IL CIMITERO DELLA VERGOGNA DI PALERMO: 870 MORTI IN ATTESA DI SEPOLTURA
ANCHE IL FORNO CREMATORIO E’ FERMO PER UN GUASTO
Il tanfo è insopportabile. Cinque minuti e devi uscire dai grandi tendoni bianchi allestiti al cimitero dei Rotoli, per proteggere centinaia di bare.
Ogni giorno ne arriva qualcuna, ma spazi liberi non ce n’è più da tempo, nel più grande camposanto di Palermo: così 870 salme aspettano una sistemazione, qualcuna attende da marzo 2020.
Molte sono poggiate sull’asfalto. La sporcizia, l’acqua che entra dentro. Neanche i bambini si salvano: ne vediamo due, in piccole bare di compensato. Non ci sono sepolture disponibili, né fra i loculi e nemmeno nella terra. Impossibile anche la cremazione: il forno è fermo per un guasto dal 15 aprile dello scorso anno. Unica alternativa è la cremazione fuori regione, in Calabria.
Rosaria Davì prende aria, come per stare in apnea, prima di entrare nel tendone. È venuta a trovare suo fratello, morto a cinquant’anni in un incidente stradale: “Non si può sopportare tutto ciò. Come si fa a infliggere tutto questo dolore a chi già soffre la perdita di un caro? Accarezzo un attimo la bara e poi esco, non si resiste lì dentro”.
C’è chi pur di non vivere questo strazio è disposto a tutto. Come Alessandra Oriolo che ha perso la mamma di 85 anni, deceduta in ospedale lo scorso 14 aprile: “Abbiamo deciso di acquistare un loculo nel cimitero privato di Sant’Orsola, pagandolo 4mila euro pur di dare una degna sepoltura alla mamma, Maria Concetta. Sarebbe stato un dolore troppo grande, anche per mio padre, vederla in quei magazzini”.
Francesco Velletri, imprenditore funebre da quattro generazioni, vede ogni giorno la disperazione di tanti parenti. “Una famiglia ha preferito custodire il feretro nella camera mortuaria della casa di riposo in cui è spirato il proprio caro – racconta – in attesa di acquistare un loculo nel cimitero di Sant’Orsola”. Piove su Palermo e sui Rotoli, la bara più vicina all’ingresso del tendone si bagna. Un dipendente del cimitero arriva con una famiglia che ha appena perso un caro. Allarga le braccia e li guarda: “Mi vergogno”.
(da La Repubblica)
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