CLAMOROSA VITTORIA DELLE ONG: DOPO SETTE ANNI SCAGIONATO L’EQUIPAGGIO DELLA “JUVENTA”, LA STESSA PROCURA DI TRAPANI CHIEDE IL NON LUOGO A PROCEDERE. “SALVARE LA VITA IN MARE NON E’ REATO”
UN’INDAGINE COSTATA 3 MILIONI DI EURO, ACCUSE INFAMANTI SMENTITE DAI FATTI, ORA DOVRA’ ANCHE ESSERE RESTITUATA LA NAVE ORMAI DISTRUTTA… UN CONSIGLIO ALLE ONG: D’ORA INNANZI IL PRIMO COGLIONE CHE SI PERMETTE DI DEFINIRVI “D’ACCORDO CON I TRAFFICANTI” UNA BELLA QUERELA E RICHIESTA DI UN MILIONE DI EURO DI DANNI, NESSUNA PIETA’, DEVONO FINIRE A MENDICARE AGLI ANGOLI DELLE STRADE
Per le Ong (tutte) è una clamorosa vittoria soprattutto perché arriva nell’unico processo in cui esponenti delle organizzazioni umanitarie e le stesse ong sono state portate alla sbarra con l’infamante accusa di aver soccorso migranti dietro accordi con le organizzazioni di trafficanti.
Sette anni dopo, al processo Iuventa (dal nome della nave umanitaria sotto sequestro e ormai distrutta dal 2017) è la stessa procura (quella di Trapani) ad arrendersi all’evidenza e a chiedere il non luogo a procedere contro tutti gli imputati “perché il fatto non costituisce reato”.
Dunque, ammettono anche gli accusatori, salvare vite in mare non è reato. Un assunto da sempre sostenuto dalle Ong e a cui, dopo un processo durato ben sette anni, intercettazioni senza regole tra indagati e avvocati, indagati e giornalisti, spese per milioni di euro, una nave umanitaria fatta andare in malora, decine di soccorritori tenuti sul filo dal 2017 ad oggi, anche i pm ammettono.
Il ministero dell’Interno, costituitosi parte civile contro le Ong, ha dichiarato che si rimetterà alla decisione del tribunale. La sentenza del processo, dopo le arringhe dei legali di parte civile e della difesa, è atteso per il 2 marzo.
La Procura ha chiesto anche la restituzione alla Ong tedesca della nave umanitaria sequestrata nel 2017 e ormai distrutta. “Che in 8 anni siano stati spesi 3 milioni di euro di denaro pubblico per perseguire persone che salvavano vite umane è ancora una vergogna – il commento a caldo di Iuventa crew – La richiesta non è vincolante per il giudice, ma è un passo nella giusta direzione”.
Dice Francesca Cancellaro, una degli avvocati di Iuventa: “Siamo contenti che la procura abbia cambiato idea dopo 7 anni. Tuttavia, non è così che funziona uno stato di diritto. Le accuse dovrebbero essere formulate solo dopo un’indagine approfondita e la raccolta di tutte le prove disponibili. Iniziare un processo senza le dovute basi è ingiusto e comporta un onere indebito per gli imputati”. “Oggi il governo, che aveva di fatto chiesto un risarcimento danni ai soccorritori, ha lasciato la decisione al tribunale e ha abbandonato l’aula”, aggiunge l’avvocato Nicola Canestrini.
(da agenzie)
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