DA TORINO PARTE L’ORDINE: “MARCEREMO SU ROMA, PENDOLINO PAGATO PER TUTTI”
IERI CORTEI E QUATTRO ARRESTI…. LA PROCURA APRE UN FASCICOLO PER DEVASTAZIONE… NEL COMUNE DI NICHELINO SINDACO ASSEDIATO
Da Torino ieri è partito l’ordine: “Tutti a Roma”.
Danilo Calvani, 51 anni, contadino di Pontinia in provincia di Latina, fondatore del movimento “9 dicembre”, lo ha gridato più volte dal palco improvvisato in piazza Castello.
Il leader dei Forconi è sceso da una Jaguar scura. Arrivato per dire che “i politici sono degli assassini” che “Equitalia uccide i cittadini”, che l’obiettivo finale “è cacciare quei parassiti che ci governano” che “hanno violentato la Costituzione”.
Pochi minuti, niente di più: giusto il tempo di annunciare la grande manifestazione romana (con data ancora da fissare) garantendo “pendolino rosso pagato per tutti”.
In archivio la terza giornata di protesta con la Procura che ha aperto un fascicolo per devastazione e saccheggio, nel quadro delle indagini sugli episodi avvenuti negli ultimi tre giorni in occasione della protesta dei forconi.
Il fascicolo è a carico di ignoti. Ci sono stati pure quattro manifestanti arrestati.
Tra questi un camionista e un ultras della Juventus accusato di istigazione a delinquere.
Alle quattro di mattino, la polizia ha sgomberato il presidio che da tre giorni bloccava il centro di raccolta merci di Orbassano, liberando trecento camion per le consegne ai supermercati.
Alle nove, poi, è partito il corteo degli studenti dentro al quale si sono mischiati centinaia di ambulanti del mercato di porta Palazzo. C’erano loro e i loro figli, in un mix del tutto indecifrabile con le scuole non del centro di Torino (solitamente le più politicizzate), ma della periferia e i manifestanti a urlare slogan dai microfoni del centro sociale Askatasuna.
Poco prima di mezzogiorno il corteo ha fatto tappa al mercato della Crocetta, bloccando corso Regina Margherita.
Qui si sono registrati tafferugli tra i “mercatali” che hanno tenuto aperto e quelli di porta Palazzo che invece ancora per la giornata di ieri hanno deciso di non lavorare.
Per tutto il giorno si sono registrati almeno venti blocchi tra il centro e l’hinterland. Con gruppi di persone sempre in movimento.
Cristina ha i capelli biondi e porta sulle spalle una bandiera italiana. Urla: “Ognuno di noi deve essere un leader”. Applausi.
In città c’è tensione, si temono scontri come successo lunedì. In corso Casale il traffico va in tilt verso le quattro del pomeriggio. I forconi sono arrivati dalla vicina piazza Vittorio. Quasi duecento persone. Si siedono a terra, bloccano l’incrocio. Molti adulti e moltissimi giovani. Alcuni hanno sciarpe del Toro e della Juve. Gente da stadio. Si vede da come si muovono e da come intonano i cori.
Le auto stanno ferme. Nessuno protesta. Si attende.
Poi qualcuno annuncia: “A Roma hanno votato la fiducia al governo Letta”.
Iniziano i fischi. È il segnale: si riparte e si torna indietro verso piazza Vittorio. Davanti al corteo una moto di grossa cilindrata scandisce il passo facendo urlare la marmitta. Ci si ferma di nuovo.
Un chilometro oltre in piazza Castello altre trecento persone attendono, discutono, si arrabbiano. Il Palazzo della Regione è presidiato dalla polizia. In piazza Vittorio i volti sono tanti.
Ci sono i ragazzini da curva che fermano le auto. E ci sono gli adulti che si lamentano. Dicono che quelli di piazza Derna, dove ieri il presidio permanente è stato tolto, si sono divertiti a lanciare i sassi e menar le mani con chiunque protestasse.
“Così non è possibile — dice Danilo — la gente normale appena vede i sassi scappa”. Addirittura si dice che ci siano stati ragazzotti pagati 50 euro per fare azioni violente. Sono le voci della piazza.
Una piazza Vittorio dove, verso le cinque del pomeriggio, iniziano a farsi vedere volti conosciuti dei centri sociali. Ci sono quelli di Askatasuna e del Gabrio.
“Siamo qua — dicono — per controllare la piazza e non lasciarla in mano alla destra”.
E mentre ci parlano, qualche chilometro più in là alle Officine corsare oltre cento persone si stanno riunendo per capire e decidere cosa fare.
Da lì a poco alcuni di loro andranno nel comune di Nichelino dove da giorni i Forconi montano un presidio permanente tenendo in scacco il Municipio. “Noi faremo un contro-presidio a favore delle istituzioni”.
Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha telefonato al sindaco Pino Catizone, asserragliato in Comune, assicurandogli l’invio di rinforzi.
Poi, arriva il via libera: tutti in piazza Castello. Davanti alla Regione si contano in cinquecento. La tensione si alza velocemente.
Un ragazzo di origini maghrebine sventola una bandiera italiana a due passi dai poliziotti. In quel momento gli agenti indossano il casco. Partono i fischi. “Levatevelo, non siamo violenti”, urla la folla.
Ma l’onda dei manifestanti si avvicina pericolosamente. Da dietro parte una bottiglia di birra e poi un’altra ancora. La polizia non si muove, non reagisce.
Intervengono alcuni organizzatori della protesta. La gente si allontana. Si va sotto al palco. Chi vuole può parlare. Michele, poco più che ventenne: “Noi non ci fermiamo, andremo avanti a oltranza”.
Da Torino a Roma.
Cosimo Caridi e Davide Milosa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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