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GLOBAL COMPACT, VERGOGNOSA FUGA DA MARRAKECH: ITALIA SOTTO ACCUSA SUI DIRITTI UMANI

LA SEDIA DEL GOVERNO RAZZISTA E’ RIMASTA VUOTA

La sedia italiana è rimasta vuota. Desolatamente vuota.
Fuga da Marrakech e da un impegno condiviso da 164 Paesi. Tra questi, non c’è l’Italia.
C’era la cancelliera tedesca Angela Merkel, e altri capi di Stato e di Governo che hanno detto sì all’adozione del Global Compact per un patto mondiale per la gestione “sicura, ordinata e regolare” dei flussi migratori.
Di quel patto l’Italia non fa parte. “Noi non dobbiamo soccombere alla paura o alle false narrative”, ha commentato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, denunciando le “numerose bugie” diffuse su questo accordo, che dovrà  essere ora ratificato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre.
Il patto punta a realizzare 23 obiettivi, partendo dalla raccolta dei dati come base per le politiche da implementare.
L’azione mira a contrastare i fattori negativi e strutturali che impediscono alle persone di costruire e mantenere mezzi di sostentamento nei paesi di origine. Il patto, inoltre, intende ridurre i rischi e le vulnerabilità  che gli individui affrontano nelle diverse fasi della migrazione.
Il Global compact è un “percorso per prevenire la sofferenza e il caos” a beneficio di tutti, ha rimarcato il numero uno del Palazzo di Vetro prima della votazione.
Guterres ha ricordato che oltre 60.000 migranti sono morti dal 2000 mentre cercavano di lasciare i loro Paesi, definendo questa catastrofe “una fonte di vergogna collettiva”. Il segretario generale dell’Onu ha quindi sottolineato che il Global compact non darà  alle Nazioni Unite la possibilità  di imporre politiche migratorie agli Stati membri e non è un trattato legalmente vincolante.
La maggior parte della migrazione non avviene dal sud al “nord globale” ma tra Stati nel sud, ha aggiunto spiegando che non è vero che gli stati industrializzati non hanno bisogno dei migranti.
Alla protezione e al rispetto dei diritti umani, quindi, deve essere abbinata l’assistenza rispettando, proteggendo e rispettando gli individui che abbandonano il proprio Paese e che hanno bisogno di assistenza nel loro percorso. L’intesa punta ad occuparsi anche delle legittime preoccupazioni degli Stati e delle comunità , riconoscendo che le società  stanno subendo cambiamenti demografici, economici, sociali e ambientali connessi a fenomeni migratori.
Il Global Compact for Migration si sforza di creare condizioni favorevoli che consentano a tutti i migranti di arricchire le società  attraverso le loro capacità  umane, economiche e sociali. Oggi, evidenziano le stime dell’Onu, ci sono oltre 258 milioni di migranti in tutto il mondo che vivono fuori dal loro Paese di nascita.
La cifra è destinata ad aumentare per l’aumento della popolazione e della connettività , l’ulteriore sviluppo del commercio, l’allargamento delle disuguaglianze, gli squilibri demografici e i cambiamenti climatici.
Nel settembre 2016 l’Assemblea Generale ha deciso, attraverso l’adozione della Dichiarazione di New York per i rifugiati e i migranti, di sviluppare un patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare.
L’iter per sviluppare il patto è cominciato ad aprile 2017. Il 13 luglio 2018 gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno finalizzato il testo del “Global Compact per la migrazione sicura, ordinata e regolare”.
Alla vigilia della conferenza di Marrakech la rappresentante speciale Onu per le migrazioni Louise Arbour ha risposto alle critiche, insistendo sul fatto che il documento non è legalmente vincolante.
§La tensione sul patto è salita anche in vari Paesi europei, minacciando la stabilità  del governo del Belgio e spingendo alle dimissioni il ministro degli Esteri slovacco. Il Belgio è tra i sette Paesi che Arbour ha descritto come “impegnati in ulteriori decisioni interne” sull’accordo, con Italia, Bulgaria, Estonia, Israele, Slovenia e Svizzera.
