IL LIBERO MERCATO ELETTRICO HA FATTO FLOP: PREZZI CHE NON CALANO E BOLLETTE PAZZE
COSI’ TASSE E PASTICCI FRENANO LA CONCORRENZA
Le liberalizzazioni hanno funzionato per i cellulari e i collegamenti internet.
Dove l’apertura alla concorrenza non ha raggiunto il suo scopo, se non in misura poco incisiva per le tasche delle famiglie, è il mercato dell’energia elettrica.
Dove l’ex monopolista continua ad avere un peso preponderante su tutti gli altri e non c’è mai stata una vera guerra di offerte grazie alle quali un consumatore attento avrebbe potuto trarre benefici e risparmi.
Detto in altri termini: il mercato è stato completamente liberalizzato nel 2003, ma non esiste una vera concorrenza.
In pratica, sia le famiglie che le partite Iva e le Pmi (così come era accaduto in precedenza per la grande e media industria) possono scegliere liberamente con quale gestore sottoscrivere il contratto di fornitura dell’elettricità .
Ma questo non si è tradotto in una diminuzione delle bollette. Le quali rimangono, per buona parte delle famiglie, tra le più alte dell’Unione Europea.
Basta leggere le tabelle pubblicate nella relazione annuale dell’Autorità per l’energia. Soltanto chi consuma meno di 2500 kilowattora all’anno può vantare prezzi medi leggermente inferiori della media Ue.
Per tutte le altre fasce di consumo superiori, gli utenti pagano quasi il doppio della media degli altri stati membri.
Questo vale per le famiglie, partite Iva e piccole imprese per lo più artigianali. Ma non per l’industria.
Quest’ultima può acquistare energia all’ingrosso, mettendo in concorrenza i maggiori fornitori. Oltre a godere di incentivi (pagati in bolletta da tutti gli utenti) destinati ai settori cosiddetti energivori, cioè i grandi consumatori di elettricità .
Ma perchè non ha funzionato la concorrenza? E perchè non sono scese le bollette? Una parte della risposta la si trova nella bolletta stessa, mettendone in fila le varie voci di cui è composta.
Il costo effettivo dell’energia è pari al 43 per cento della somma che esce effettivamente dal portafoglio del consumatore.
Per la parte rimanente, il 13,5 per cento è composto dalle tasse e dall’Iva, il 19,3 per cento va ai servizi per la gestione della rete e il 25 per cento circa per quelli che vengono definiti “oneri generali di sistema”.
Tutte queste cifre significano sostanzialmente due cose.
La prima è che gli operatori possono farsi concorrenza solo su una parte della bolletta, circà la metà relativa al costo dell’energia.
L’altra metà – ed è il secondo elemento – se na va in costi fissi determinati per legge (e regolamentati dall’Autorità ) come sostegno al “sistema”.
Non per nulla vengono definiti “oneri impropri”.
In pratica, paghiamo per altri: il grosso di questi incentivi è destinato alle rinnovabili (84% del totale), per la dismissioni delle centrali nucleari e relative scorie (7,5%), per gli energivori (4,6%), per la promozione dell’efficenza (1,6%), per le tariffe agevolate delle Ferrovie (1,4%).
Il secondo elemento che ostacola la concorrenza è la dipendenza dell’Italia dalle forniture di gas dall’estero, essendo la produzione nazionale sufficiente a soddisfare non più del 10 per cento del fabbisogno.
Fino a due anni fa, i due terzi dell’energia veniva prodotta dalle centrali alimentata a gas.
Ma l’aumento della produzione da rinnovabile e il crollo del prezzo del gas hanno rivoluzionato il mercato, al punto che il governo Monti ha imposto all’Authority di rivedere il prezzo dell’energia per il “mercato tutelato”, adeguandosi ai cambiamenti in atto. Il che ha permesso, nel corso del 2015, di far scendere, in piccola parte, le bollette.
“Mercato tutelato” è l’ultimo elemento che spiega perchè la concorrenza fino a oggi non è mai decollata.
Il termine significa che gli utenti hanno dal 2003 la possibilità di passare al mercato libero scegliendo una offerta migliore (se la trovano) ma non l’obbligo.
Quest’ultimo scatterà solo dal 2018. Per cui solo un utente su quattro ha deciso di fare il “salto”: una base troppo ristretta per una vera concorrenza di prezzo.
I consumatori: “Con il mercato libero spese più alte del 20%”
Da tempo gli operatori fanno pressione per abolire il mercato di tutela, dove il prezzo della componente energia è fissata trimestralmente dalla’Autorità in una sorta di prezzo calmierato. In modo da aumentare la platea degli utenti.
Fino a ora si è opposta proprio la Autorità , che ancora in un recente documento ha dimostrato come i prezzi del mercato tutelato sono mediamente più convenienti del mercato libero.
E come i consumatori non siano ancora pronti ad affrontare un mercato completamente liberalizzato. In sostanza, un circolo vizioso da cui si uscirà soltanto fra due anni.
(da “La Repubblica”)
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