DIETRO IL PATTO TRA RENZI E BERLUSCONI L’AFFARE DELLA FUSIONE TELECOM-MEDIASET
VERDINI LAVORA A UN RITOCCO DELLA LEGGE GASPARRI PER PERMETTERE L’AFFARE ALL’EX CAVALIERE
Questioni di ditte. E se nella «ditta» del Pd c’è chi si agita, se Bersani arriva a dire che «non possiamo lasciare l’ultima parola a Verdini», non è per la legge elettorale.
No, è perchè l’altra «ditta», quella di Berlusconi, «ha in testa di vedere cosa succede su Telecom», che il Cavaliere vorrebbe dare in sposa al Biscione.
Ma il matrimonio sarebbe impossibile da realizzare senza «un ritocchino» alla legge Gasparri, per superare l’ostacolo – oggi insormontabile – delle posizioni dominanti. Insomma, per il suo sogno l’ex premier ha bisogno del premier. E si capisce quindi come la partita politica sia intrecciata anche alle partite di calcio, al derby tra Sky e Mediaset che si contendono lo scudetto dell’etere.
Il campionato di Palazzo è questo, e il rischio per tutti gli altri è di venire relegati sugli spalti, tifosi e spettatori di uno schema che non è nuovo, che Dc e Pci praticavano d’intesa pur restando avversari.
Il neo-consociativismo ha in Verdini il suo teorico, una sorta di «Trap» che consiglia e supporta senza distinzioni il vecchio Silvio e il giovane Matteo, capitani delle due diverse squadre.
Ed è così calato nella parte che persino alla corte del Cavaliere hanno perso la pazienza, e in Forza Italia hanno preso a chiamarlo «la tessera numero due del Pd».
D’altronde, sono ormai talmente intrecciati i rapporti tra Renzi e Berlusconi da essersi radicati nell’immaginario collettivo. E i protagonisti quasi non ci fanno più caso, se è vero che Lotti – braccio destro del premier a palazzo Chigi – ride quando il ministro Lupi lo chiama al telefono: «Caro il mio Denis Luca, come stai…».
In principio furono le riforme, e solo quelle, a produrre il «patto del Nazareno » nell’interesse del Paese.
Ma visto che gli interessi del Paese sono anche altri, ieri – davanti alle telecamere di Agorà – il forzista Abrignani, di stretto rito verdiniano, ha spiegato che «noi collaboreremo anche sull’economia». Di questo passo gli azzurri si potrebbero trovare nel salone del Consiglio dei ministri, se non fosse che c’è un limite a tutto.
«Entrare nel governo non esiste», ha detto Verdini durante una riunione del suo partito, prima di spiegarne le motivazioni: «Non è utile a Renzi».
Ed è lì che gli hanno affibbiato sottovoce la tessera del Pd. Ingiustamente, a suo giudizio, «perchè qualcuno mi dovrebbe far capire come dovremmo andare oggi al voto, se non abbiamo nè una coalizione nè un candidato».
Vero, ma più va avanti la tattica dell’ «opposizione responsabile» più l’opposizione rischia di diluirsi, di assumere un ruolo ancillare.
Berlusconi appare e scompare dalla scena a seconda se si avvicina o si allontana un incontro con il leader democrat, e quel «patto» viene vissuto da un pezzo consistente di Forza Italia come un blocco al processo di ristrutturazione del centrodestra, come il mantenimento dello status quo, come un modo per garantire la centralità del solo Berlusconi nella sua fase declinante.
Di qui l’interrogativo: a cosa serve garantire Renzi?
La domanda se la sono posta anche nel Pd, e Bersani (ma non solo lui) andreottianamente pensa che tra le questioni di interesse nazionale si possa nascondere qualche interesse personale: la partita di Telecom, la necessità di Berlusconi di ottenere quel «ritocchino» dal governo per costruire un colosso tutto italiano e magari tutto suo.
E mentre si immaginano i tricolore sulle antenne, il «Trap» del neo-consociativismo da un lato continua a scrivere report di analisi politica per il capo forzista, dall’altro inzeppa quotidianamente i sms il cellulare del leader democrat.
Poi, non c’è dubbio che negli staff dei due partiti si discuta su come portare avanti il dialogo, tema che ha impegnato prima dell’estate i dirigenti del Pd. “Bisognerà avere molta fantasia nel gestire il rapporto con Forza Italia», ha argomentato in quell’occasione il vice segretario Guerini.
La legge elettorale, per esempio, che si faticherà a discutere in parlamento entro Natale per via di un calendario zeppo di provvedimenti del governo da varare.
Chissà se il tempo servirà solo a valutare le modifiche all’Italicum, visto che tra i forzisti più autorevoli c’è chi si chiede se quella legge non sia superata dagli eventi, e – dato il clima da larghe intese permanente – non serva piuttosto ripiegare su un sistema proporzionale.
A Bersani l’idea di una fusione di Telecom-Mediaset basta avanza, le «ditte» politiche vorrebbe tenerle separate: «Non è che a forza di innovare, torniamo a dove eravamo venti anni fa?».
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera”)
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