“FICHIANI” CONTRO “LUIGINI”, IL VOTO SARA’ ANCHE LA RESA DEI CONTI TRA LE CORRENTI DEL M5S
FICO E DI MAIO SI PUNZECCHIANO DA GIORNI A DISTANZA… IN BALLO LA LEADERSHIP DEL MOVIMENTO
Anche il M5S ha le sue correnti, i «fichiani» e i «luigini».
I primi fanno riferimento a Roberto Fico, presidente della Vigilanza Rai e braccio destro di Beppe Grillo.
Gli altri, invece, sono al seguito di «Luigino» Di Maio, giovanissimo vice presidente della Camera, già promesso leader da Gianroberto Casaleggio.
La prima resa dei conti si consumerà dopo le amministrative quando Grillo e i suoi faranno un bilancio su questa tornata elettorale che vede al voto capoluoghi, come Roma, Torino, Milano Bologna e Napoli.
Da giorni, però, Fico e Di Maio si punzecchiano a colpi di interviste lasciando intendere che presto, molto presto, i due si contenderanno la leadership del movimento.
Il primo, Fico, con l’Huffington Post striglia il secondo, Di Maio.
Il presidente della commissione vigilanza Rai ha estratto il cartellino giallo nei confronti del vice presidente della Camera: «L’intervista sul sesso, rilasciata a Vanity Fair, non l’avrei fatta».
E ancora: «L’unico candidato del M5s è il movimento stesso».
Botte da orbi, si direbbe. Con un riferimento chiaro se non si fosse compreso: un no secco alla leadership di Di Maio, reo di essersi espresso in questi termini: «Il sesso è fondamentale. Se non c’è sesso non c’è relazione. Il massimo è avere il sesso con l’amore».
Ma ieri su Repubblica Fico è tornato sulla questione leadership: «Se il movimento diventa una faccia, qualsiasi essa sia, ha fallito la sua rivoluzione culturale».
Di Maio, invece, da par sua, risponde da equilibrista dalle colonne di Micromega: «Saranno gli iscritti a decidere chi sarà il candidato premier per il M5s».
Salvo poi aggiungere: «Se la scelta dovesse cadere su di me non mi sottrarrò a questo impegno e questa dimostrazione di fiducia».
In questo contesto si muovono le rispettive truppe.
Truppe distinte e distanti, spiega chi conosce la galassia parlamentare del movimento. Dietro le quali si nasconde anche l’idea sul futuro dei 5stelle.
Ma chi sta con chi?
Con Fico, espressione dell’ortodossia del movimento, è schierata la vecchia guardia di senatori, come Paola Taverna e Nicola Morra, più una serie di seconde linee venete e piemontesi che rappresentano i cosiddetti «integralisti» a cinque stelle. A questi si aggiunge anche il deputato Angelo Tofalo, membro del Copasir, una voce che Roberto ascolta in ogni suo passo.
Fra i «fichiani» la convinzione è che si debba tornare alle origini, a essere «più movimento» e meno partito, provando a tornare nelle piazze come ai tempi del «Vaffaday».
Di parere avverso l’innercircle di Di Maio: «Non esiste: se vogliamo puntare a Palazzo Chigi dobbiamo seguire i consiglio di Luigi».
Il mediatore di Pomigliano d’Arco, figlio di una professoressa di latino e greco, si muove in punta di piedi ma con il passo del leader. Le sue truppe sono affollate.
«Sono rimasti soltanto posti in piedi», ironizza un deputato che chiede l’anonimato. Danilo Toninelli, esperto di riforme costituzionali, e Alfonso Bonafede rappresentano la cerchia stretta di «Luigino».
Per non parlare dell’altro membro del direttorio Carla Ruocco, del siciliano Giancarlo Cancelleri, già candidato con i cinquestelle come governatore dell’isola nel 2012, e dell’ex capogruppo a Palazzo Madama Vito Crimi.
Nell’ultimo periodo anche Alessandro Di Battista, altro super big dei 5stelle, si è avvicinato al vice presidente della Camera. Raccontano che i due avrebbero raggiunto un accordo che consisterebbe in un ruolo di governo per Di Battista qualora i pentastellati scalassero Palazzo Chigi.
Nel mezzo ci sono i «dialoganti», come la senatrice Elisa Bulgarelli o la deputata Giulia Sarti, che in Transatlantico osano ripetere: «Il movimento ha perso lo spirito iniziale».
Anche se sono già pronte a qualsiasi scenario. Con Roberto o con Luigino, si intende.
Sullo sfondo invece c’è chi come la piemontese Laura Castelli non adora Di Maio ma presto potrebbe salire di grado e diventare capogruppo a Montecitorio.
Una nomina che se confermata dovrà essere, però, vidimata da Di Maio.
Giuseppe Alberto Falci
(da “La Stampa“)
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