I SOVRANISTI PROVANO A INGLOBARE PASOLINI NEL LORO PANTHEON: LA FONDAZIONE AN GLI DEDICA UN CONVEGNO DAL TITOLO “PASOLINI CONSERVATORE”, A CUI PARTECIPERÀ ANCHE IGNAZIO LA RUSSA
PASOLINI FU PIÙ VOLTE AGGREDITO DAI NEOFASCISTI, I GIORNALI D’AREA GLI DAVANO DEL PEDERASTA. “IL BORGHESE” SCRISSE CHE AVEVA “SESSUALITÀ CAPOVOLTA”… “IL FOGLIO” STRONCA L’INIZIATIVA: “UN’OPERAZIONE FIGLIA DELLA SUDDITANZA CULTURALE E DI UN PROVINCIALISMO IMBARAZZANTE”
Il barone Tommaso Staiti di Cuddia, missino, gli tirò addosso quattro chili di finocchi. Pierpaolo Pasolini era a Pavia, per una conferenza. Il barone capeggiava una ventina di ragazzi di destra. Pasolini lo avvicinò: «Ma perché non vieni a discutere con noi?». Chi ha visto la mostra su PPP a palazzo dell’Esposizione, anni fa, sa che i giornali d’area del Msi gli davano del pederasta, uno con una «sessualità capovolta», come scrisse Il Borghese. Venne più volte aggredito dai neofascisti, l’ultima volta — ha rivelato il manifesto lo scorso 1 novembre —
in piazza di Spagna a poche settimane dall’omicidio.
E quindi fa discutere il convegno che la Fondazione di An dedica a Pasolini martedì, alla Biblioteca di Palazzo Madama, dal titolo «Pasolini conservatore». A chiudere i lavori: il presidente del Senato, Ignazio La Russa.
Pasolini nel Pantheon di Fratelli d’Italia? A dare così un abito ideale ai meloniani in cerca di padri nobili, ora che si dicono conservatori? Pasolini era conservatore? «Io lo avrei definito reazionario o tradizionalista, era un nostalgico in alcune sfaccettature», dice la giornalista Annalisa Terranova, ormai volto tv dalla Gruber, che modererà l’incontro. «Ma non vogliamo appropriarcene, è fuori strada», ci tiene a dire.
Pure l’organizzatore, Francesco Giubilei, il direttore scientifico della Fondazione An, giura: «Non vogliamo portarlo a destra». Ma poi concede: «È chiaro che quel titolo è fatto per discutere. Però ci sono relatori bipartisan, come il critico letterario Andrea Di Consoli, o il professor Paolo Armellini della Sapienza, altri, come Alessandro Gnocchi del Giornale o lo scrittore Camillo Langone hanno dedicato studi a Pasolini».
«Ma che c’entra La Russa?», si è chiesto lo scrittore Fulvio Abbate nel suo Teledurruti su Instagram. «Non ha alcun titolo culturale». Per il resto Abbate, autore di Quando c’era Pasolini, non è sdegnato. «Non è un furto. Pasolini è problematico». Eppure Il Foglio ha definito l’operazione figlia della «sudditanza culturale» e «di un provincialismo imbarazzante».
È vero che, come scriveva negli Scritti corsari, «il vero fascismo è la società dei consumi», ma in quelle stesse pagine ci teneva a dire che era comunista. E va detto che a partire dalla fine degli anni Ottanta per la nuova generazione della destra Pasolini non era più un finocchio, ma uno invece con cui fare i conti, e non solo per la poesia di Valle Giulia, ma per la critica all’omologazione culturale.
Ci fu un convegno a Colle Oppio, nel 1989, organizzato da Lodovico Pace, responsabile culturale dalla federazione del Msi, guidato da Teodoro Buontempo, Er Pecora, sulla destra e Pasolini. «E se fosse un reazionario?», si chiese allora Umberto Croppi. Fatto sta che i giovani leoni, da Gianni Alemanno a Fabio Rampelli, cominciarono a coltivarne il mito. Rampelli affisse dei manifesti con le facce di Pasolini, Che Guevara, D’Annunzio e Marinetti. Paolo Desogus, che collabora con il Centro Studi Pasolini di Casarsa, sul manifesto del 18 novembre ha definito l’operazione «rozza e superficiale».
La sinistra l’ha però un po’ abbandonato Pasolini. L’ultimo a coltivarlo è stato Veltroni. E la destra, a caccia di un blasone, prova a metterlo nel suo album, con Prezzolini, Scruton, Montanelli: anche ad Atreju, la loro festa, sarà celebrato.
(da agenzie)
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