IL CASO FIDANZA ROVINA LA FOTO DI SPINACETO
SALVINI E MELONI SI ERANO ORGANIZZATI LA PACE IN FAVORE DI TELECAMERE, MA NON AVEVANO FATTO I CONTI CON IL BARONE NERO
E sulla photo-opportunity irrompe il photobombing: non imbarazzante, deflagrante. Ce l’avevano fatta Salvini e Meloni a incontrarsi in favore di telecamere. All’ultimo tuffo, con torsione di agende.
Orologi sincronizzati, nessuno che aspetta nessuna, sfilata tra i flash all’ingresso dell’anfiteatro con le mattonelle ocra che ribattezzano “piazzetta rossa” quell’ex parcheggio di Spinaceto, periferia del quadrante sud della capitale.
E di sfumature di rosso ce n’erano tante, intorno: il sindacato dei pensionati Spi Cgil, il patronato, il circolo culturale Pietro Nenni, sul tetto il maxi graffito del 25 aprile “ora e sempre Resistenza”.
Non una roccaforte del centrodestra, ma la location adatta per il selfie conclusivo della coalizione unita in questa pazza campagna elettorale.
Con Tajani che li benedice dopo la “scomunica” di Berlusconi, con Durigon che sottolinea “Roma batte Milano” dove i due leader si erano solo sfiorati e innervositi.
E poi: Giorgia e Matteo seduti accanto, lui che sussurra e lei che annuisce, lui che manda bacioni alla platea, lei che arringa “abbiamo tutti contro, ma il potere più forte è il popolo”.
Abbraccio finale, con i piedi della leader Fdi che si sollevano da terra, replay del Gigante e la Bambina (anche se Salvini non ha la stazza di Crosetto): “C’è affetto politico, siamo una squadra”.
E invece, sul rush finale delle comunali, dove più che il buonumore poteva l’adrenalina, irrompe la devastante video-inchiesta di Fanpage sulla galassia nera che lambisce (e, forse, finanzia in nero) i candidati FdI a Milano: brindisi a Hitler, svastiche sulla schiena, escort che votano in cambio di campioncini di profumo, offese a neri ed ebrei, patrioti e camerati, un quadro in cui i saluti romani paiono bruscolini. In mezzo c’è Carlo Fidanza, capo-delegazione all’Europarlamento, vicino alla Meloni da un ventennio, che si auto-sospende.
Così a fine conferenza stampa – senza domande – Salvini si dilegua e il codazzo di inviati bracca la Meloni. Lei abbozza una difesa: “Devo vedere il girato, sono cento ore… Noi rigidi sul rispetto delle norme sul finanziamento ai partiti, non accettiamo razzisti tra le nostre file”. E’ frastornata, arrabbiata, la giornata è guastata.
Tra screzi, sondaggi plumbei, aerei in ritardo, interviste da smentire, già le aspettative non erano altissime.
Esserci è un successo, il clima è morettiano: “Spinaceto, pensavo peggio!”. Schierato lo stato maggiore FdI: il capogruppo Lollobrigida, “Lollo” per gli amici, i parlamentari Trancassini e Isabella Rauti, Chiara Colosimo in prima linea nell’organizzazione, candidati e consiglieri municipali.
Durigon, salutato con un “generale!” passa in rassegna le truppe. Annagrazia Calabria, con Gasparri, scorta Tajani: “Sono le ultime ore, impossibile mancare”.
Sono quelli del centro liberale ancorato ai valori cristiani, come ha ri-puntualizzato Berlusconi: nel centrodestra, certo, purché si spostino gli altri due.
Il coordinatore azzurro lo ribadirà: “Silvio è un federatore. In Europa? Nel Ppe”. Passo dopo passo: intanto l’istantanea per i social, dal 18 ottobre si fa politica.
Ed ecco Cesa al tavolo dei leader: “Lo dico ai due ragazzi, il centrodestra è una cosa seria”. C’è Paola Binetti: “Ho portato lo Spirito Santo? Troppa grazia. A Roma servono le licenze per costruire gli ascensori, bisogna sbloccare”
Più giornalisti che pubblico, ma del resto è una conferenza stampa. Meloni si concentra sulle periferie, sui cittadini “carne da macello” contrapposti ai “salotti del centro” (vedi alla voce Calenda), sull’Italia delle piazze che non è quella dei media. Nell’incipit si percepisce il sollievo di Salvini: “Bello chiudere insieme agli amici con cui governeremo”.
Questa è fatta, zac, si può voltare pagina. Se la prende con chi ha la foto di Greta accanto a Padre Pio, con gli immancabili cinghiali, finché arriva Vittorio Sgarbi e la interrompe.
Il leader leghista abbozza: “Adesso finisce in casino, un applauso al prossimo assessore alla Cultura”. E’ buon profeta, perché mentre attacca “il business dell’immigrazione” sulla scia della condanna a 13 anni all’ex sindaco Mimmo Lucano, Sgarbi lo smentisce: “Anche Mori lo avevano condannato a 12 anni. Almeno a Riace i migranti lavoravano”. Tajani sospira: “Ti sei giocato l’assessorato”.
Michetti, accusato di essere sbiadito, si difende in stile Jessica Rabbit: “La stampa disegna un altro soggetto”. Da Michetti-chi a: “Chi è Michetti? Uno che ha gestito miliardi di euro, 1200 procedure complesse con centinaia di sindaci e nessuno ha trovato una virgola fuori posto”. Più criptico il programma: “Faremo in modo che i tronconi ferroviari possano sfioccare. Censiremo prodotti e itinerari”.
Alla parola “immondizia, forse anche perché intuitiva, scoppia l’applauso. In bocca al lupo finale e saluti rapidi. A circondare il piazzale, i camion-vela: nessuno però con la faccia del candidato sindaco.
La verità se la lascia scappare uno dello staff: “E meno male che è finita”. La campagna elettorale, non la mattinata.
(da Huffingtonpost)
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