FORZA ITALIA, UN PARTITO IN TRAPPOLA
TRA DINASTY FAMILIARE E OSTILITA’ ALLE POLITICHE EUROPEE, ALEGGIA UNA CONFUSIONE PERICOLOSA
Silvio Berlusconi ha ormai pochi giorni per pronunciare qualche parola chiara sul destino del suo movimento.
Per far conoscere agli italiani – quelli ancora disposti a votarlo, e sono molti – se dopo il 10 aprile, giorno in cui si deciderà la sua sorte giudiziaria, esisterà ancora un centrodestra con un leader e una proposta politica per il Paese.
I segnali non sono positivi. La battaglia politica per il potere nel movimento si mescola alla dynasty familiare.
Non si conoscono le idee per affrontare la sfida con Renzi e il Pd nelle elezioni europee. C’è solo una manifesta ostilità alle politiche rigoriste di Bruxelles, sulla scia dei movimenti populisti: una confusione pericolosa per un partito che fa parte dei Popolari europei, quasi un tentativo di rivalsa nei confronti di un’Europa che ha contribuito all’estromissione di Berlusconi.
Tutto il resto è un conflitto che si concentra esclusivamente sui capilista delle elezioni di maggio.
Come se la posta in gioco fosse chi vincerà tra la fidanzata di Arcore e i discussi boss politici Denis Verdini e Raffaele Fitto.
L’errore di Berlusconi
C’è un grave errore politico all’origine della deriva in cui è precipitato uno schieramento che dovrebbe (e può) rappresentare il mondo liberale e conservatore.
Quello compiuto da Berlusconi quando non ha voluto o saputo distinguere i suoi problemi giudiziari dal destino politico del partito.
Quando ha deciso di rompere la maggioranza che sosteneva Enrico Letta, nei giorni del voto sulla decadenza da senatore prevista dalla legge Severino per i condannati in via definitiva.
Da quel momento il centrodestra non è esistito più, se non come aggregato di partiti nei sondaggi di opinione.
Il Popolo della Libertà è stato cancellato, il suo segretario Angelino Alfano, insieme a tutti i ministri, ha abbandonato il partito per fondare il Nuovo centrodestra.
E soprattutto la rinata Forza Italia non è decollata: il suo fondatore vive sempre più rinchiuso ad Arcore e Palazzo Grazioli circondato da poche figure che filtrano i suoi rapporti con il mondo.
Non si sa chi guida il partito, dove si prendono le decisioni (non certo in un super affollato ufficio di presidenza), quali sono i reali compiti dei neonati club Forza Silvio.
È tutto un agitarsi di capi e capetti che si ritagliano minuscole porzioni di potere in attesa del momento in cui Berlusconi sarà obbligato dalla magistratura all’inattività politica.
Un movimento trascinato ai servizi sociali
L’ex Cavaliere è rientrato in gioco solo per definire con Renzi il patto sulla legge elettorale. È come se avesse deciso di trascinare il suo movimento ai servizi sociali (o peggio agli arresti domiciliari come molti temono) con lui.
Proprio i guai giudiziari avrebbero dovuto suggerire a Berlusconi di aprire finalmente un confronto vero sul futuro del suo movimento, preparando tutti i passi per una nuova leadership e una rinnovata piattaforma programmatica che non sia la ripetizione degli slogan di venti anni fa.
Una leadership che il fondatore di Forza Italia può favorire ma che deve nascere da una battaglia e da una vera selezione, come è accaduto nel centrosinistra con primarie e rottamazione della vecchia classe dirigente.
I gradi di condottiero si conquistano sul campo, coinvolgendo tutti gli spezzoni dispersi del centrodestra.
Le investiture dinastiche e tantomeno il potere conquistato con il controllo delle candidature e degli apparati non portano da nessuna parte.
E non serviranno a rilanciare un progetto politico nè a garantire la presenza, necessaria, di un polo dei moderati competitivo in Italia.
Luciano Fontana
(da “il Corriere della Sera”)
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