DEVIARE IL BISAGNO: E’ STATO FATTO A VALENCIA PER IL FIUME TURIA CREANDO UN BELLISSIMO PARCO
LO AVEVA ILLUSTRATO AL NOSTRO DIRETTORE L’ALLORA CANDIDATA SINDACO SUSY DE MARTINI NEL SUO PROGRAMMA
Era il 29 aprile 2012, campagna elettorale per le comunali a Genova.
A fronte delle ripetute alluvioni che avevano messo in ginocchio la città , la candidata sindaco Susy De Martini, in una intervista rilasciata al nostro direttore, lanciava una proposta concreta e fattibile: “il torrente Bisagno va deviato, così come è stato fatto a Valencia per il Turia. Tutti gli interventi effettuati fino a oggi a Genova sono stati inutili per la città e utili solamente a spendere milioni di denaro pubblico. La vera sicurezza per la città passa per una soluzione definitiva di questo epocale problema. La deviazione del Bisagno è la soluzione che propongo. A Valencia è stato deviato, dopo l’ennesima alluvione , il fiume Turia, un corso d’acqua cinque volte più capiente del Bisagno. La stessa cosa si può fare a Genova, costruendo due gallerie sotterranee di circa 6 metri di diametro (lo scolmatore del Fereggiano è una galleria di 3 metri di diametro) e trasformare la Val Bisagno in un’isola felice, con parchi, spazi urbani e di servizi.
Tesi rilanciata al nostro direttore poche ore fa da New York, dove è in missione Ue,
Il protagonista di questa storia è il Turia, il fiume che bagna – o meglio, bagnava – Valencia, la terza città iberica per numero di abitanti.
Questa storia parte da lontano, in particolare dal 14 ottobre 1957, data nota in Spagna come la gran riada de Valencia.
Dopo giorni di piogge battenti in tutta la Comunidad Valenciana, diverse ondate di piena del Turia raggiungono a gran velocità e a distanza di poche ore l’una dall’altra il centro città , provocando decine di morti, distruzione e accumulando per le vie tonnellate di detriti. Il livello dell’acqua in alcuni quartieri supera i 5 metri di altezza, trascinando con sè tutto quello che incontra, compresi ponti e argini.
Saltano i collegamenti, l’energia elettrica e l’acqua potabile mancano per giorni e gli stessi soccorsi faticano a raggiungere le zone più colpite.
L’economia cittadina (commercio, trasporti, industria, servizi, agricoltura) in poche ore viene messa in ginocchio e la città conosce una crisi senza precedenti.
Il conto finale dei danni ammonterà a circa 4 miliardi di pesetas.
Non era la prima volta che Valencia subiva inondazioni e allagamenti, ma un’alluvione di simili proporzioni è la molla che fa scattare la decisione del Governo: il corso del fiume deve essere deviato, messo in sicurezza e portato lontano dalle zone più abitate.
Nasce il cosiddetto “Plan Sur”, la “soluzione Sud”: l’idea è di spostare gli ultimi chilometri del letto del Turia a sud di Valencia, al di fuori dei confini cittadini.
Ma il progetto si trasforma subito in un piano molto più ambizioso, anche per volere del generale Francisco Franco: approvato nel 1961, va ben oltre la regolazione idraulica del fiume fino a comprendere la pianificazione di una nuova viabilità , trasporti e sviluppo urbano.
Si fa strada in particolare una soluzione che consentirebbe di collegare – grazie a una striscia di asfalto da costruire proprio sul vecchio letto del fiume – il centro città con l’autostrada per Castilla (direttrice est-ovest) e con quella del Mediterraneo (direttrice nord-sud).
Nel 1966 le autorità ufficializzano e rendono pubblica l’idea di costruire un’autopista, un’autostrada urbana al posto del letto del fiume.
Larga 28 metri e dotata in alcuni punti anche di 8 corsie, nelle intenzioni del Governo la “bretella” sarebbe stata il tratto finale della grande arteria di collegamento tra Madrid e il Mediterraneo.
E oggi? La trasformazione dell’antico alveo del Turia ha portato negli anni a una progressiva riqualificazione dei quartieri prospicienti il fiume, a iniziare dal barrio El Carmèn che rappresenta un po’ il cuore pulsante della vita della città .
Si è così innestato nel tessuto urbano uno spazio inedito di socialità e condivisione, che ha modificato l’immagine stessa di Valencia.
Negli ultimi trent’anni, nel Jardì sono sorte una serie di strutture, spazi e iniziative dedicate all’arte, alla scienza e alla cultura: dal Palau de la Musica al Puente 9 del Octubre dell’architetto Santiago Calatrava, fino al Gulliver (uno spazio ludico per bambini) e alla Ciutat de les Arts i les Ciences, che comprende un ricco giardino botanico e il grande acquario.
E non mancano certo le occasioni per fare sport.
Tutti i giorni i valenciani utilizzano il parco – 110 ettari di verde attrezzato, pulito e ben curato – per muoversi, andare in bicicletta, rilassarsi, passeggiare o stare semplicemente all’aria aperta.
Campi da tennis e da calcio si alternano ad aree adibite alla ginnastica e ai “percorsi vita”. E poi laghetti artificiali, piste per pattinare e corsie ciclabili.
Numerosi circoli sportivi e ricreativi di quartiere ne hanno fatto la propria sede, mentre altri spazi sono stati trasformati in orti urbani per chi voglia coltivare prodotti a filiera cortissima. Insomma: l’acqua non c’è più, ma anche così il fiume continua a portare sempre nuova linfa alla città .
(contributo al testo di Stefano Menna)
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