IL FATTORE B IRROMPE SULL’IDILLIO
SALVINI E DI MAIO TESSONO LA TELA DELL’INCIUCIO REAZIONARIO… INCASSATI I VOTI DEI GONZI, ADDIO AL REDDITO DI CITTADINANZA E FLAT TAX
Il “fattore B” irrompe sull’idillio. E rende complicata, nel negoziato sul governo, l’applicazione del metodo seguito da Salvini e Di Maio per l’elezione dei presidenti delle Camere. O meglio, ne complica l’esito.
Parliamoci chiaro: l’idillio è alla luce del sole. Non ci vuole un addetto ai lavori per capire che, se dipendesse dai due runner della Terza Repubblica, l’accordo si farebbe, anche in tempi rapidi. La volontà si sta già manifestando, passo dopo passo, giorno dopo giorno, dichiarazione dopo dichiarazione, in un lavoro di intesa su un possibile programma comune su cui il confronto tra gli sherpa è in fase avanzata. Ed è al centro di contatti ormai costanti.
Il leader della Lega, per la prima volta, si dice disponibile all’introduzione del reddito di cittadinanza e, attraverso i suoi più fidati titolari dei dossier economici, smussa, e non poco, gli angoli sulla misura simbolo della campagna elettorale: “Sulla flat tax — dice Armando Siri – non saremo ideologici”.
Aperture, nient’affatto banali, accompagnate dalla caduta di un’altra condizione irrinunciabile, fino a poco tempo fa, ovvero il suo incarico a formare il governo: “Pronto a fare il premier ma non dirò mai ‘o io o morte'”.
Segnali ricambiati da importanti attestazioni di “fiducia” verso Matteo Salvini da parte di Di Maio prima, Grillo poi.
E, anche in questo caso, da segnali sul programma, con uno speculare ammorbidimento su alcune misure simbolo della campagna penstastellata, a partire dal reddito di cittadinanza, scomparso da giorni dalle dichiarazioni ufficiali, al pari della lista dei ministri presentata, con una certa enfasi prima del voto. E con una sorta di “patto di non belligeranza sul Def”.
Però, parliamoci chiaro, in questo idillio c’è un gigantesco non detto, che si chiama Silvio Berlusconi.
Parlando con gli uomini vicini a Salvini e Di Maio, si capisce che è un non detto tale da far cambiare ancora una volta lo schema. Perchè per il leader della Lega basterebbe, diciamo così, “nasconderlo”, come nella trattativa con i presidenti. Basterebbe che il Cavaliere si affidasse a un volto potabile come coordinatore del partito, che rinunciasse alla sua ingombrante presenza pubblica e al riconoscimento di interlocutore nel lungo e complesso negoziato per il governo.
È chiaro il motivo: Salvini si presenterebbe al negoziato come leader del “centrodestra” nel suo insieme, dunque con una grande forza contrattuale del 37 per cento e non come possibile stampella (del 18 per cento) del leader pentastellato.
Per Di Maio invece Berlusconi dovrebbe mollare, consegnando le chiavi del centrodestra a Salvini, unico interlocutore riconosciuto.
Perchè già questo dialogo con la Lega non è facile per un pezzo dell’opinione pubblica che guarda ai Cinque Stelle. Berlusconi è indigeribile.
Anche se in un governo del genere si camuffasse, indicando personalità poco divisive (magari dei “tecnici” d’area) e rinunciando al ruolo di protagonista in nome di un sano realismo che subordina tutto alla tutela degli interessi aziendali.
Camuffamento in parte già in atto. Dalle parti di Arcore sono stati abbandonati i toni da campagna elettorale sui Cinque Stelle come di un pericolo che avrebbe affamato il paese, anzi addirittura di un pericolo per la democrazia
Resta il problema. Per i Cinque Stelle è impossibile votare la fiducia a un governo assieme allo “psiconano”, simbolo di ogni nefandezza.
Ve li immaginate i titoli sul “Grillusconi?”. Il punto non è se Berlusconi si nasconde o meno. Il punto è se c’è o non c’è. E non è un caso che i Cinque Stelle abbiano già iniziato a sottolineare le divisioni del centrodestra che, come mostra il voto alla Camera “non è affatto compatto”.
Ed è difficile, almeno per ora, che Di Maio possa rinunciare all’incarico, altra cosa che in queste ore trapela dalla war room pentastellata.
Ecco, e allora la questione sta nuovamente cambiando. Lo sa Di Maio, lo sa Salvini, lo sa la Meloni. Nelle prossime settimane all’ordine del giorno non c’è un governo centrodestra-Cinque Stelle, ma un governo Lega-Cinque stelle.
Concretamente, questo è l’unico perimetro possibile di un esecutivo “iper-politico”. Anche perchè, per inciso, Berlusconi può cambiare i toni, farsi concavo e convesso, usare la diplomazia e non la fanteria, ma non ha alcuna intenzione di nascondersi.
(da “Huffingtonpost”)
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