DAL CAIMANO ALLE CAYMAN: DI MALE IN PEGGIO
BERSANI & CO. CONTRO I FINANZIERI DEL SINDACO, DIMENTICANO LE LORO BANCHE
Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi se le danno di santa ragione.
Con cattiveria, per farsi male.
Sull’argomento più doloroso della storia recente della sinistra: i rapporti opachi e forse inconfessabili con il potere finanziario.
Gode il terzo sfidante delle primarie, Nichi Vendola, che suggella la giornata con parole beffarde: “E io mi accomodo tra il pubblico ad ascoltare i vostri problemi con i banchieri e con la finanza…”.
I vostri problemi.
Stavolta, com’è d’uso constatare nelle risse da bar, ha cominciato Bersani.
La palla se l’è fatta alzare dall’Unità . Il giornale del Pd ieri ha dedicato a Renzi un titolo di apertura cattivissimo: “Le primarie in paradiso (fiscale)”.
Il riferimento è a Davide Serra, giovane finanziere che ha organizzato mercoledì sera, a Milano, la cena in piedi tra i banchieri e Renzi, con tanto di raccolta di fondi (circa 150 mila euro di cui il sindaco di Firenze promette a breve rendiconto dettagliato sul suo sito).
Il fondo Algebris, con il quale Serra gestisce circa un miliardo di euro, avrebbe la sua sede alle isole Cayman, un paradiso fiscale.
Notizia seccamente smentita ieri sera dallo stesso Serra. E però Renzi balbetta, fa dire al suo staff “non lo sapevamo”, si dimentica di controllare su Google che le isole Cayman sono un possedimento britannico sostanzialmente integrato nell’Unione europea, paradiso fiscale come il nobile, europeissimo Lussemburgo.
Bersani decide allora di insistere e va giù duro: “Credo che qualcuno che ha base alle Cayman non potrebbe permettersi di parlare e di darci consigli”, dice.
E alla provocazione di un giornalista (“Li definirebbe banditi?”), non si fa pregare: “Banditi fra virgolette, è una finanza che non risponde a criteri di trasparenza e che ha avuto in tutti questi anni un po’ troppa mano libera”.
Per poi aggiungere: “Non lo dico per Renzi ma in generale: l’Italia non si compra a pezzi”.
Una volta le notizie viaggiavano abbastanza lentamente da dare il tempo di pensare.
Adesso è proprio come al bar, anche perchè c’è Twitter.
Passano pochi minuti dalla prima notizia d’agenzia del fendente bersaniano, e Renzi digita furioso sul palmare: “Caro Bersani, su banche finanza e trasparenza accetti un confronto pubblico? Non importa andare alle Cayman: ok una casa del popolo. Ti va?”.
A Bersani gli va, ma continua a menare: “Meglio la casa del popolo delle Cayman”.
Poi scivola un po’ sul burocratico: “Non ho alcuna difficoltà a discutere su tutto. Ma non ci siamo solo io e lui e faremo i confronti secondo le regole che saranno stabilite dai garanti”.
Già , c’è anche Vendola, che però si affretta a chiamarsi fuori dalla rissa sull’etica dei rapporti con i poteri forti, anche se non rinuncia ad assumere il tono del saggio per dare anche lui un calcetto a Renzi: “Trovo incredibile attivare una polemica sulla trasparenza con il segretario del proprio partito e buttarla in caciara”.
Renzi a sua volta alza il tono dello scontro, e rinfaccia a Bersani il disastro della banca rossa per eccellenza, il Monte dei Paschi di Siena, guidato da un grand’elettore delle primarie Pd come Alessandro Profumo, che ha preso il posto di un altro banchiere di stretta osservanza dalemiana, Giuseppe Mussari: “Basta guardare a qualche istituto della mia regione per capire che una certa politica ha combinato soprattutto guai”.
Ma le allusioni del sindaco di Firenze sono a largo spettro: partono dalla scalata a Telecom Italia, con Palazzo Chigi guidato da D’Alema e descritto dal giurista di sinistra Guido Rossi come “l’unica merchant bank dove non si parla inglese”, alla fallita scalata alla Bnl da parte dell’Unipol di Gianni Consorte, che si faceva consigliare al telefono da D’Alema e incassava gli entusiasmo di Piero Fassino (“Abbiamo una banca!”).
È quel passato di corte serrata ai banchieri di ogni specie, di D’Alema che chiede udienza a Enrico Cuccia, e dei big di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli e Corrado Passera, in fila al gazebo per votare alle primarie del centrosinistra.
In attesa che decida di tirare fuori il caso Penati, Renzi per ora rinfaccia a Bersani cose del passato.
Esponendosi a farsi tirare addosso il presente.
I banchieri e i finanzieri che lo hanno omaggato a Milano non sembrano proprio la crema di un’Italia che si rinnova.
Giorgio Meletti
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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