CHI HA NIENTE DA PERDERE CONTRO CHI HA QUALCOSA DA DIFENDERE
VIAGGIO NELLA CLASSE MEDIA ATENIESE ALLA VIGILIA DEL VOTO
“Perchè non abbiamo paura di perdere tutto? Noi abbiamo già perso tutto. Non c’è più niente da perdere, e quindi niente di cui avere paura”.
A scegliere il salotto di un secondo piano di un appartamento di Peristeri, periferia ovest di Atene, si direbbe che il no si prepara a un netto trionfo al referendum di domani. Mihalis, Marios, Voula, Dimitris, Aggeliki, Thomas e Dina, sparsi tra sedie e divano, hanno le idee molto chiare su come votare.
Ma è Voula a trovare la sintesi perfetta per chi in questi giorni ha cercato di ingabbiare la consultazione in una scelta tra euro e dracma, tra Europa e isolamento. “E’ molto semplice. Domani si scontra chi non ha più niente da perdere contro chi ha qualcosa da difendere”.
È questo il dilemma che tormenta la classe media greca.
Chi era in difficoltà prima della crisi oggi vede in Tsipras l’ultima speranza, chi era molto ricco e ha retto l’urto dell’austerità voterà sì, anche se guarda con paura a cosa potrà succedere lunedì.
Ma tra questi due mondi c’è un blocco sociale che si è fratturato a metà come dopo un terremoto dal 2010 in poi.
Una parte, franando verso una povertà mai conosciuta, un’altra – medio alta – che ora guarda al sì come l’ultimo salvagente per proteggere le proprie vite.
Con questa lente, quella della classe media greca, la situazione greca deflagra in tutta la sua complessità .
Da qualche settimana ormai compare sui muri della capitale greca questa scritta. “Per favore, non salvateci”.
I cinque anni di austerity hanno colpito in modo sì quasi indistinto, ma trasformando una fetta di popolazione, che pur non vivendo nell’agio poteva garantire la propria sopravvivenza con serenità , in un’enorme massa che dopo essere stata spogliata dei propri beni, è stata privata anche della speranza.
Al punto che mentre qualcuno comincia a sventolare lo spettro del bail-in, il prelievo direttamente dai conti correnti delle banche, anche chi con la crisi ha perso quasi tutto si confessa, con orgoglio, guardandoti negli occhi: “Che cosa importa perdere 3-4mila euro, tutto quello che abbiamo, se rischiamo di perdere il futuro?”
Marios ha un possente fisico ricoperto di tatuaggi che nasconde una sorprendente gentilezza.
Pensa di sposarsi il prossimo anno, ma aspetta tempi migliori. “Non voglio pensare di arrivare a 35 anni senza poter avere una famiglia e lasciare la casa, mettiti nei miei panni, posso avere paura di votare no?”.
Eppure una vittoria del no rischia di significare il collasso definitivo del sistema bancario, un indebolimento della posizione di Tsipras.
“E’ il contrario, saremo più forti, spiega Thomas, 63 anni e 12.000 giorni di lavoro alle spalle. Perchè in Grecia il pensionamento si conta per numero di giorni.
“Il 75% dei greci vuole restare nell’euro e restarci con dignità , l’Europa non potrà non tenere conto dell’esito del voto”.
Per una città che si appresta a segnare una svolta non solo alla propria storia ma a quello dell’intera Unione Europea, sarebbe quasi lecito aspettarsi caos, confusione e tensione.
Ma anche le file ai bancomat, dove il prelievo è limitato ai 60 euro – 50 nei molti sportelli in cui sono esauriti le banconote da 20 euro – la gente attende pazientemente in fila il proprio turno. Dove non c’è la fila c’è poco da festeggiare: i soldi sono già finiti.
“Perchè andiamo così lontano Spyros?”. Spyros, la guida, ha 29 anni. Si dirige quasi alle porte della capitale. Molti anni fa i benestanti hanno lasciato il centro e hanno comprato casa fuori. Questa non è periferia”, spiega.
Eppure Cholargos, nella punta nord -ovest della cartina della città , sembrerebbe quasi ai confini della mappa urbana. Qui c’è quella parte di città aggrappata alla speranza. Tra chi ha tutto da proteggere e chi non ha nulla da perdere c’è chi pensa a qualcosa da difendere.
Il cugino di Spyros, suo omonimo, lavora per una grande compagnia straniera che si occupa di registrazione delle navi.
Uno dei pochi settori privati, quello armatoriale, che -pur spesso al riparo dal fisco ellenico- garantisce un numero consistente di posti di lavoro.
“Siamo la più grande società del nostro settore, ma ho sentito che in caso di vittoria del no vorrebbero spostare il grosso delle attività a Cipro, sarebbe un disastro per la nostra economia”, spiega al tavolo di uno dei tanti bar che popolano il quartiere.
Alle due del pomeriggio, ci sono pochi posti liberi. “Se vuoi avviare un’impresa in questo Paese, apri un bar. Vai sul sicuro”, dicono un po’ scherzando, un po’.
Il business privato per l’economia greca è praticamente irrilevante rispetto all’enorme settore pubblico.
Ma la sola e ultima possibilità per ribaltare questo squilibrio, per una parte dei greci, passa dal sì. “Chi sostiene il no non sa a cosa sta andando incontro. Quella di Tsipras è una trappola, sta illudendo i greci che esista una sorta di scenario positivo in caso di no”.
Mentre parla squilla il telefono. Ascolta, poi si rivolge agli altri al tavolo preoccupato: “Avevate soldi lì dentro?”, chiede facendo il nome di un’importante banca greca. Dall’altra parte della conversazione, un amico impiegato in quello stesso istituto e atteso di lì a poco, chiama per dare forfait. Ci sono “grossi problemi”.
Vassilis 31 anni, architetto, non ha dubbi, voterà sì. Mio padre lavora in una grossa impresa tecnica, non voglio mettere in pericolo quello che abbiamo costruito”. Proteggere quel poco che c’è.
Non è ricchezza, nemmeno benessere forse. Spyros, la guida, parla del padre, ex capitano di grandi navi, recentemente scomparso. In Grecia i lavoratori hanno maggiore libertà nel scegliere l’importo futuro della propria pensione, versando più contributi.
“Non siamo dei privilegiati. Mio padre ha lavorato tutta la vita, facendo sacrifici, per garantirsi proprio un certo tenore di vita a lui e alla sua famiglia. Dall’inizio alla fine dell’austerity la pensione è diminuita di 1000 euro, da poco meno di 2500 di partenza”.
Facile immaginare un no al referendum di domani. Eppure voterà sì domani. Non per respingere le ricette del passato, ma per tenersi stretto quel poco di futuro che resta. “Questi sono i sacrifici di un padre, di una famiglia normale. C’è chi si augura il collasso delle banche, io no. Non voglio perdere tutto”
Flavio Bini
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply