ECCO COSA SI RISCHIA A VIOLARE I VINCOLI IN EUROPA
I QUESITI DA PORSI
I soldi ci sono o non ci sono? E l’Europa lascerà fare a Matteo Renzi quello che vuole, cioè dare 80 euro in più in busta paga a chi ne guadagna meno di 1500 al mese?
I due temi sono legati, come è già chiaro dalle prime reazioni alla conferenza stampa programmatica del premier di mercoledì
1. La Banca centrale europea nel suo bollettino mensile scrive che l’Italia non ha fatto “progressi tangibili” per rispettare le richieste della Commissione europea di ridurre il debito. Significa che Mario Draghi ha già bocciato il piano Renzi?
No, le due cose non sono connesse. A novembre 2013 la Commissione ha chiesto al governo Letta di tagliare il debito strutturale dello 0,5 per cento del Pil (4-5 miliardi) già nel 2014 per essere in regola con la cosiddetta “regola del debito”, cioè un ritmo di riduzione del debito pubblico che ci permetta di rispettare i vincoli di bilancio del trattato Fiscal Compact. Letta aveva risposto che i tagli sarebbero arrivati dalla spending review, che ancora si aspetta. Il Bollettino di Francoforte, peraltro, è stato chiuso il 2 marzo
2. Renzi ha intenzione di rispettare questa richiesta di correzione dei conti?
No. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha già spiegato che non è nel programma del governo fare interventi correttivi. La scommessa è che le misure di stimolo alla crescita faranno crescere il Pil a sufficienza da non rendere necessari i tagli aggiuntivi (il rapporto migliora sia se scende il debito sia se cresce il Pil)
3. Che succede se la scommessa di Renzi si rivela sbagliata?
Se a breve non ci sarà stata la correzione e la crescita si rivelerà inferiore a quella sperata, l’Italia rischia già da giugno una procedura di infrazione per squilibri macroeconomici eccessivi, che può comportare multe pesanti
4. Il commissario europeo Olli Rehn ha detto di apprezzare il taglio delle tasse sul lavoro finanziato dalla spending review ma ha anche richiamato l’Italia a “rispettare gli impegni del patto di Stabilità ”, in particolare “il bilancio in pareggio in termini strutturali e la nuova regola del debito”. È un via libera?
Sì, ma cauto. La Commissione ricorda la necessità di ridurre il debito di 4-5 miliardi e di non sfondare il tetto del 3 per cento tra deficit e Pil. Renzi ha detto che vuole pagare parte del taglio al cuneo fiscale facendo deficit (cioè, di fatto, rinunciando a cercare copertura). Il deficit 2014 può salire da 2,6 a 3 per cento. Il premier spera però di non dover usare tutto quel cuscinetto da 0,4 per cento. Anche questa scelta, ha ricordato Padoan, deve essere discussa con Bruxelles e approvata dal Parlamento
5. Quali sono i pericoli di questa linea nei prossimi mesi?
Arrivando così vicino al limite del 3 per cento, Renzi si preclude ogni flessibilità del bilancio pubblico per l’intero 2014. Qualunque misura di spesa – ad esempio i soldi che mancano sulla Cig – dovrà essere coperta da tagli corrispondenti o aumenti di tasse dal gettito immediato (tipo alzare le accise sulla benzina). Una strada molto stretta che, se imboccata, prelude a sorprese d’autunno: dopo le elezioni europee, il premier potrebbe trovarsi costretto ad ammettere di essere già sopra il 3 per cento, a causa di coperture incerte, di una crescita sotto le attese o spese impreviste. A quel punto la Commissione lo solleciterebbe a fare una manovra correttiva oppure partirà l’iter della procedura d’infrazione (l’Italia ne è uscita nel 2013, dopo quattro anni).
6. Anche Spagna e Francia hanno sfondato il deficit e sono sotto procedura d’infrazione, perchè non possiamo farlo anche noi?
È un’opzione: in questi anni sia il governo Monti che quello di Enrico Letta hanno privilegiato un altro approccio, fare di tutto per rispettare i vincoli su debito e deficit in modo da trattare poi con Bruxelles forti dei risultati raggiunti.
Spagna e Francia invece hanno preso tempo per diluire i dolorosi aggiustamenti dei conti pubblici. Letta e Monti erano convinti che per l’Italia fosse troppo pericoloso seguire quella linea perchè il debito pubblico (134 per cento del Pil) rende il Paese troppo esposto ai cambi di umore dei mercati, che possono determinare improvvisi aumenti dei tassi di interesse,. Inoltre chi è “sotto procedura” ha vincoli molto più stringenti nell’esame preventivo della legge di Stabilità da parte di Bruxelles, obbligatorio dal 2013.
7. Ma ci sono coperture vere nelle promesse di Renzi?
Il taglio dell’Irap alle aziende vale 2,4 miliardi all’anno ed è coperto – forse non del tutto dal 20 al 26 per cento del prelievo sulle rendite finanziarie (titoli di Stato esclusi).
Le entrate incerte sono: 3 miliardi nel 2014 (5 nel 2015 e 2016) dal rientro dei capitali dall’estero, 1,6 miliardi di gettito Iva dal pagamento dei debiti arretrati della pubblica amministrazione (prima bisogna pagarli e per ora c’è solo un disegno di legge) e i risparmi della spending review.
Il commissario Cottarelli ha parlato di 3 miliardi di risparmi sul 2014, perchè i tagli inciderebbero sulla seconda metà dell’anno. Renzi parla di 7 miliardi, come se invece potessero essere retroattivi.
Ci sono quindi 4 miliardi molto incerti e anche per i 3 sicuri bisogna comunque fare un provvedimento di legge che ancora non è alle viste.
Far salire il deficit o spendere circa 3 miliardi dovuti ai risparmi sul costo stimato del debito (spread) equivale a spendere senza coperture.
Al netto dell’Europa, insomma, è la parte facile.
Stefano Feltri
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