L’Italia che, con la sua assenza, sposa di fatto le ragioni che hanno spinto alla “diserzione” gli Stati Uniti. Gli Usa sono tornati anche venerdì ad attaccare il Global Compact, definendolo un “tentativo delle Nazioni Unite di far avanzare una governance globale a spese della sovranità  degli stati”. Dall’altra parte della barricata, sul fronte del “sì”, è in prima linea Angela Merkel.
La leader di Berlino ha definito il Global Compact una “pietra miliare” verso l’adozione di un approccio multilaterale al fenomeno migratorio. Per Merkel l’intesa rappresenta un grande passo nella lotta contro i trafficanti di esseri umani.
Le migrazioni, ha voluto sottolineare, sono un fenomeno normale e “quando sono legali sono anche una cosa positiva”, di cui Paesi quali la Germania possono trarre beneficio.
Per la cancelliera, la gestione di un fenomeno globale quale quello delle migrazioni non può essere affidata a Paesi singoli ma solo alla comunità  internazionale nel suo insieme.
“L’adozione del Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare di oggi è un traguardo storico per i bambini migranti e per gli Stati”, gli fa eco Laurence Chandy, direttore Dati, Ricerche e Politiche dell’Unicef. L’accordo è stato contestato dagli Stati Uniti, che non lo firmeranno. Stessa posizione di Australia, Repubblica Dominicana, Austria, Lettonia e dei quattro di Visegrad, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
L’assenza italiana è la conferma di quanto più volte rimarcato da HuffPost: l’esistenza di due inconciliabili linee di politica estera nel Governo gialloverde.
Ricostruire per credere: due mesi fa, durante i lavori dell’Assemblea generale dell’Onu a New York, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi aveva annunciato che “quello che faremo a Marrakech è di importanza fondamentale”, e che “l’Italia è soddisfatta dal processo negoziale in corso, la bozza finale rappresenta un compromesso molto buono”.
Anche l’ufficio stampa dell’Ouu, in un comunicato ripreso dall’Ansa , aveva scritto che il premier Conte durante un incontro col Guterres (27 settembre alle Nazioni Unite) aveva assicurato che l’Italia avrebbe sottoscritto il patto e aveva dato la sua parola sulla partecipazione dell’Italia alla Conferenza di Marrakech.
Circostanza ribadita ad HuffPost da autorevoli fonti al Palazzo di Vetro. Non basta. il 21 novembre, il titolare della Farnesina, era tornato a difendere il patto sostenendo che “non sarà  un atto giuridicamente vincolante” e che “nel documento ci sono princìpi di responsabilità  condivisa nella gestione degli oneri dell’immigrazione”.
Sulla stessa linea si era schierato anche il sottosegretario agli affari Esteri Manlio Di Stefano (Movimento 5 Stelle): “Siamo fiduciosi — aveva dichiarato – che il Global compact sarà  uno strumento utile per massimizzare l’impatto delle risorse disponibili nella gestione dei flussi migratori”.
Sei giorni dopo, il ministro dell’Interno e vice premier stoppa tutti e dichiara di essere contrario al Global Compact, perchè metterebbe sullo stesso piano “i migranti cosiddetti economici e i rifugiati politici che il documento implica un rischio di “immigrazione incontrollata”, mentre altri esponenti della Lega hanno sostenuto le posizioni del ministro affermando che il documento implica un rischio di “immigrazione incontrollata. Impossibile per gli stati limitare i flussi migratori.
E nello stesso giorno del dietrofront sul Global Compact, il titolare del Viminale rincara la dose, annunciando che l’impegno dell’esecutivo è quello di ”raddoppiare i centri d’espulsione”.
“Stiamo riattivando questi centri in varie Regioni e identificando nuove strutture per raddoppiarne il numero – ha spiegato il vicepremier leghista intervenendo al ‘Morning Show’ di Radio Globo – In 6 mesi abbiamo riavviato una macchina completamente bloccata. Entro l’inizio dell’anno vedremo i primi risultati per raddoppiare i posti disponibili nei centri d’espulsione”
Quella sedia vuota a Marrakech non è un fatto incidentale, contingente, nè può essere giustificato con la volontà  del Governo di investire del tema il Parlamento. Sotto accusa è il “sovranismo” made in Italy, un tratto distintivo, specie sul dossier migrazioni, del Governo gialloverde. Un Governo, quello guidato da Giuseppe Conte, insediatosi a giugno, che “si è subito distinto per una gestione repressiva del fenomeno migratorio”: l’attacco al governo è di Amnesty International, che nel suo ultimo rapporto – “La situazione dei diritti umani nel mondo. Il 2018 e le prospettive per il 2019”- non risparmia anche altre critiche al Governo italiano, in particolare su razzismo, vendita di armi e sgomberi forzati. Amnesty International Italia segnala inoltre il “massiccio ricorso” da parte di alcuni candidati e partiti politici a “stereotipi e linguaggio razzista e xenofobo per veicolare sentimenti populisti, identitari nel corso della campagna elettorale” di quest’anno.
