DAL TEATRINO PASTICCIATO SULLA MANOVRA EMERGE CON FORZA LA SPACCATURA INTERNA AL CARROCCIO TRA GIORGETTI “MANI DI FORBICE” E SALVINI SEMPRE PIU’ IN MODALITÀ GUASTATORE
SORGI: “DA TEMPO NON ACCADEVA CHE UN PARTITO DELLA MAGGIORANZA DIVENTASSE INCONTROLLABILE IN PARLAMENTO, COSTRINGENDO LA PREMIER A PRECIPITARSI DA BRUXELLES PER CONVOCARE UN VERTICE DI COALIZIONE, E IL GOVERNO IN SOSTANZA A FARE MARCIA INDIETRO SUI PROVVEDIMENTI ADOTTATI”
No, davvero non si capisce cosa abbia da festeggiare la Lega al Senato, il “ritorno al
celodurismo”, l’aver costretto il governo a un braccio di ferro sulle nuove norme sull’età pensionabile che dovrebbero scattare tra sei anni (e intanto però dovrebbero garantire la costanza di un percorso di risanamento).
Eppure anche questo s’è dovuto vedere a Palazzo Madama: il capogruppo Romeo che minacciava il ministro leghista dell’Economia Giorgetti, avvertendolo che avrebbe fatto uscire dall’aula della commissione i parlamentari del Carroccio, facendo mancare la maggioranza, quando appunto la legge di stabilità ha le ore contate per essere approvata prima della pausa di fine anno ed evitare il ricorso all’esercizio provvisorio.
Ma da tempo non accadeva che un partito della maggioranza diventasse incontrollabile in Parlamento, costringendo la premier Meloni a precipitarsi da Bruxelles per convocare un vertice di coalizione, e il governo in sostanza a fare marcia indietro sui provvedimenti adottati.
E sarà pure vero che il Parlamento esiste per questo e Meloni e Giorgetti non potessero aspettarsi che senatori convocati all’ultimo momento (questo sì, come tutti gli anni), si rassegnassero a fare i passacarte, alzando la mano in segno di condivisione tutte le volte che l’esecutivo lo chiedeva.
Una rivolta in piena regola dei senatori, che non può essere attribuita al senso di frustrazione di parlamentari in attesa da mesi di poter esercitare il proprio ruolo. Piuttosto, lo si è capito benissimo dalla serie di dichiarazioni snocciolate da Salvini già a margine del vertice europeo, una precisa svolta impressa dal vicepresidente del consiglio, oltre che leader del Carroccio, alla politica del suo partito nei confronti del governo.
C’è chi dice che potrebbe trattarsi del primo assaggio; e il secondo sarebbe in arrivo con la discussione sul decreto per gli aiuti all’Ucraina, in cui la Lega vorrebbe che fosse scritto a chiare lettere che non si tratterà solo di armi, ma anzi sempre meno di armi. Perché, dice Salvini, occorre prendere atto che lo scenario della guerra in Ucraina sta cambiando. In cosa, per ora, se ne accorge solo lui.
Marcello Sorgi
per “La Stampa”
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