GARANTI DEL CENTRODESTRA, GENITORE “1 E 2”, DECRETO ANTI-UBER E NO VAX: CI SONO ALMENO TRE CASI IN CUI LE DECISIONE DEL GARANTE DELLA PRIVACY HANNO OFFERTO ASSIST AL CENTRODESTRA
MA I PARERI FAVOREVOLI A LEGA E FDI SONO STATI POI SMONTATI DAI TRIBUNALI
Non solo Report. Ci sono almeno altri tre casi in cui le decisioni del Garante della
privacy hanno avuto prima pressioni, e poi offerto assist al centrodestra per alcuni provvedimenti ritenuti bandiera. Poi però messi in grande difficoltà dai tribunali amministrativi e ordinari.
Per trovare uno dei primi casi bisogna tornare al 2021. È appena entrato in carica il governo Draghi e all’Autorità si discute di un decreto sulla Carta di identità elettronica che prevede la dizione «genitore» invece di padre e madre. Era una vicenda complessa, con il governo Conte I, con Salvini ministro, che aveva provato a introdurre la dizione «padre» e «madre».
E il Conte II, con Lamorgese, che invece aveva ritenuto più opportuno la dizione «genitore». La vicenda era oggetto di dibattito grazie a un articolo di Repubblica di gennaio che ne aveva dato notizia e che aveva scatenato le ire di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. «Al governo si preoccupano di cancellare “padre” e “madre” dalla carta d’identità dei minori per sostituirli con genitore 1 e 2» dirà Salvini. «La priorità del governo è rimuovere “padre” e “madre” dai documenti d’identità dei minori» twitta Meloni.
I loro rappresentanti nell’Autorità, che deve esprimere il parere sul provvedimento Lamorgese, nel frattempo si muovono. E così sia l’uomo voluto da Fratelli d’Italia, Agostino Ghiglia, sia la vicepresidente in quota Lega, Ginevra Cerrina Feroni, cercano di intervenire.
E trovando anche la sponda del presidente Pasquale Stanzione riescono nell’intento, seppur parzialmente: nel parere il Garante
riesce a far apparire sulla carta di identità «la dizione più connotativa di padre e madre, non sostituendola con quella di genitore». Risultato: prima la Corte d’appello di Roma e, ad aprile di quest’anno, la Cassazione distruggono quel parere stabilendo che la dizione «padre e madre» sulla CIE sia discriminatoria per i minori.Dice la Suprema Corte che quel decreto viola il «diritto del minore di ottenere una carta d’identità rappresentativa della sua peculiare situazione familiare».
È stato strappato dai tribunali anche il decreto Salvini anti-Uber, norma che nelle intenzioni del ministro doveva servire per tutelare dagli Ncc la potentissima lobby dei tassisti. Decreto formulato anche grazie al parere positivo del Garante (…)
Il Garante accettò, di fatto, che il ministero centralizzasse i dati di tutti gli operatori, creando un archivio unico e un potenziale strumento di controllo rispetto anche ai passeggeri, visto che si sarebbe dovuto sapere chi andava dove. A gennaio del 2025 il Tar sospese il decreto. La scorsa settimana la Cassazione ha sancito che lo Stato aveva «imposto vincoli sproporzionati».
«Quando lessi il parere del Garante, pensai: anche il Garante è diventato no vax… Non sapevo che lo era sempre stato». Scherza il professor Pierluigi Lopalco, epidemiologo di fama mondiale, rispetto a uno dei provvedimenti più recenti del Garante: un ammonimento sulla legge sul Papilloma virus che la Puglia (dove Lopalco è consigliere regionale) aveva voluto.
Una norma che entrava nel merito della vaccinazione e dell’obbligo, e solo marginalmente su questioni di privacy. A
volerlo era stata sempre Cerrina Feroni, che esibisce, anche sui social, come fossero trofei, una sfilza di provvedimenti contro la cultura vaccinale in questi anni.
Guadagnandosi stima e riconoscenza da tutto il mondo no vax, a trazione leghista. Ma solo da loro: la Consulta è andata in direzione opposta a tutti i pareri del Garante in tema di green pass. Forse perché la politica era più importante della privacy.
(da agenzie)
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