Nel 2018 gli sgomberi forzati “sono continuati”, colpendo soprattutto famiglie rom e gruppi di rifugiati e migranti, “senza l’offerta di alternative abitative adeguate da parte delle autorità “.
La “linea dura” dettata dal nuovo esecutivo sugli sgomberi “rischia di fare aumentare nel 2019 il numero di persone e famiglie lasciate senza tetto e senza sistemazioni alternative”.
Nel corso del 2018 è proseguita la fornitura di armi a paesi in guerra come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, esportazioni che violano la legge e il Trattato internazionale sul commercio delle armi” ratificato nel 2014.
A settembre è partita la sperimentazione sulle pistole a impulsi elettrici (Taser) in dotazione alle forze di polizia, per le quali l’organizzazione ha espresso preoccupazione sui rischi per la salute”. Pubblicato in occasione del 70 anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, il documento denuncia che “le autorità  hanno ostacolato e continuano a ostacolare lo sbarco in Italia di centinaia di persone salvate in mare, infliggendo loro ulteriori sofferenze e minando il funzionamento complessivo del sistema di ricerca e salvataggio marittimo”.
Il 2018, in Europa e in Asia centrale, “è stato caratterizzato dall’aumento dell’intolleranza, dell’odio e della discriminazione, in un contesto di progressivo restringimento degli spazi di libertà  per la società  civile”, con “i richiedenti asilo, rifugiati e migranti respinti o abbandonati nello squallore mentre gli atti di solidarietà  sono stati vieppiù criminalizzati”, sottolinea AI. “A guidare questa tendenza sono stati, in un modo o nell’altro, Ungheria, Polonia e Russia mentre nel più ampio contesto regionale in Stati come Bielorussia, Azerbaigian e Tagikistan vi sono stati nuovi giri di vite nei confronti della libertà  d’espressione”, si legge nel documento. “In Turchia – prosegue Amnesty – ha proseguito a espandersi un clima di paura”.
Tuttavia, Amnesty sottolinea che in Europa “l’ottimismo è rimasto invariato e sono cresciuti attivismo e proteste: un coro di persone ordinarie dotate di una passione straordinaria chiede giustizia e uguaglianza”.
Il 2018 è stato, del resto, “un anno di fiere battaglie per i diritti delle donne contro le politiche oppressive e sessiste”, nel quale “attiviste di ogni parte del mondo sono state in prima linea nella battaglia per i diritti umani”, nonostante “l’azione di leader che si definiscono ‘duri’ che promuovono politiche misogine, xenofobe e omofobe ha messo in pericolo libertà  e diritti conquistati tempo addietro”.” Nel 2018 abbiamo visto molti di questi autoproclamati leader mettere a rischio il principio di uguaglianza”, annota Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International.
“Loro pensano che le loro politiche li rendano ‘tosti’ ma si tratta di poco più che tattiche da bulli che cercano di demonizzare e perseguitare comunità  già  marginalizzate e vulnerabili”.
Le Centinaia di manifestazioni e fiaccolate svoltesi oggi in tutta Italia — promosse da un vastissimo arco di associazioni e Ong, tra le quali Oxfam Italia, ActionAid, Amnesty International Italia, Caritas ed Emergency – a sostegno dei diritti delle persone e di una politica inclusiva verso i più deboli tra i deboli, i rifugiati e i migranti, danno conto che anche nel Belpaese un “mondo solidale” esiste e continua a portare avanti una battaglia di civiltà . # Diritti A Testa Alta: molto più di un hashtag. Un impegno che continua a vivere oltre le fiaccolate che hanno illuminato oggi tante piazze italiane.

(da “Huffingtonpost”)

This entry was posted on martedì, Dicembre 11th, 2018 at 00:02 and is filed under Razzismo. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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