FELTRI E IL GIOCO DELLE PARTI: ORA ACCUSA FINI DI AVER FATTO SPARIRE GLI IMMOBILI
TUTTI I PARTITI CHE SI SONO SCIOLTI HANNO FATTO CONFLUIRE LE LORO PROPRIETA’ IN FONDAZIONI…. FORZA ITALIA AVEVA SOLO SEDI IN AFFITTO E LE CAMPAGNE ELETTORALI ERANO FINANZIATE CON FIDEIUSSIONI PERSONALI DEL PREMIER… NON TUTTI I PARTITI SONO PROPRIETA’ DI “UN UOMO SOLO AL COMANDO”…E FINI ORA PREPARA IL NUOVO CORSO
Un paio di giorni dedicati a far perdere voti alla Polverini e al Pdl in Lazio, ed ecco che “il Giornale” ritorna alla madre di tutte le battaglie, mettendo nuovamente nell’obiettivo del killeraggio il presidente della Camera, Gianfranco Fini.
“Fini come Di Pietro”, titolava la prima pagina del giornale diretto da Vittorio Feltri, accusando l’ex leader di An di aver fatto “sparire” gli immobili del partito, “trasferiti a società parallele, proprio come hanno fatto i Ds e l’ex pm”, affidandone le gestione ai fedelissimi.
In verità l’argomento è vecchiotto come Feltri, ne avevamo già trattato mesi fa con abbondanza di dettagli.
In pratica, sia al momento della fusione tra Ds e Margherita nel neonato Pd, che in quella tra Forza Italia ed An nel Pdl, i singoli partiti, per tutelarsi in prospettiva che l’accordo potesse saltare tra qualche tempo, hanno tenuto distinti i beni immobili.
Ciascun partito ha creato una fondazione ad hoc che gestisce il patrimonio immobiliare in proprio, evitando che confluisca in un calderone comune. Alleanza nazionale aveva ereditato a sua volta molti immobili dal Msi, in quanto la politica amministrativa del Msi privilegiava l’acquisto delle sedi piuttosto che l’affitto (pochi erano disposti ad affittare i locali al partito in tempi in cui le sedi saltavano per aria a causa di attentati).
Nel caso che la componente di An uscisse dal Pdl (come auspicato da Feltri) potrebbe contare su centinaia di sedi territoriali che permetterebbero una immediata ripresa dell’attività politica.
Quindi nessuno ha imboscato nulla (se Feltri avesse avuto prove in tal senso, avrebbe potuto rivolgersi alla magistratura, faceva prima).
E’ la stessa operazione che hanno fatto altri partiti, con la eccezione di Forza Italia che di sedi non ne aveva, se non in affitto.
Essendo stato costituito non da militanti politici, ma da dipendenti di Publitalia, si è fatto ricorso a locali in affitto e le prime campagne elettorali sono state pagate con prestiti bancari garantiti da fideiussioni personali di Berlusconi e di società di sua proprietà .
I beni di An peraltro vengono gestiti da dirigenti ex di An (attualmente nel Pdl), non da stallieri di corte raccomandati da Dell’Utri o amichette di Gianfranco che si fanno le foto nei bagni della Presidenza del Consiglio, tanto per capirci.
A seguito dell’articolo, tutto il Pdl è apparentemente insorto a difesa di Fini, lamentando la volgare polemica scatenata dal quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi.
Il solito gioco delle parti: Giordano è stato mandato via perchè non si prestava ad attacchi personali agli avversari, Berlusconi ha “convinto Feltri” a subentrargli, con i buoni uffici della Santanchè, per rendere il giornale più aggressivo.
E ora il premier si limita ogni volta a dire di non essere a conoscenza degli articoli che Feltri scrive, talvolta non li approva, altre volte tace, ma mai lo licenzia.
Qualcuno crede ancora alla favola che dietro a Feltri ci sia solo Feltri?
La tattica di demolire gli avversari con attacchi personali (salvo poi chiedere scusa come nel caso di Boffo, per evitare milionate di danni), ora viene rivolta al’interno del Pdl, con l’obiettivo di demolire l’altro co-fondatore, ovvero Fini.
Il quale non è entrato in un partito per fare l’autista che porta le veline a palazzo Grazioli coi vetri oscurati o per cantare in coro “meno male che Silvio c’è”, ma probabilmente (sbagliando, a nostro avviso) per portare un contributo di idee nel Pdl.
Un reato grave per molti, appiattiti su una gestione del partito dove uno decide per tutti, senza dibattito interno e confronto.
Poi che Fini abbia i suoi scopi ci sta, ma almeno per ora parla di politica ed esprime idee.
Qualcosa di più di chi pensa solo a non presentarsi o a evitare processi personali.
Ora Fini intende giocare su due tavoli, per riaffermare la sua leadership sulla componente ex-An.
Il primo è il partito, in cui intende riaffermare la presenza dei suoi, visto che La Russa e Gasparri non lo rappresentano più, proni ai diktat del premier.
Il secondo è il governo, in cui Berlusconi intende sistemare come sottosegretaria al welfare, con delega all’immigrazione, la Santanchè, lontana anni luce dalla visione del presidente della Camera sul tema indicato.
Se Fini oggi può contare ad occhi chiusi su almeno 40 deputati e 15 senatori, riaffermando la sua guida, sa benissimo che i “fedelissimi” sono solo destinati a salire nel breve.
A qualcuno forse farebbe comodo che la Polverini (insieme a Scopelliti in Calabria, candidati vicino a Fini) perdesse nel Lazio, per ridimensionare la componente di An.
Sono gli stessi, guarda caso, che hanno regalato Veneto e Piemonte alla Lega, un partito che neanche in Veneto ha mai sorpassato il Pdl e che in Piemonte arranca sotto il 10%.
Questa è una brillante operazione di svendita, mentre boicottare i candidati finiani un misero e patetico tentativo di imporre il “pensiero unico” da parte di chi ha come “unico pensiero” quello di mantenere le chiappe sulla propria ben remunerata poltrona.
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