IL RETROSCENA: LA CONSULTA SUL PORCELLUM SI E’ DIVISA 9 A 6
SCELTA LA VIA MENO POLITICA, LA MINORANZA VOLEVA FAR RIVIVERE IL MATTARELLUM
Via il premio di maggioranza, e che si possa scegliere almeno un parlamentare. L’Italia torna al proporzionale puro, un sistema elettorale perfetto per un paese come la Germania, ma che da noi -sino a che non si è introdotto il Mattarellum- ha fatto proliferare i partitini, che infatti già esultano, «un raggio di sole, finalmente, nel gelo di democrazia» s’allarga il cuore di Vendola .
Questo è quanto potrà accadere se si andasse a elezioni nel momento in cui la Corte renderà note le motivazioni della sua sentenza, e il Parlamento non avesse nel frattempo proceduto -come la Corte pure raccomanda- a «approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche».
Un risultato a sorpresa, rispetto a quel che del dibattito sulla «incostituzionalità della legge elettorale», cioè del porcellum, era filtrato nei giorni scorsi.
Anzitutto, si narrava, per «cortesia istituzionale» forse la Corte avrebbe rimandato il verdetto, limitandosi ad ammettere il ricorso, e dando al Parlamento qualche mese per intervenire.
Una linea che nel conclave si è confrontata con quella -sino a martedì prevalente- della possibile reviviscenza del Mattarellum. E sarebbe stata proprio questa linea -rappresentata secondo alcune fonti all’interno della Consulta dal presidente Silvestri, e da due giuristi del calibro di Sabino Cassese e Giuliano Amato, dallo stesso Sergio Mattarella e da due soli magistrati- a sollevare e a compattare il fronte molto più ampio dei magistrati, e del relatore Tesauro, che ha sostenuto compatto che non si poteva fare una scelta così «politica».
Il segno di questo confronto sarebbe nell’ultima riga del comunicato, nel quale si rileva quel che è pleonastico: il Parlamento, se crede, può provvedere a scrivere una diversa legge elettorale secondo «le proprie scelte politiche».
Come dire: qui alla Consulta non si fa politica.
«Evitiamo le forzature», sarebbe stato l’argomento che ha fatto pendere poi l’ago della bilancia in favore -9 a 6- della cancellazione del porcellum e stop.
Un argomento, dicono le stesse fonti, che si ritroverà scritto nelle motivazioni della sentenza, che saranno pubbliche tra qualche settimana.
Mentre, raccontano le stesse fonti, l’idea del prender tempo regalandone dell’altro alla politica sarebbe stato sbaragliato con l’argomento che la Corte non può «decidere di non decidere» come aveva icasticamente espresso nella sua rituale gag del martedì Maurizio Crozza, che ha fan ovunque e dunque anche alla Consulta.
Naturalmente, ogni sentenza della Corte ha una valenza politica, l’avrebbe avuta anche la scelta del rinvio. e bastava scorrere le reazioni di ieri per rendersene conto.
I «cespugli» di destra o di sinistra esultano, da Alfano a Vendola; i grandi partiti reagiscono come sotto schiaffo.
Attonito, racconta chi gli ha parlato a caldo, anzitutto Matteo Renzi: e lo si può capire perchè, dal suo punto di vista e non solo, è l’apoteosi delle larghe intese, come dire che così il governo Letta trova ulteriore legittimazione.
Perchè la sentenza di ieri della Corte Costituzionale non solo di fatto afferma che son stati illegittimi gli ultimi tre parlamenti italiani -e i governi che da quelle assemblee sono nati- ma riporta l’Italia a quanto c’era nel ’93, prima del referendum sul maggioritario di Mario Segni.
Un vero e proprio terremoto, il salto di un’epoca. Se il Parlamento non intervenisse, sarebbe certa l’uscita dal bipolarismo, mentre si è visto di quale stabilità possono godere in Italia i governi di «larghe intese», esposti ai ricatti delle forze più piccole.
Antonella Rampino
(da “La Stampa“)
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