l’avvocato Stefano Benvenuto, è arrivata l’archiviazione.
Secondo il gip di Milano Rossana Mongiardo, “non ci sono né elementi specifici né prove che i due giovani “si fossero avveduti (o comunque avessero percepito)” che lo stato di alterazione della giovane, “dovuto all’assunzione di alcool e stupefacenti” fosse “tale da incidere sul conseguente vizio del consenso alle prestazioni sessuali compiute”.
In piedi è rimasta solo l’accusa di revenge porn: il vispo erede di Ignazio avrebbe mandato su whatsapp un video intimo della ragazza a Tommaso Gilardoni, che l’ha inoltrato ad altre persone.
L’offerta di 25mila euro come risarcimento per il video registrato la notte tra il 18 e il 19 maggio 2023 a Milano, non basta alla pm Rosaria Stagnario e all’aggiunta Letizia Mannella per ritenersi soddisfatte senza un percorso riparativo.
Ancora più dura la reazione della presunta vittima: l’avvocato Stefano Benvenuto ha letto in aula una mail della ventiquattrenne che ha rifiutato il risarcimento perché “non soddisfacente”. Sarà la giudice Maria Beatrice Parati a decidere, nella prossima udienza fissata per il 17 dicembre, se ritenere la cifra in denaro congrua, se affiancare al denaro un percorso di giustizia riparativa che interromperebbe l’iter processuale oppure decidere se procedere lasciando ai difensori la possibilità di optare per eventuali riti alternativi.
Il 17 dicembre è attesa la sentenza per Gilardoni che ha chiesto il rito abbreviato. Per il deejay la pubblica accusa ha chiesto una condanna a due anni per la diffusione del video senza il consenso della vittima, e riguarda due distinti episodi di revenge porn.
E il chiacchieratissimo scandalo della “Gintoneria”, che coinvolgeva mezza Milano potentona, una volta nelle manine della Procura di Milano, che fine ha fatto? Per aver messo insieme “prostituzione, detenzione e spaccio di stupefacenti e autoriciclaggio”, il tenero Davide Lacerenza ha patteggiato 4 anni e 8 mesi di reclusione; con l’accordo è stata prevista anche la confisca di beni per risarcire lo Stato, tra cui bottiglie di champagne e arredamenti dei locali per un valore superiore a 900mila euro.
Massì, non fate i Savonarola, ci sta pure un ridicolo ma frizzante
risarcimento a base di Dom Perignon quando c’è di mezzo un coattone cocato che si può permettere, ospite de “La Zanzara” di Radio24, di gonfiarsi come una rana e di spedire “pizzini” ai naviganti: “Da me venivano tutti: politici, imprenditori, magistrati. sul mio telefono ho tutti i nomi coi messaggi…”.
Alle tali esplosive indagini in mano alla Procura di Milano, le cui sentenze di condanna avrebbero avuto un immediato e devastante rimbalzo nei palazzi del potere romano, ora si aggiunge il caso di Francesco De Tommasi, il pm dell’inchiesta sui dossieraggi dell’agenzia Equalize di Enrico Pazzali.
“Delicatissima”, scrive il temerario Luigi Ferrarella sul “Corrierone” diretto da Luciano Fontana (che evita di rilanciarlo dalla carta al sito e lo relega in un colonnina con titolo sfollalettori), “anche per gli emersi rapporti di Pazzali con vertici Gdf, dirigenti del palazzo di giustizia milanese e 007 di Roma”.
Infatti, De Tommasi lo troviamo protagonista anche di un nuovo capitolo dell’inchiesta della procura di Milano sugli spioni di Equalize connessi allo scandalo urbanistico milanese.
Grazie a un articolo di “Repubblica” dello scorso 13 settembre, a firma Rosario Di Raimondo, si informa: “Il pm Francesco De Tommasi ha aperto un fascicolo parallelo sul presunto furto e la manipolazione di alcune chat intercorse fra l’archistar e presidente della Triennale, Stefano Boeri, e la direttrice generale dell’istituzione culturale milanese, Carla Morogallo.
Secondo la denuncia di Boeri, quei messaggi estrapolati abusivamente potrebbero anche essere stati “manipolati e modificati”.
Come risulta anche dalla testimonianza resa, come persona offesa, dall’archistar davanti al pm Francesco De Tommasi, lo scorso gennaio”.
Per la vicenda, come anticipato da LaPresse, è indagato l’informatico vicentino Gabriele Edmondo Pegoraro, esperto di bitcoin e cybersecurity, già dipendente di società che forniscono intercettazioni per diverse Procure d’Italia, con le ipotesi di accesso abusivo a sistema informatico e cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche”.
(da Dagoreport)
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