FORMAZIONE AL SERVIZIO DELLE IMPRESE: IL LICEO DELLA MELONI E’ MADE IN CONFINDUSTRIA
“NON PIU’ SOLO SANTI, POETI E NAVIGATORI”, MA ANCHE AGRICOLTORI
Non più solo “santi, poeti e navigatori”, ma anche agricoltori. L’orizzonte del governo Meloni per l’Italia è piuttosto rurale a giudicare dalla quantità di retorica, e ministri (ben sei) piovuti ieri sulla fiera Vinitaly, a Verona, con il compito di coccolare la filiera agroalimentare.
Che Giorgia Meloni abbia a cuore questo settore si era capito già dalla sua prima uscita pubblica, fresca vincitrice alle elezioni di settembre, quando andò all’assemblea di Coldiretti accolta come una santa. Ma è stato chiaro anche dalla nomina del cognato, il ministro Francesco Lollobrigida, a capo del ministero dell’Agricoltura, ormai Masaf: dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
Ma che liceo
Ieri la presidente del Consiglio ha voluto rinvigorire questo afflato insistendo sulla bontà e superiorità dell’Istituto tecnico agrario, inviando così un altro messaggio prediletto: “In un mondo in cui è stato detto che se avessi scelto il liceo avresti avuto un grande sbocco nella tua vita, e se invece avessi scelto un istituto tecnico avresti avuto opportunità minori – ha spiegato – dimentichiamo che in questi istituti, l’agrario ad esempio , c’è una capacità di sbocco nel mondo del lavoro più alto di quelli che danno altri percorsi di formazione. Per come la vedo io, questo è il liceo!”.
Con buona pace delle radici classiche della cultura italiana accantonate momentaneamente per far posto alla vanga. La cultura classica, del resto, da qualche decennio è sinonimo di perdita di tempo e parassitismo. E sembra quell’impostazione che faceva dire allo stesso Lollobrigida, domenica, e poi di nuovo ieri a Meloni, che chi percepisce il Reddito di cittadinanza grava sulle spalle degli altri invece di mettersi utilmente a lavorare nell’agricoltura. Una fissazione che il ministro-cognato ieri ha provato a rettificare, ma che non cambia la sostanza.
Da qui la proposta avanzata di nuovo ieri dalla presidente del Consiglio, di un “liceo del Made in Italy” per il lavoro agricolo, che dovrebbe valorizzare il settore: “C’è una storia, una letteratura, una filosofia del vino”. In questo vino studierai, potrebbe essere il motto d’ordinanza.
Ma al di là della retorica, l’espediente serve soprattutto a riproporre gli istituti tecnici come motore dell’attività formativa. Lo fa capire la ministra al Turismo, Daniela Santanchè, quando dice che è finita la pacchia dei licei, professata dalla “sinistra” ed è ora di mettere in primo piano la formazione tecnica. Al di là di un provincialismo retrogrado e di una visione sfuocata dei giovani italiani fortemente orientati a una visione globale, almeno a giudicare da quanti lasciano il Paese, l’insistenza del governo serve ad alzare la palla a un progetto che sta a cuore a Confindustria e che costituisce la vera “missione” del ministero guidato da Giuseppe Valditara: garantire il flusso diretto e ininterrotto tra scuola e azienda.
Si tratta di una delle maggiori continuità con il governo Draghi che nella riforma degli istituti tecnici, organizzata all’interno del Pnrr, puntava a orientare la formazione superiore alle discipline del piano “Industria 4.0”, “per connettersi al tessuto socioeconomico e valorizzare la didattica per competenze” e a realizzare “Patti educativi 4.0”, affinché “istituti, imprese, enti di formazione, Its Academy, università e centri di ricerca condividano risorse professionali, logistiche e strumentali”. E così via.
Studiare per l’impresa
Come sottolineava recentemente in un’intervista il vicepresidente di Confindustria, Giovanni Bugnoli, “occorre rilanciare gli istituti tecnici in chiave di maggiore digitalizzazione 4.0 e legame con il territorio. L’industria sta cambiando a una velocità impressionante e se gli studenti vogliono vedere un macchinario di ultima generazione lo possono vedere solo in un’azienda”.
Notando poi che negli Its Academy (gli istituti tecnologici superiori post-diploma, ndr) “il 60% della docenza proviene dal mondo del lavoro”, Bugnoli si chiedeva: “Perché non far entrare docenti provenienti dalle aziende anche negli istituti tecnici?”. Un bel pacchetto integrato, che ovviamente sfrutta il bisogno di avere prospettive lavorative certe per i giovani, ma che struttura un sistema formativo impresa-centrico, gettando a mare migliaia di studi e teorie sul valore formativo della cultura generale e sugli aspetti critici dell’istruzione.
Il Pnrr, del resto, stanzia oltre 30 miliardi per la “missione 4” dedicata a Istruzione e Ricerca e i temi finora evidenziati occupano una parte importante del piano: la riforma degli istituti tecnici, infatti, “mira ad allineare i curricula degli istituti tecnici e professionali alla domanda di competenze che proviene dal tessuto produttivo del Paese”. E così anche per gli Its che vanno inseriti “nel sistema ordinamentale dell’Istruzione terziaria professionalizzante, rafforzandone la presenza attiva nel tessuto imprenditoriale dei singoli territori”. Il Pnrr, a riprova della trasversalità di questa impostazione, cita come riferimento il “modello Emilia-Romagna” dove “collaborano scuole, università e imprese”.
Dietro “l’amor di Patria” e l’esaltazione del vino, dunque, si nasconde neanche poi tanto, un progetto di ridisegno del futuro del Paese che è fortemente in sintonia con il mondo dell’impresa e della filiera agroalimentare, non a caso Coldiretti ha salutato subito l’idea del liceo Made in Italy come proposta di “grande valenza per l’agroindustria”
Lavoro a perdere
A parte l’idea non certo avveniristica di immaginare il futuro italiano centrato sulla “vigna” e poi sulla ristorazione e il turismo, non va sottovalutato come questi siano i settori a più alta intensità di sfruttamento e precarietà. Secondo la Filcams-Cgil nel turismo è precario “il 41% dei lavoratori rispetto al 22% del totale dell’economia nazionale”; più del 55% dei lavoratori è a chiamata.
Risuona ancora la realtà di un servizio realizzato da Report nel settore della ristorazione, che mostrava irregolarità anche del 90%. Quanto all’agricoltura è il segretario della Flai-Cgil, Giovanni Mininni, che, intervistato dal fattoquotidiano.it, invita i giovani a fare attenzione perché il settore è stato regolamentato al ribasso dal governo: oltre al voucher reintrodotto nella legge di Stabilità, infatti, il governo ha inserito anche “il contratto di lavoro a tempo determinato occasionale” che può “impiegare cassintegrati, giovani, studenti, pensionati, anche i detenuti per un massimo di 45 giorni l’anno”. Giornate cumulate e con una busta paga che arriva “solo alla fine del rapporto di lavoro”: “Inutile dire quanto tutto ciò renda i lavoratori agricoli ancora più precari e ricattabili, possibilmente alla mercé di caporali e sfruttatori che grazie a uno strumento simile possono fare quello che vogliono”. Braccia consegnate all’agricoltura, quindi, ma senza garanzie.
(da Il Fatto Quotidfiano)
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