IL CAMALEONTISMO NON PUÒ DURARE PER SEMPRE – QUALSIASI STRADA DECIDERÀ DI PERCORRERE GIORGIA MELONI, AL CONSIGLIO EUROPEO, RISCHIA DI TRASFORMARSI IN UN BOOMERANG PER IL SUO GOVERNO
SE BOCCIASSE LA PROPOSTA SULL’UTILIZZO DEGLI ASSET RUSSI CONGELATI, LA DUCETTA SI RIMANGEREBBE IN UN COLPO SOLO TRE ANNI E MEZZO DI SBIANCHETTAMENTO EUROPEISTA FILO PPE, METTENDOSI ALLA TESTA DEL GRUPPETTO DI EURO-PUZZONI FILOPUTINIANI ALLA ORBAN… SE INVECE VOTASSE A FAVORE, RISCHIEREBBE L’INCIDENTE IN PATRIA: SALVINI SI POTREBBE OPPORRE IN PARLAMENTO E SI APRIREBBE LA CRISI
Guadagnare tempo. Alla vigilia del Consiglio europeo, Giorgia Meloni si ritrova di
fronte a un bivio fastidioso: rompere con Bruxelles, o creare fratture in Italia talmente pesanti da danneggiare la stabilità del suo esecutivo.
Bocciare infatti la proposta europea di utilizzare gli asset russi congelati, come minaccia di fare da giorni Palazzo Chigi, significherebbe mettersi alla testa di un gruppo di Paesi dell’area Visegrad, sovranisti e filoputiniani, rinnegando tre anni e mezzo di sostegno a Kiev: una compagnia a un passo dall’insostenibile.
Se scegliesse invece di esprimersi a favore o di astenersi sulla proposta della Commissione, rischierebbe l’incidente in patria: è infatti previsto un voto del Parlamento sul dossier degli asset. E la presidente del Consiglio, in queste ore, teme che Salvini si opponga. Rischiando di aprire una crisi politica dagli esiti imprevedibili.
Guadagnare tempo, dunque: ma come? Un’opzione praticabile, trapela, potrebbe essere quella di immaginare un breve prestito ponte per l’Ucraina. Qualche mese per sopravvivere, in attesa di capire l’evoluzione degli eventi sul campo (e al tavolo della diplomazia).
Ogni trenta giorni, secondo una stima grezza degli italiani, l’Europa dovrebbe destinare quattro miliardi a Kiev. Per Ursula von der Leyen, servirebbe qualcosa di più: 135 miliardi in 24 mesi, dunque circa 5 miliardi e mezzo. L’Italia verrebbe chiamata a pagare una quota dell’11% di questa cifra. Per qualche mese e in attesa di capire soprattutto una cosa: come finirà la trattativa gestita da Trump.
Certo, il segnale inviato dall’Europa a Volodymyr Zelensky non sarebbe dei migliori: soluzione a tempo, striminzita, timida. Ma utile a Meloni per compiacere Washington, evitando anche il bivio stretto che dovrebbe altrimenti affrontare. E comunque
meglio di una mancata decisione.
Le incognite sono numerose, in queste ore. Ad esempio: cosa accade se il Belgio accetta un compromesso? Roma sarebbe costretta a sfilarsi dalla pattuglia composta dai Paesi di Visegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia, l’Ungheria di Viktor Orbán, più la Bulgaria), aprendo in casa un enorme problema politico alle Camere.
L’eventuale utilizzo degli asset russi, infatti, deve ottenere un via libera del Parlamento, che serve ad autorizzare le garanzie che l’Italia deve fornire al Belgio, al pari dei partner. È lo scudo contro eventuali ricorsi legali di Mosca. Anche il prestito ponte andrebbe probabilmente vagliato alle Camere, ma è evidente che sarebbe più digeribile per il Carroccio.
Meloni avvertirà anche che a suo avviso accettare l’utilizzo degli asset di Mosca esporrà l’Europa sui mercati. E di conseguenza l’Italia sul fronte dei conti pubblici: già gravata da un enorme debito nazionale, potrebbe pagare un prezzo pesante nel caso in cui l’euro subisse un danno reputazionale
(da La Repubblica)
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